Commenti. L'editoriale di Altreconomia 175. Tra fine novembre e l'11 dicembre Parigi ospità la Conferenza Onu sul climate change, COP21: la finestra per arrestare l’innalzamento della temperatura a soli 2° -soglia oltre al quale l’inevitabile diventa ingestibile- si è ormai ristretta ai limiti del percorribile. Sono necessarie scelte che portino a una riduzione dei consumi e nuovi stili di vita. (Scopri di più su: http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=5317)

di Pietro Raitano

Durante una trasmissione televisiva, un comico si chiede perché i sondaggi registrino tra il pubblico ancora molto scetticismo circa i cambiamenti climatici, le conseguenze di questi e le responsabilità dell’uomo, nonostante tutti i dati sul tema.

Rapida carrellata sui programmi televisivi che trattano l’argomento, ed ecco svelato l’arcano. Intanto, in tv si parla poco di “climate change”. “Forse è noioso” si dice il comico. E quando questo accade, si fronteggiano di solito due “esperti”, con visione diametralmente opposta sul tema. Per il primo i cambiamenti climatici esistono, sono causati dall’uomo e hanno impatti molto seri sul Pianeta; per il secondo, i cambiamenti climatici, se ci sono, non sono una nostra responsabilità, e non sono nemmeno un inedito nella storia. Le posizioni hanno pari dignità scientifica agli occhi del telespettatore.

Peccato -dice il comico- che il 97% della comunità scientifica la pensi come il primo esperto: dobbiamo contenere le emissioni di gas climalteranti, cambiando i nostri stili di vita e di consumo, se non vogliamo passare guai seri.

Ed ecco la trovata: organizzare un confronto tv che “rispetti la statistica”. In uno studio televisivo necessariamente spazioso, il nostro invita, da una parte, tre “negazionisti”, e dall’altra la bellezza di 97 studiosi armati di ricerche e camici d’ordinanza. L’effetto comico è travolgente, il messaggio è chiaro (nonostante il chiasso): nella scienza contano i fatti, non le opinioni, il “sentito dire” o una buona capacità dialettica.

A partire dal 30 novembre e fino all’11 dicembre Parigi ospiterà la ventunesima sessione della “Conferenza delle parti” organizzata dalle Nazioni Unite per affrontare il cambiamento climatico. Dai tempi del Protocollo di Kyoto di appuntamenti “cruciali” per fermare il cambiamente climatico se ne sono visti tanti, e ogni volta le aspettative sono andate piuttosto deluse. Solo la crisi economica ha rallentato le emissioni, e questa non è proprio una consolazione.

La differenza, questa volta, è che gli anni nel frattempo sono passati, e la finestra per arrestare l’innalzamento della temperatura a soli 2° -soglia oltre al quale l’inevitabile diventa ingestibile- si è ormai ristretta ai limiti del percorribile.

Il presidente degli Stati Uniti ha ricordato che la nostra “è la prima generazione a subire gli effetti del cambiamento climatico, e l’ultima che può fare qualcosa per fermarlo” e persino il governo cinese -Usa e Cina sono i principali emettitori di gas climalteranti del Pianeta- ha indicato una serie di misure non trascurabili (anche se insufficienti) che dovrebbe intraprendere nella lotta al climate change.

Sul sito della Conferenza (www.cop21.gouv.fr) l’intenso video introduttivo ritrae persone di tutto il mondo che ci ricordano che “siamo tutti minacciati”, che “le specie scompaiono, il livello dei mari si alza, popolazioni sono costrette ad abbandonare la propria casa perché non hanno più cibo, acqua, terra fertile”, e che le soluzioni esistono, e sono anche “opportunità”. “Contiamo su di te” dicono alla fine, rivolgendosi a politici, cittadini e ragionevolmente ai media.

Messi alle strette dalla situazione, è possibile che i rappresentanti dei governi questa volta combinino qualcosa di buono. Senza chiedere loro di essere coraggiosi, basterebbe che approfittassero della contingenza moderatamente favorevole per fissare impegni seri e duraturi. E quantomeno allentare le morse degli interessi economici che finora hanno colpevolmente frenato la lotta ai cambiamenti climatici, relegando in secondo piano le evidenze scientifiche.

Secondo il Worldwatch Institute di Washington il consumo globale di risorse ha raggiunto nel 2015 il suo record assoluto (al pari della temperatura media del Pianeta). Il centro di ricerca ha preso in considerazione 24 indicatori, dal carbone al caffè, concludendo che il livello di sfruttamento non arresta la sua crescita ed è arrivato a una scala “mai sperimentata sulla Terra”. Consumo e cambiamento climatico sono legati a doppio filo, e senza ridurre il primo, non si potrà contrastare il secondo. Staremo a vedere se a Parigi riduzione dei consumi e nuovi stili di vita saranno considerati “opportunità” come è auspicabile.

La città sarebbe spettatrice di una nuova rivoluzione.

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