Ci raccontiamo le nostre sofferenze, le nostre fatiche, le nostre delusioni quotidiane. Ci mostriamo stanchi e lamentosi. Poi alla domanda: “E il resto come va?”. Rispondiamo: “No, il resto tutto bene, grazie!” (Leggi di più su:
http://www.acli.it/i-temi/studi/10421-e-il-resto-tutto-bene-grazie#ixzz3tu6SfWDK)
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Andrea CasavecchiaCosì Giuseppe De Rita ha sintetizzato i risultati del 49° Rapporto annuale del Censis.
Durante la presentazione sono emersi i tratti di una società italiana ancora in difficoltà, l’Italia è in una sorta di limbo hanno segnalato i titoli dei giornali.
Gli italiani viaggiano sull’onda degli episodi della cronaca, si lasciano trascinare dalla corrente dei fatti che rimbalzano da un tweet alle serie di news, senza una rotta né una stella polare.
Non siamo riusciti a costruire una strategia di azione comune per vivere nel mondo di oggi, fatto di ingenti flussi migratori, globalizzazione delle questioni sociali, economiche, ambientali e religiose, di hi-tech, di connessione e di flussi comunicativi. Per una brutale sintesi del Rapporto si potrebbe riportare: “Qualcuno ce l’ha fatta, altri no”.
Ne è un segnale la metamorfosi dei “piani terra urbani”, dove le saracinesche si sono chiuse per molti negozi tradizionali: abbigliamento, librerie, calzature, articoli sportivi, mentre si sono alzate per ristoranti take away, bar, gelaterie.
Un altro segnale è il rimbalzo selettivo dell’occupazione che a fronte di nuovi occupati nella componente femminile, tra i lavoratori anziani e tra gli immigrati, mantiene sottoccupazione, part-time involontario, cassa integrazione e soprattutto 2,2 milioni di neet tra i giovani.
Una sintesi del Rapporto si può trovare qui.
In un periodo buono per l’economia non riusciamo a fare uno scatto in avanti. In parte l’insuccesso è politico, dichiara il Rapporto, perché c’è stato un forte richiamo al pragmatismo e alla ricerca di efficienza da parte del Governo, ma in un contesto di grave delusione nei confronti delle istituzioni democratiche, che appaiono spesso delegittimate dal giudizio di terzi, che siano una volta la tecnocrazia europea, un’altra volta il mercato globale. C’è una politica che manca di partecipazione.
Crescono le disuguaglianze, manca la partecipazione, ognuno pensa a sé stesso.
Ma perché l’Italia non si sgretola?
Per De Rita anche se manca un collante c’è un tratto culturale che unisce gli italiani: il resto. Quella parte della nostra vita, delle nostre relazioni, della nostra storia sulla quale ognuno di noi fa conto. Questo resto che parte dalla dimensione popolare contiene un’energia profonda che ci aiuta a elaborare e innestare processi di innovazione di successo che forse diventeranno trainanti: come un nuovo stile di consumo più sobrio, una rivisitazione del modello italiano agroalimentare che unisce piattaforme informatiche, turismo e filiera del cibo; come una metalmeccanica che si specializza per diventare service di altre industrie. C’è una società che risponde alla storia per fatti suoi, con una soggettività propria che parte dal “resto”.
Servono dei connettori perché istituzioni politiche e parti vitali della società possano incontrarsi senza stazionare in mondi paralleli, altrimenti il resto non potrà alimentare una nuova fase storica nel nostro Paese.