Riportiamo uno stralcio di un articolo pubblicato dal magazine Vita che riporta il pensiero di Carlo Borzaga (presidente di Euricse e Iris Network) in merito alla riforma del credito cooperativo. (Scopri di più su:
http://irisnetwork.it/2016/02/riforma-bcc-borzaga/)
Carlo Borzaga: «I 4 problemi della riforma del credito cooperativo e una soluzione». Il presidente di Euricse ha analizzato quella che poteva essere uno strumento « rendere più forte l’intero sistema del credito cooperativo italiano», ma su cui « il Governo non è riuscito a trovare un punto di equilibrio».
Quella del credito cooperativo approvata dal Governo il 10 febbraio poteva essere una buona riforma, ampiamente condivisa e in grado di rendere più forte l’intero sistema del credito cooperativo italiano senza togliere troppa autonomia alle singole banche. Purtroppo però il Governo non è riuscito a trovare un punto di equilibrio convincente tra due diverse necessità: rendere il sistema più forte e coeso senza ledere eccessivamente la libertà di impresa costringendo tutte le banche a far parte di un unico gruppo.
Questo equilibrio poteva essere garantito in diversi modi: imponendo una soglia minima di capitale per la costituzione di un gruppo non eccessivamente elevata (intorno ai 600 milioni di euro), oppure consentendo alle banche di credito cooperativo con un patrimonio medio-alto e sufficientemente solide di non aderire a nessun gruppo e continuare a operare in autonomia. Lasciando poi alla responsabilità delle stesse Bcc la scelta tra le diverse opzioni.
Il Governo invece ha scelto una soluzione complicata e molto discutibile che sta scontentando praticamente tutti, con la sola eccezione delle poche banche che non erano fin dall’inizio d’accordo con il progetto di riforma e dei loro consulenti. Infatti, consentendo alle banche di credito cooperativo con oltre duecento milioni di patrimonio (chissà poi perché 200 milioni!) di cedere l’attività bancaria ad una spa (del cui patrimonio manterrebbero il controllo), oppure di fondersi con altra banca in forma di spa o popolare o addirittura di trasformarsi semplicemente in una Spa – sul punto il testo del decreto non è del tutto chiaro – con la sola penalizzazione di versare al fisco il 20% del valore delle riserve, il Governo è riuscito ad andare contemporaneamente incontro a quattro ordini di problemi.