All’apertura del World Economic Forum, l’Organizzazione lancia il nuovo rapporto “Povertà minorile nel mondo”. Nella sola Unione Europea il 27% dei bambini a rischio povertà ed esclusione sociale.
Sono 570 milioni i bambini che vivono in condizioni di estrema povertà
nel mondo e 750 milioni sono vittime di deprivazioni di vario tipo. Più
di 950 milioni i minori che rischiano invece di cadere in povertà. La
povertà minorile è un fenomeno che non è limitato ai soli paesi a basso
reddito: circa il 73% delle persone povere nel mondo vivono infatti in
paesi a medio reddito e anche tra i paesi più ricchi le deprivazioni, in
particolare sui minori, sono estremamente presenti per molti di loro.
Sono 30 milioni i minori che vivono in condizioni di povertà relativa
nei paesi OCSE e nella sola Unione Europea il 27% dei bambini sono a
rischio di povertà ed esclusione sociale. Questa la drammatica
fotografia scattata da Save the Children nel giorno dell’apertura del
World Economic Forum di Davos, raccontata nel nuovo rapporto “Povertà
minorile nel mondo”, che analizza gli aspetti multidimensionali della
povertà per i bambini.
“La povertà tra i minori è uno dei fenomeni centrali del nostro tempo
ed è molto più pervasiva di quanto si creda. Rischia di creare gravi
danni al futuro di centinaia di milioni di bambini e della nostra intera
società”, afferma Valerio Neri, Direttore Generale di Save the
Children, l’Organizzazione internazionale dedicata dal 1919 a salvare i
bambini in pericolo e tutelarne i diritti. “Bisogna andare oltre i
parametri esclusivamente monetari della povertà minorile e combattere
tutte le forme di esclusione sociale. La comunità internazionale ha
preso una responsabilità importante sottoscrivendo gli Obiettivi di
Sviluppo Sostenibile, ma ora è necessario un impegno a tutti i livelli
da parte dei Governi a sottoscrivere politiche di sviluppo che abbiano
la lotta alla povertà minorile come priorità d’azione”.
Nel rapporto di Save the Children emerge fortemente come la povertà
minorile vada di pari passo con l’esclusione sociale ed economica e sia
spesso rafforzata dalle disuguaglianze politiche ed istituzionali che si
vivono in alcuni paesi. Nei casi di gruppi minoritari o svantaggiati,
come alcune caste e tribù, o di bambini con disabilità e dei migranti,
le condizioni di povertà sono ulteriormente aggravate dallo stigma e
dalla discriminazione, che finiscono per rafforzare la loro esclusione
dalla società.
Le differenti dimensioni della povertà minorile.
Nonostante la “misura della povertà assoluta” sia spesso espressa con
parametri monetari collegati al capofamiglia (1,25$ al giorno[1]),
per i bambini questo approccio rischia di non essere completo, poiché
dà per scontato che le risorse siano equamente distribuite all’interno
della famiglia e non tiene conto delle tante implicazioni che la
deprivazione può avere per un minore. Alcune forme di deprivazione
possono avere conseguenze molto più gravi sui minori, soprattutto se
vissute nella prima infanzia: si stima ad esempio che un bambino che
abbia vissuto significative e croniche carenze nutrizionali nei primi
tre anni di vita, abbia maggiori rischi di ammalarsi, possa crescere
almeno 3 centimetri meno di un suo coetaneo, avere maggiori problemi a
completare la scuola primaria e in alcuni casi, da adulto, possa
guadagnare dal 3 all’8% in meno all’anno rispetto alla media. Giovani
donne con scarsi livelli nutrizionali sono inoltre più propense a vedere
crescere i propri figli malnutriti.
I bambini “invisibili”, i minori migranti e la povertà. I
bambini più poveri e vulnerabili sono spesso quelli che sfuggono alle
statistiche, perché non c’è nessun adulto che si prende cura di loro,
quelli senza casa, quelli che vivono in gruppi fortemente stigmatizzati o
i minori migranti. Le statistiche sulla povertà minorile, legandosi ai
parametri monetari dei capofamiglia, non tengono infatti conto di tutti i
minori soli non accompagnati, che sono invece i bambini che soffrono le
forme più gravi di povertà. Si stima pertanto che i dati statistici
sulla povertà minorile attualmente disponibili siano sottostimati di
oltre il 25%.
