Mentre le siccità sono periodici fenomeni naturali, nel mondo attuale le carestie sono esclusivamente causate dall’uomo. Quando tra il 1983 e il 1985 più di 400.000 persone morirono di fame nel nord dell’Etiopia - incidentalmente portando per la prima volta il mondo occidentale a cantare “we are the world” e ad esprimere uno straordinario livello di solidarietà - gli alti tassi di mortalità erano dovuti soprattutto alle politiche governative e all’utilizzo del cibo come arma politica e di guerra. Quando nel 1992, 300.000 somali perirono in condizioni terribili, fu perché oltre al clima particolarmente arido nel paese impazzava una guerra tra clan, e i grandi numeri di sfollati spesso non potevano essere raggiunti. (Scopri di più su: https://www.amref.it/2016_01_19_Siccita_e_carestia_morire_di_fame_nel_2016)

In questo inizio del 2016 gli esperti di tutto in mondo prevedono che il fenomeno climatico che chiamiamo el Nino - che ha provocato lunghi periodi senza precipitazioni anche in Italia, causando tassi di inquinamento atmosferico altissimi in tante città - metterà a rischio di fame decine di milioni di persone nel continente africano. La lista dei paesi a rischio è impressionante: Malawi, Zimbabwe, Etiopia, Sud Sudan, Somalia, Sudan hanno i più grandi numeri di bocche da sfamare, ma l‘agricoltura è in ginocchio anche in Nigeria, in Ciad, nella Repubblica Centroafricana e addirittura nel ricco Sud Africa, ma la lista prosegue ancora con Kenya, Uganda, Congo e Gabon. Anche Amref ha lanciato un appello per l'Etiopia. Secondo il World Food Programme, nell'Etiopia centrale e orientale fino a 15 milioni di persone “nel 2016 si troveranno ad affrontare una grave e forte insicurezza alimentare".

Secondo l’Unicef ci sono 11 milioni di bambini a rischio di morte per fame. Chi si occupa di queste cose è al corrente della situazione e dei rischi da tempo e molti paesi sono già molto in avanti con i preparativi per mitigare gli effetti del clima, preoccupa però il massiccio costo attuale delle tante crisi in atto - ad iniziare dalla Siria - e le scarse risorse a disposizione della comunità internazionale per affrontare anche questa crisi. Purtroppo, se il 2015 è stato un anno terribile, anche per il 2016 per tanti le prospettive sono drammatiche, soprattutto nei paesi più fragili afflitti da conflitti interni.

Morire di inedia, morire di fame, è una cosa terribile ed inaccettabile. L’età delle persone non conta; la fame è indiscriminata quando si mette a mietere. Morire di fame non è come perire in un incidente o perdere la vita per una sfortunata malattia. Morire di fame comporta un lento ed incomprensibile declino del corpo e della mente, riducendo le persone ad un inguardabile ammasso di pelle ed ossa animato da due grandi occhi che paiono meravigliati ma invece sono semplicemente stupidi dal dolore e dalla totale assenza di uno dei pochi beni primari dai quali dipendiamo. E’ una cosa terribile e orribile e mentre periodicamente il mondo intero si ripromette “mai più”, ciclicamente il mondo intero si risveglia e reagisce soltanto quando in troppi sono già caduti nel baratro. Sapere che una cosa accadrà non è sufficiente per spronare l’uomo all’azione: prima di indignarsi deve vedere i morti.

Di siccità e carestie nel corso degli anni ne ho viste sfortunatamente diverse ma quella che ho sentito con maggior violenza fu quella somala del 1992 e più che le vittime per le quali non c’era più niente da fare mi colpirono tantissimo coloro per i quali qualcosa si sarebbe potuto fare qualcosa ma erano comunque senza speranza. Ho impresso nella mente il ricordo di centinaia di bambini nella cittadina meridionale somala di Bardera, lungo il fiume Juba, mentre circondavano affamati un capannone senza pareti dove sotto al tetto di lamiera degli uomini cucinavano enormi pentoloni di un pastone nutrizionale fornito dalle Nazioni Unite: i fuochi di legna facevano tantissimo fumo, i pentoloni bollivano, i bambini premevano tutt’attorno e una cinta di guardiani li teneva lontani con bastonate e scudisciate perché il cibo non era pronto e comunque a mangiarlo lì per lì i bambini si sarebbero ustionati. Era una scena da girone dell’inferno, anche perché a Bardera le persone in attesa di mangiare erano più di 200.000 e nel mentre due clan si contendevano imperterriti il controllo della città a furia di cannonate e gli aiuti stentavano ad arrivare.

Posso solo augurarmi che quest’anno, nonostante gli sforzi congiunti di el Nino e di troppi uomini di cattiva volontà, in qualche angolo dell’Africa non si torni a situazioni come quella di Bardera e che comunque le persone di buona volontà contribuiscano a lenire gli effetti della natura sulle popolazioni più fragili prima di vedere immagini intollerabili alla televisione.
  • Tommy Simmons, Fondatore Amref Italia

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