Nel corso del mese di novembre si è svolto a Vienna l’incontro annuale della community europea che si occupa di temi legati all’innovazione sociale1. (Scopri di più su: http://www.rivistaimpresasociale.it/component/k2/item/122-sfida-innovazione-sociale.html)

Andrea Bassi e Giulio Ecchia

Gli obiettivi del meeting sono stati la presentazione di lavori di ricerca e il consolidamento e sviluppo della community anche in una prospettiva globale (Unger, 2015). Va infatti ricordato che da alcuni anni l’Unione Europea ha adottato un insieme di misure per promuovere l’innovazione sociale, ossia una serie di iniziative, progetti, azioni, attività e servizi accomunati da un “approccio” che influenza positivamente la qualità della vita dei cittadini (Bassi, 2015).

La definizione di innovazione sociale assunta dall’Unione Europea è la seguente: “Le innovazioni sociali sono innovazioni che sono sociali sia nei loro fini che nei loro mezzi. Più specificatamente definiamo innovazioni sociali nuove idee (prodotti, servizi e modelli) che al contempo affrontano i problemi sociali (più efficacemente degli approcci esistenti) e creano nuove relazioni sociali o collaborazioni” (Caulier-Grice et al., 2010). Come ha affermato l’ex Presidente dell’Unione Europa José Manuel Barroso “L’Europa ha una lunga e forte tradizione di innovazione sociale: dai luoghi di lavoro agli hospices, dal movimento cooperativo alla micro finanza. Noi siamo sempre stati un continente di ‘imprenditori sociali creativi’ che hanno progettato e realizzato sistemi per migliorare l’educazione, la salute, l’inclusione sociale e il benessere dei cittadini” (ibidem).

Le innovazioni sociali possono essere generate e disseminate da una pluralità di attori: soggetti pubblici o privati, imprese sociali, organizzazioni nonprofit, volontariato che fornisce servizi, purché siano dirette a risolvere problemi sociali in un modo “nuovo” che crea nuove relazioni sociali. Inoltre, il legame tra l’innovazione nel settore pubblico e l’innovazione sociale è particolarmente importante; gli ambiti sociali - quali le politiche sociali, la salute, l’educazione, la protezione dell’ambiente - sono settori tipici in cui avviene l’intervento pubblico, ma essi sono anche contesti in cui l’innovazione sociale può rappresentare un percorso distintivo di miglioramento per l’impatto ed il benessere sociale. In questo senso è rilevante il contributo dell’economia sociale e, in particolare, dell’impresa sociale.

Il concetto di innovazione sociale gode di uno statuto epistemologico tuttora incerto (European Commission, 2013). Il suo contenuto semantico appare ancora estremamente variegato e non ben definito, in ragione sia della molteplicità degli ambiti di applicazione (rinnovamento urbano, sviluppo economico territoriale, applicazioni ad uso sociale di tecnologie della comunicazione e dell’informazione, processi di partecipazione deliberativa a livello locale, ecc.) che dell’approccio scientifico adottato (economico, sociologico, ecc.). Il termine “innovazione sociale” nasce verso la fine degli anni ’80 con il lavoro del sociologo tedesco Wolfgang Zapf (Zapf, 1989) per identificare una nuova classe di innovazioni e distinguerle dalle altre (in particolare da quelle a prevalente carattere tecnologico). Pur avendo precursori illustri in Joseph Schumpeter (Schumpeter, 1934) (con il concetto “distruzione creatrice” legato al ruolo dell’imprenditore, che rappresenta il motore del sistema economico capitalistico) e in Gabriel Tarde (Tarde, 1903) (che lo utilizza per indicare una fase di rottura rispetto al normale processo di “imitazione sociale”), il termine "innovazione sociale" non ha ancora avuto un utilizzo sistematico in ambito scientifico.

