Da gennaio c’è un modello alternativo a Srl e Spa: l’Italia apripista in Europa con una nuova forma giuridica sul modello BCorp. (Scopri di più su: http://www.wired.it/economia/business/2016/01/19/societa-benefit/?utm_content=bufferb7ca5&utm_medium=social&utm_source=facebook.com&utm_campaign=buffer)

Con l’approvazione della Legge di Stabilità l’Italia riconosce la forma giuridica della Società Benefit: in parole povere questo significa che insieme all’impegno di distribuire dividendi agli azionisti un founder può aggiungere fra gli obiettivi sociali legalmente protetti la vocazione ad avere un impatto positivo sulla società. Questa decisione, considerata fino ad oggi dai notai una velleità non applicabile a documenti ufficiali, come un atto costitutivo, è oggi un diritto grazie a una norma approvata con la Legge di Stabilità e disegnata sul modello Benefit Corporation americano, quello utilizzato da big digitali come Kickstarter, Etsy e Hootsuite. A interpretarlo per la realtà italiana ed europea è stato una squadra di imprenditori, avvocati, politici e tecnici legislativi che mirano a fare scuola in Europa.

Ma che esigenza c’è di una nuova forma giuridica? All’origine della nascita delle Benefit Corporation americane e della volontà di importarle nel nostro sistema normativo c’è il desiderio di alcune startup di non tradire il movente originale della decisione di fare impresa: sentirsi parte sana di un sistema complesso mantenendo la propria indipendenza economica.

Il desiderio di alcuni founder di proteggere la propria mission di fronte a esigenze puramente finanziarie degli azionisti ha fatto nascere in America il sistema delle B Corp. Prima la nonprofit B Lab ha creato dal 2006, il protocollo B Corp, un rigoroso sistema di misurazione degli impatti ambientali, sociali ed economici delle aziende. Poi, dal 2010, B Lab ha introdotto la forma giuridica di Benefit Corporation. Il modello consente alle imprese di inserire nell’oggetto sociale l’impatto positivo sul pianeta e le persone, a patto di impegnarsi a misurare una serie di indicatori sociali e ambientali, renderli pubblici e incaricare una persona responsabile.

Fatta la legge ora è tempo di studiare i dettagli operativi per consentire ai professionisti di applicarla nel nostro sistema burocratico. Intanto la formula italiana si propone come modello europeo: “Olanda, Francia, Spagna e Svizzera ci hanno chiesto di capire meglio lo strumento normativo realizzato per l’Italia per poterlo imitare”, spiega Paolo Di Cesare, co-fondatore di Nativa, prima B Corp in Italia, partner di B Lab e promotrice del disegno di legge. “Hanno mostrato interesse anche Argentina Cile e Canada. In Italia stiamo ricevendo richieste da aziende sensibili all’argomento e che speriamo possano unirsi a chi ha già lavorato duramente in questi anni per raggiungere gli standard delle B Corp. Miriamo entro la fine di quest’anno a fare emergere, per celebrare la ‘B Corp founding Class Italiana’ in un grande evento, che abbiamo denominato 99B”.

B Corp e Società Benefit sono due lati della stessa medaglia, infatti sono state ideate dalla stessa organizzazione, B Lab. Le B Corp misurano rigorosamente la performance di impatto, mentre la Società Benefit ‘allinea e protegge’ la Mission nel lungo termine. In sintesi le B Corp, pur avendo parametri molto stringenti in termini di indicatori di impatto, non hanno ancora ufficializzato nel loro statuto il legame fra quegli indicatori e l’obiettivo sociale dell’azienda. “Le B Corp misurano rigorosamente la loro performance, che deve superare ben precisi standard, in termini di impatto complessivo ambientale, sociale ed economico. Per essere riconosciuti come B Corp si deve completare il protocollo di analisi B Impact Assessment e ottenere un punteggio che non può scendere sotto 80 punti su una scala 0-200. – precisa Eric Ezechieli di Nativa – Usando una metafora, la comunità delle B Corp si può paragonare a quel 7% di maratoneti che non solo concludono una maratona di 42,195 km, ma lo fanno in meno di tre ore: oltre il risultato, l’eccellenza”.