Paesi a basso e medio reddito e povertà minorile. Il
30% delle persone in povertà vive nei paesi a basso reddito, spesso in
conflitto, caratterizzati da insicurezza e vulnerabilità e guidati da
governi che a volte sono fragili. La povertà è molto forte soprattutto
nelle aree urbane, dove è fortissimo il rischio di sfruttamento,
esclusione e difficoltà di accesso all’educazione. Ma la povertà non è
un fenomeno limitato ai paesi più poveri o in guerra: circa il 73% delle
persone povere - di cui gran parte sono minori - nel mondo vivono nei
paesi a medio reddito ed è proprio in questi paesi che la povertà
minorile si trasforma più fortemente in esclusione sociale e
discriminazione. In particolare in quei paesi dove lo sviluppo è stato
determinato da un’economia basata sul petrolio o sull’estrazione dei
minerali, sono particolarmente alte le disparità sociali e le
disuguaglianze: il velocissimo sviluppo economico ha infatti portato con
sé sia opportunità che rischi per tutta la popolazione, accentuando le
disparità soprattutto per i più piccoli. Uno su tutti il caso
dell’India, dove il sistema di caste ha aumentato le disuguaglianze:
circa il 25% della popolazione indiana appartiene alle caste più basse e
la metà dei bambini poveri ne fa parte, con conseguenze sia sulla
salute (i tassi di mortalità infantile raggiungono tra l’88,2 e il 95,7%
nelle caste e nelle tribù più marginalizzate, a fronte del 74% del dato
nazionale), che sull’accesso all’istruzione e ai sistemi di protezione.
“Nei paesi a basso e medio reddito, Save the Children sta lavorando per
interrompere la trasmissione della povertà alle generazioni future e
mette i bambini e i giovani al centro delle azioni per combattere il
fenomeno, perché rafforzare i redditi bassi e precari significa
permettere loro di sopravvivere, di andare a scuola e di crescere in un
luogo sicuro”, continua Valerio Neri.
La povertà minorile dei paesi ad alto reddito. Sono 30
milioni i minori che vivono in condizioni di povertà relativa nei paesi
OCSE, un fenomeno che è spesso conseguenza della natura del mercato del
lavoro e della sicurezza sociale, che rende precarie le risorse
finanziarie delle famiglie. Una delle principali forme di esclusione
sociale e di discriminazione è l’accesso a un’educazione di qualità, che
comprende anche la possibilità di usufruire di servizi come la mensa
scolastica, il trasporto, le gite scolastiche o l’uniforme, non sempre
alla portata di tutte le famiglie. Attualmente il 27% dei bambini
nell’UE è a rischio povertà ed esclusione sociale, un dato che dal 2008
al 2012 è cresciuto di 1 milione nei paesi dell’Unione Europea, più
Svizzera, Norvegia e Islanda. Si tratta nella maggior parte dei casi di
bambini che provengono da nuclei monoparentali, hanno genitori stranieri
o si trovano in famiglie in cui i genitori hanno forti difficoltà
occupazionali.
La discriminazione e l’esclusione sociale passa dall’istruzione anche
negli USA, dove la maggior parte dei minori svantaggiati proviene
infatti da determinati gruppi etnici, razze o aree geografiche e ha
difficoltà ad integrarsi all’interno dello stesso percorso scolastico
degli altri bambini. La povertà minorile coinvolge fortemente la
comunità afroamericana e quella ispanica e per molti di loro la scuola
si trasforma in un luogo di isolamento razziale in cui si trovano i più
poveri: quasi il 40% di loro frequentano infatti istituti in cui più del
90% degli alunni non sono bianchi.
La povertà minorile in Italia. Insieme a Grecia e
Spagna, l’Italia è il Paese che ha più fortemente sofferto la crisi
economica e sono più di un milione i bambini che vivono in condizioni di
estrema povertà, mentre il 34% sono a rischio povertà ed esclusione
sociale. La disoccupazione e la sotto occupazione degli adulti, accanto
al deterioramento dei servizi sociali offerti alle famiglie, è una delle
criticità che ha peggiorato le condizioni di vita dei bambini in
Italia. La deprivazione materiale e il crollo degli standard di vita
hanno interessato i consumi, la nutrizione, la salute e l’ambiente in
cui i bambini si trovano a vivere: stando ai dati, il numero di bambini
che ha provato l’esperienza della povertà alimentare sembrerebbe
raddoppiato dall’inizio della crisi economica. “Una conseguenza della
povertà minorile è poi quella dell’aumento della povertà educativa: i
minori hanno sempre meno possibilità di partecipare a tutte quelle
attività extrascolastiche a pagamento che sono necessarie per la loro
formazione. A questa mancanza si aggiunge la difficoltà dei bambini e
delle famiglie ad accedere a servizi come il tempo pieno scolastico, la
mensa gratuita, l’acquisto di libri e materiale scolastico, che spesso
mettono in difficoltà le famiglie e i bambini”, spiega Raffaela Milano,
Direttore dei Programmi Italia – Europa di Save the Children. “Questa
mancanza di crescita nel percorso educativo dei bambini, rischia di
farli entrare in un circolo vizioso che difficilmente li farà uscire
dalla condizione di povertà in cui si trovano, incidendo in maniera
significativa sul loro futuro e su quello delle generazioni successive.
La Legge di Stabilità approvata lo scorso dicembre ha previsto per la
prima volta un fondo di contrasto alla povertà educativa e ci auguriamo
che divenga quanto prima operativo e che sia il primo passo per
l’attivazione di un piano organico di contrasto alla povertà minorile in
Italia”.
Foto generiche di bambini in condizione di povertà nel mondo sono disponibili al link: http://media.savethechildren.it/?c=702&k=a549beee1d