"Il futuro da costruire" è stato il tema della tavola rotonda conclusiva del
terzo convegno Tfiey dal titolo "Sistemi integrati e multilinguismo nei servizi per la prima infanzia", svoltosi mercoledì a Roma. (Scopri di più su:
https://www.fondazionezancan.it/news/view/848)
Ad aprire la tavola rotonda, coordinata dal direttore di Repubblica Mario Calabresi, è stata la senatrice Francesca Puglisi, che ha incentrato il proprio intervento sulla riforma La Buona scuola: "Il grande obiettivo di questa legge è di garantire a tutti i bambini le stesse opportunità di apprendimento. Oggi, come sappiamo, nel segmento 0-3 abbiamo grandi differenze che attraversano il Paese: al centro nord si combatte per raggiungere il 30% di bambini al nido previsto dall'Europa, al Sud nonostante i finanziamenti che arrivano dall'Ue ma anche dal Piano di azione e coesione, continuiamo a essere fanalino di coda in Europa. Questo ha effetti immediati sui livelli di apprendimento dei bambini, sul tasso di dispersione scolastica e occupazione femminile".
"La povertà di questo paese - ha aggiunto - nasce anche dall'assenza di servizi educativi 0-3. Per questo combattere la povertà significa soprattutto garantire una rete di servizi educativi e scolastici adeguata e di qualità. Qualità significa: qualificazione del personale, coordinamento pedagogico e formazione continua. Non possiamo lasciare da solo gli educatori e gli insegnanti ad affrontare i profondi cambiamenti che le famiglie stanno vivendo in questo Paese. per questo la legge avrà le risorse adeguate di cui necessita".
Piero Gastaldo, segretario generale della Compagnia di San Paolo, ha sottolineato l'assoluta priorità di investire sull'infanzia: "Non può essere un tema tra tanti nell'agenda politica - ha evidenziato -, soprattutto in un paese come il nostro che ha un tasso di natalità miserevole, un welfare centrato sulla fase di vita adulta/anziana e conseguenti tassi di povertà giovanili più ampi rispetto ad altri paesi europei". Il ruolo delle Fondazioni in questo senso, è centrale: "Abbiamo ampi gradi di autonomia, la possibilità di innovare e possiamo essere duttili, flessibili e strategici. All'interno del progetto TFIEY, abbiamo creato una comunità che ci consente di confrontarci e sperimentare. La forza di questo progetto è che ci consente di creare processi condivisi di apprendimento, guardando a quello che succede in Europa, rapportandoci con realtà che hanno grandissima esperienza nell'ambito dell'infanzia, ma anche all'interno dei nostri stessi confini". Ma il confronto e l'apprendimento da soli non bastano: "La sfida è di riuscire a sostenere processi di innovazione ed è quello che stiamo facendo sostenendo le esperienze più significative su scala locale, regionale e nazionale".
Cosa vuol dire innovare in un'area come il Sud d'Italia e in particolare in Calabria, che sconta una grave assenza di servizi? Don Giacomo Panizza: "In uno stato unitario non c'è uguaglianza su questo aspetto. Non è perché manchino fondi - la Calabria è una delle regioni che percepisce più fondi Ue -, ma perché quando quei soldi vengono stanziati non c'è nessuno a chiederli e a poterlo gestire in modo ordinario. Per la Calabria oggi innovare significa arrivare a ottenere un minimo di servizi".
"Ho il polso delle famiglie della mia comunità e conosco bene le condizioni di vita difficili, la povertà, l'abbandono scolastico... - ha aggiunto -. A Lamezia Terme c'è ancora oggi una cronica assenza di servizi sociali e lo stesso vale per la sanità... c'è davvero da intervenire. In 40 anni di
attività in Calabria con il mondo del disagio ho capito che
la cultura è la strada del dialogo. Noi quotidianamente viviamo la fatica di sperimentare dei servizi, cerchiamo di fare il possibile, anche se non sono grandi cose".
Mihaela Ionescu, program director di ISSA International e dell'associazione Step by step nei Paesi Bassi ha precisato: "Non è la prima volta che combattiamo con la povertà, non è questa la vera novità di questo tempo. Il multiculturalismo è la vera novità per noi: ha portato all'aumento delle disuguaglianze, non solo etniche, ma individuali. Questo è un tema centrale in Ue e investe direttamente i bambini e le famiglie".
"La sfida è di coinvolgere - ha aggiunto -, innovare oggi significa varcare i confini: delle strutture, degli approcci, andare oltre i sistemi e i servizi radicati nel passato che non sono più funzionali. In questo percorso, il ruolo dei genitori deve essere cruciale: sono loro i principali partner nei servizi all'infanzia e sono loro ad avere l'impatto maggiore sulla vita dei bambini. E' per questo che non possiamo non coinvolgere i genitori e i bambini stessi, che sono portatori di soluzioni. Sono i bambini a influenzare la forma dei servizi".
Fondamentale è anche poter disporre di professionisti formati: "Oggi le università non seguono questa linea, non c'è formazione in questo senso - ha concluso -. Per questo è necessario che i risultati delle ricerche siano condivisi il più possibile ed è questo che TFIEY fa".