Sebbene ora che esiste la legge chi voglia mantenere lo status di B Corp debba entro due anni diventare Società Benefit, si può ora diventare Società Benefit inserendo nell’oggetto sociale un obbligo sociale/ambientale e blindare attraverso la legge la ragione d’essere dell’impresa; significa in sostanza obbligare chi la gestirà anche in futuro (manager o nuovi azionisti) a perseguire obiettivi di lungo termine, sia per l’impatto su persone e ambiente sia, di conseguenza, su quelli economici. Resta fermo l’obbligo per le SB di misurare e riportare le loro performance, usando ad esempio il protocollo B Impact Assessment.

Un modello del genere, se utilizzato per plasmare il dna delle startup legate ad esempio alla sharing economy, potrebbe essere anche lo strumento per evitare che le piattaforme collaborative vengano contaminate da obiettivi legati a logiche finanziarie speculative, che potrebbero inquinare l’idea solidale alla base delle piattaforme di condivisione.

Fra le ultime iniziative c’è la piattaforma di Job Sharing Croqqer, una startup già operativa e certificata B Corp in Olanda che sta affrontando lo stesso percorso in Italia, anche se dovrà aspettare almeno 6 mesi per poter essere misurabile negli impatti e quindi certificata. Il marketplace consente lo scambio di servizi di vario tipo a fronte di un pagamento, di uno scambio o anche gratuiti su base volontaria e prevede a livello locale un team di Community Manager per facilitare le operazioni. Sulle perplessità che si stanno sollevando sul tema del lavoro on demand risponde Paolo di Cesare: “Sono legittimi i dubbi sulla sostenibilità in termini sociali dell’economia on demand, tuttavia ci troviamo di fronte a una società che cambia. Come sottolineato da Accenture e Goldman Sachs, la generazione dei Millennials desidera uno stile di vita in cui lavoro, passioni e tempo libero trovino un nuovo equilibrio, ridefinendoli non solo come lavoratori ma anche come consumatori. Se possibilità e desiderio di spesa si riducono occorre trovare modelli che consentano di riequilibrare situazioni che l’economia tradizionale non è in grado di gestire“.

“The B Corp Handbook” è un manuale che descrive, anche con decine di testimonianze, motivazione, vantaggi e percorso per diventare B Corp. Tra i vari indici da rispettare che garantiscono di tenere lontani gli speculatori c’è ad esempio la forbice fra vertici e dipendenti, un gap che non può superare il rapporto 10 a 1, mentre nel rapporto di qualche anno fa di Fortune 50 un amministratore delegato poteva ricevere una remunerazione superiore di 379 volte a quella di un dipendente.

Ad oggi le B Corp italiane sono 11 e l’obiettivo di queste è di muoversi all’unisono nel convertirsi da Srl e Spa in Società Benefit. L’ultima ad aver ottenuto la certificazione, ottenendo il punteggio record per l’Italia di 132, è Cometech, una società che si occupa di cardioprotezione. Intanto anche qualche incubatore, per esempio Impact Hub Roma, sta valutando di diventare B Corp, analogamente a Impact Hub San Francisco. Il movimento italiano è animato da aziende del settore aerospaziale come D-Orbit e da piccole software house come Mondora. “Il vantaggio di diventare una B Corporation – spiega Francesco Mondora – è che adesso il nostro modo particolare di lavorare è finalmente certificato ed accettato. Possiamo presentarci ai nostri clienti mostrando con più chiarezza i nostri obiettivi e valori, e possiamo invitarli a seguire il nostro esempio. Mondora diventerà sicuramente una Società Benefit perchè crediamo che questo nuovo tipo di azienda rappresenta il futuro e la direzione in cui dovrebbero andare tutte le aziende”.

Intanto anche multinazionali come Danone e Unilever si stanno cimentando con il modello B Corp. Nel futuro intendono dedicare crescente attenzione a tutti gli stakeholder invece di essere vincolate a proteggere prevalentemente gli interessi degli shareholder.

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