Un nuovo rapporto denuncia come la metà più povera del pianeta produca solo il 10% delle emissioni di CO2, pur essendo la prima vittima dei cambiamenti climatici.
Roma. Il 10% della popolazione più ricca del pianeta è responsabile del 50% delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera, mentre la metà più povera della popolazione mondiale - circa 3,5 miliardi di persone – ne produce solo il 10%, pur essendo la prima vittima di alluvioni, siccità e altri cataclismi legati agli effetti dei cambiamenti climatici. A denunciarlo è il nuovo rapporto di Oxfam
“Disuguaglianza climatica”, che fornisce nuove stime e dati sui livelli di emissioni legati ai modelli di consumo dei cittadini nei paesi ricchi e poveri. Il rapporto è stato diffuso durante la Cop 21 in corso a Parigi.
Modelli di consumo a confronto: i più ricchi inquinano di più
Mentre a Parigi i Governi negoziano il raggiungimento di un accordo globale per ridurre le emissioni prodotte dai rispettivi paesi, l’analisi elaborata da Oxfam contribuisce a sfatare il mito secondo cui i principali responsabili dei cambiamenti climatici siano i paesi emergenti.
Sebbene infatti si registri un crescente e più rapido aumento del livello delle emissioni nei paesi emergenti, ciò è in gran parte attribuibile alla produzione di beni consumati in altri paesi: pertanto, il livello di emissioni dovuto ai modelli di consumo della maggior parte dei cittadini di questi paesi è ancora di gran lunga inferiore a quello generato dai cittadini dei paesi più sviluppati.
“I cambiamenti climatici e la disuguaglianza economica sono indissolubilmente legati tra loro, e insieme rappresentano una delle maggiori sfide del 21° secolo - spiega Elisa Bacciotti, direttrice del dipartimento Campagne di Oxfam Italia. - Parigi deve essere il punto di partenza per costruire un'economia più inclusiva e giusta, che tenga in considerazione non solo la parte più ricca della popolazione mondiale - responsabile della maggior parte delle emissioni in atmosfera - ma anche i 3,5 miliardi più poveri che, pur avendo minori responsabilità, sono i più esposti agli effetti dei cambiamenti climatici”.
Disuguaglianza e livello di emissioni
Il rapporto mette in relazione la disuguaglianza e il livello delle emissioni prodotte a livello globale, all'interno dei singoli paesi e nel confronto tra loro. Per esempio:
- in media una persona che rientra nell’1% più ricco della popolazione mondiale produce un’impronta di carbonio 175 volte superiore rispetto ad un cittadino che rientra nel 10% più povero;
- in media una persona che rientra nel 10% dei cittadini più ricchi dell’India produce solo un quarto di emissioni rispetto alla metà più povera della popolazione degli Stati Uniti;
- al contrario, le emissioni dipendenti dai modelli di consumo di un cittadino che rientra nella metà più povera della popolazione indiana sono in media solo un ventesimo rispetto a quelle prodotte da una persona che rientra nella metà più povera della popolazione americana;
- le emissioni totali prodotte dalla metà più povera della popolazione cinese, circa 600 milioni di persone, sono solo un terzo delle emissioni prodotte dal 10% più ricco negli Stati Uniti, circa 30 milioni di persone.
“Le persone più ricche dovrebbero essere ritenute responsabili per le emissioni che producono, indipendentemente dal luogo in cui vivono. - continua Bacciotti - Non possiamo dimenticarci, che nei Paesi che registrano un ritmo di sviluppo più veloce, vive anche la maggior parte della popolazione più povera del pianeta e, sebbene questi debbano fare la loro parte, spetta ai paesi sviluppati agire in modo più incisivo per salvare il clima”.
Secondo il rapporto, inoltre, se a Parigi si raggiungesse un accordo debole, gli unici a beneficiare dello status quo sarebbero un ristretto numero di miliardari che devono gran parte delle loro fortune al business dei combustibili fossili. Affrontare la crescente disuguaglianza economica, da cui traggono profitto questi “baroni del carbone” è la chiave per mettere fine alla povertà estrema e per combattere i cambiamenti climatici.
Cambiamenti climatici: i paesi più poveri sono i più vulnerabili
Come evidenziato da un recente rapporto della Banca Mondiale, i più poveri, ovunque vivano, sono i più vulnerabili e i meno preparati ad affrontare gli effetti dei cambiamenti climatici. Siccità, alluvioni e tempeste violentissime hanno colpito indistintamente paesi come gli Stati Uniti e le Filippine. Le donne, specialmente quelle che nelle comunità rurali dipendono dall’agricoltura e hanno poche altre opportunità per poter guadagnarsi da vivere, sono quelle più a rischio.
“La grande disuguaglianza in termini di emissioni di CO2 deve essere fermata - conclude Bacciotti - L’accordo sul clima che uscirà da Parigi deve lasciare ancora aperta la possibilità di mantenere il surriscaldamento globale entro la soglia di 1,5°C e deve garantire ai paesi più poveri e vulnerabili gli aiuti finanziari necessari per l’adattamento al cambiamento climatico”.
Oxfam chiede inoltre che nell’accordo di Parigi si riconosca la necessità di affrontare le perdite e i danni provocati dai cambiamenti climatici, per i quali non è ormai più possibile un piano di adattamento, assicurandosi inoltre che tutti i progetti e le azioni future sul clima, rispettino i diritti umani e siano disegnati promuovendo la parità di genere.
Lo studio di Oxfam è sostenuto da Lucas Chancel e Thomas Piketty, co-autori di Carbon and Inequality from Kyoto to Paris, della Paris School of Economics e Mary Robinson, Presidente della Mary Robinson Foundation – Climate Justice.
Clima, fame e povertà: la sfida è la stessa
Oxfam ritiene che i destini delle comunità più povere del pianeta debbano essere al centro del summit di Parigi. Questa è una delle richieste rivolte al Premier Renzi nel quadro della campagna #sfidolafame: combattere il cambiamento climatico che affama i più poveri. Si può firmare la petizione su:
http://www.sfidolafame.it/sfida-renzi/