Qual è il mercato del lavoro per il fundraiser? Quali sono le sfide future per la professione? Di questo si è parlato all’Assifday, incontro di approfondimento, aggiornamento e confronto tra professionisti dell’Associazione Italiana Fundraiser che si è tenuto lo scorso 29 gennaio a Roma. (Scopri di più su:
http://blog.retedeldono.it/it/fundraiser-al-lavoro-per-diffondere-la-cultura-del-dono)
Luca Di Francesco
Per sapere come è andata abbiamo intervistato
Luciano Zanin, presidente Assif, fundraiser, consulente e formatore.
Ciao Luciano e grazie per l’intervista. Una prima battuta al volo: come è andato questo Assifday focalizzato sul lavoro del fundraiser?
Ciao a tutti e grazie a voi per l’ospitalità. Sono molto contento di questo incontro annuale che ha visto la partecipazione di oltre 80 persone tra cui molti giovani e facce nuove. Una presenza per nulla scontata.
Hanno partecipato come relatori molti professionisti del settore e siamo riusciti a fornire contenuti sia informativi che tecnici sulla professione ed il lavoro di fundraiser. Durante la giornata sono emerse anche proposte concrete per la valorizzazione ed il riconoscimento contrattuale della figura del fundraiser.
Come è cambiato negli anni il lavoro del fundraiser? Quali le prospettive future?
Il fundraiser è una figura professionale numericamente in crescita così come lo è il mercato del lavoro nel Terzo settore. Non ne esiste però una definizione univoca perché ci sono diversi tipi di fundraiser. 5 anni fa cambiammo lo statuto di iscrizione ad Assif in modo da includere l’accesso ai professionisti che si occupano di comunicazione o servizi collaterali al fundraising. Per noi chi si occupa di direct o di database è un fundraiser anche se non sollecita la donazione.
In questo momento sono le piccole/medie organizzazioni a richiedere maggiormente questa professionalità. Le piccole realtà assumono di più rispetto alle grandi organizzazioni ma spesso cercano un fundraiser che abbia competenze trasversali, magari meno specialistiche ma finalizzate a servizi più generali e relazionali.
In questo panorama abbiamo notato anche in Assif un cambio di associati: sono più giovani ed in cerca di networking con i colleghi. Il nostro è un mondo che cresce ed aumenta la sua complessità, ma crescono anche le opportunità.
Il mondo digitale sta influenzando oramai tutti i settori lavorativi. In che modo ha contagiato l’attività del fundraiser?
I nuovi fundraiser hanno una forte propensione ad usare il digitale. C’è però da notare che avendo la professione un forte sviluppo nelle piccole/medie organizzazioni, è necessario mantenere calde le relazioni “tradizionali” con grandi donatori e personal fundraiser, che a livello di contribuzione fanno la differenza.
Poi se parliamo della comunicazione, il digitale è oramai fondamentale.
Durante l’evento si è svolta una sessione interattiva dal titolo «Secondo te, quale è il vero ruolo del fundraiser?». Cosa ne è uscito?
La sessione interattiva è stata molto interessante. Abbiamo proposto 9 domande tramite questionario online (via
https://getkahoot.com/) per capire la percezione che i fundraiser hanno di sé stessi. Risultato? I partecipanti si sono riconosciuti più di tutto nel fundraiser di prossimità: un professionista orientato al cultural-antropologico piuttosto che al project management. Il trend infatti è quello.
La crescita della cultura del dono in Italia è un obiettivo che ci siamo prefissati per il prossimo futuro. Cosa ne pensano i fundraiser e come possiamo creare una massa critica per la sua diffusione?
La diffusione della cultura del dono è un argomento molto sentito dalla categoria ed abbiamo trattato il tema anche durante il convegno.
I fundraiser in Italia possono e devono accettare questa sfida per fare in modo che cresca la propensione delle persone a donare. È importante che tutti lavorino in questa direzione perché l’obiettivo è quello di far crescere il “mercato” della donazione. La sensibilizzazione deve anche avvenire all’interno delle organizzazioni non profit, verso i quadri dirigenti, ed anche questa è un’operazione impegnativa. Il fundraiser oltre a raccogliere fondi deve nutrire e alimentare la cultura del dono. Questo è oramai un ruolo intrinseco alla sua funzione.
Come si crea un’alleanza tra associazioni per la diffusione della cultura del dono?
La base di partenza è la creazione di maggiore fiducia tra le organizzazioni. Come in tutte le cose bisogna conoscersi, parlarsi e fidarsi, ma soprattutto condividere le proprie esperienze lavorative.
Sarebbe utile intervenire anche a livello di programmi formativi: nei percorsi di fundraising ad esempio andrebbero introdotte materie che stimolino la costruzione di relazioni fiduciarie (antropologia, psicologia, team working). Dovremmo insegnare non solo le tecniche per raccogliere fondi ma come tenere insieme e motivate le persone sul lavoro. I nuovi fundraiser sarebbero forse più disposti a lasciarsi contaminare dagli altri settori. Oggi abbiamo maggiore consapevolezza della professione ed un’identità più forte. Tutto ciò facilita e stimola il confronto con gli altri mondi, soprattutto quelli in cui risiedono le risorse economiche.
La strada da fare è ancora lunga ma sono certo che stiamo procedendo nella giusta direzione. Ringrazio tutti coloro che hanno partecipato al convegno e dopo questa giornata di intenso scambio mi ritrovo ancora una volta a pensare che il nostro sia uno dei lavori più belli del mondo e sono davvero orgoglioso di far parte di questa comunità.
Grazie Luciano e a presto!