In via preliminare a livello internazionale sono riscontrabili quattro principali scuole di pensiero e approcci teorici sull’innovazione sociale:
  • L’approccio del Canada francofono, che si sviluppa nei lavori di un ampio gruppo di studiosi e ricercatori che gravitano attorno al CRISES di Montréal, Québec (Centre de recherche sur les innovations sociales) fondato dal sociologo Benoît Lévesque verso la fine degli anni ’80 (Klein, Harrisson, 2010).
  • L’approccio degli studi di rinnovamento e sviluppo urbano, rappresentato da un serie di progetti di ricerca finanziati dalla Comunità Europea nel corso degli anni ’90 e che vedono come principale studioso Frank Moulaert (Moulaert et al., 2013).
  • L’approccio della sociologia tedesca, che vede come centro di eccellenza il Sozialforschungsstelle della Technische Universitaet di Dortmund, e come autori Jurgen Howaldt and Michael Schwarz, i quali sviluppano le intuizioni del sociologo Wolfgang Zapf; a questo filone fa anche riferimento il centro di ricerche ZSI di Vienna (Zentrum fuer Soziale Innovation) (Franz et al., 2013; Howaldt, Schwarz, 2010).
  • Infine, vi è il più recente approccio anglossassone che si è sviluppato principalmente non in ambito accademico, ma in centri studi e think tank privati nonprofit, quali The Young Foundation e Nesta Foundation, in particolare grazie al lavoro di Geoff Mulgan. Dal punto di vista accademico i riferimenti principali sono lo Skoll Centre for Social Entrepreneurship di Oxford e il gruppo di studiosi che gravitano attorno allo Stanford Social Innovation Review (SSIR) del Center on Philanthropy and Civil Society (PACS) dell’Università di Stanford, California (Mulgan, 2006; Nicholls, Murdock, 2012).
Nel dibattito pubblico europeo il concetto di innovazione sociale è lanciato nel rapporto di ricerca della Young Foundation, dall’evocativo titolo Social Silicon Valleys. A manifesto for Social Innovation (The Young Foundation, 2006). A partire da questo lavoro - grazie anche ad una oculata azione di lobbying culturale - il termine, e il concetto sottostante, si è diffuso ampiamente nell’ambito dei processi decisionali degli organismi politici e tecnici europei sino al noto Rapporto del BEPA (Bureau of European Policy Advisers) coordinato da Agnès Hubert (BEPA, 2011) che lo propone come linea di indirizzo chiave per il rilancio dello sviluppo economico e sociale nella prospettiva di Europa 2020.

Ciò è testimoniato, ad esempio, dai numerosi progetti di ricerca focalizzati sui temi dell’innovazione sociale (in parte conclusi e in parte ancora in corso) che negli ultimi anni sono stati realizzati da partnership di studiosi e ricercatori di numerose università europee nell’ambito dei finanziamenti del Settimo Programma Quadro 2007-13 (SSH, Social Sciences and Humanities) e nel primo anno del nuovo programma di sostegno della ricerca scientifica Horizon 20202. Inoltre va menzionato il progetto collaborativo di co-creazione di un’agenda di ricerca sviluppato da alcuni mesi da EMES, il network europeo di studi sull’impresa sociale, e la nuova piattaforma di ricerca, Social Innovation Community, che partirà da febbraio 2016 e per tre anni coinvolgerà ricercatori e società civile nella proposta e sviluppo di temi di ricerca e di policy. Il lavoro per contribuire a questi progetti è molto e i lavori proposti in questo numero di Impresa Sociale rappresentano alcuni esempi rilevanti in questo senso (ricordiamo anche il recente Rapporto sull’Innovazione Sociale in Italia del CeRIIS , Luiss - Caroli, 2015).

In conclusione, l’innovazione sociale rappresenta, a nostro avviso, una delle piste di ricerca più interessanti per analizzare lo scenario economico e sociale in questo periodo post-crisi, in special modo per valorizzare quel patrimonio di relazioni e di capitale sociale che è rappresentato dal mondo dell’economia sociale e civile, che in Italia che si ritrova spesso in occasione delle Giornate dell’Economia Civile di Bertinoro (organizzate da Aiccon) e del Workshop dell’Impresa Sociale di Riva del Garda (organizzato da Iris Network).

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