"Nessun genitore metterebbe suo figlio in mare, se la terra fosse più sicura" (madre siriana, Budapest, Europa, 2015).
Roma. L'Assemblea Generale Italiana del Commercio Equo e Solidale (AGICES – Equo Garantito) e la rivista Altreconomia lanciano un appello a nome di tutto il movimento del fair trade italiano per chiedere l'adozione di provvedimenti volti ad affrontare l'emergenza della gestione dei flussi migratori e dell'accoglienza dei profughi.
Nello specifico le richieste riguardano:
- l’adozione di una organica normativa europea sul diritto di asilo, che superi il regolamento di Dublino, e che includa l’istituzione di corridoi umanitari che permettano a quote di migranti di accedere alle nazioni europee in tutta sicurezza
- l’adozione un piano strutturale per l’accoglienza dei profughi nei prossimi anni, cui vengano assegnate adeguate risorse economiche (attualmente in Europa ed in Italia sono la metà di quelle stanziate per i controlli delle frontiere ed i respingimenti)
- la chiusura dei centri di detenzione per come sono oggi strutturati e gestiti
- il finanziamento di solidi e strutturali piani per l’integrazione degli stranieri, che includa l’introdurre del diritto di voto alle elezioni amministrative per i migranti residenti, ed un impegno straordinario al contrasto a qualsiasi forma di xenofobia e razzismo.
L'appello è stato lanciato in questi giorni da AGICES – Equo Garantito (L'Associazione di categoria del commercio equo e solidale italiano) e Altreconomia (mensile economico di informazione indipendente) attraverso tutti i canali di comunicazione e anche grazie al supporto dei 90 Soci dell'Associazione, attivi sul territorio grazie alla presenza di oltre 250 botteghe del mondo.
Perché il nostro movimento si è attivato? Perché pensiamo – spiega Alessandro Franceschini, Presidente di AGICES Equo Garantito - che l'unico modo per ridurre i flussi migratori cui stiamo assistendo sia lavorare per far cessare le guerre in corso e dotarsi di una politica di redistribuzione delle risorse e degli squilibri internazionali. Il commercio equo da sempre lavora per questo: accoglienza, lavoro sostenibile, redistribuzione delle risorse, economie di giustizia e stabil ità sociale.
Tante sono state le reazioni di fronte all’imponente flusso migratorio che ha coinvolto l’Europa: chi festeggia naufragi ed annegamenti perché riducono gli arrivi, chi si sente invaso e minacciato nella propria identità, chi urla contro gli immigrati, chi chiedendo voti per difendere i nostri confini. Chi osserva sgomento, chi chiede protezione per chi fugge da guerre e miseria. E chi è andato sulle coste o ai confini per offrire aiuto e conforto a chi è riuscito ad arrivare. Comunque la si pensi, siamo di fronte ad un processo epocale, destinato a durare, ed a sfidarci tutti, istituzioni e cittadini.
Con questo appello noi vogliamo innanzitutto dire da che parte stiamo e invitare i singoli a fare lo stesso – continua Franceschini. Noi stiamo da quella parte dove Cuore e Ragione collaborano per affrontare seriamente un problema rispetto al quale la politica dell’Unione Europea si è limitata ad osservare la crescita di un fenomeno drammatico, contribuendo anzi alle sue cause.
Indifferente alle tragedie vissute da centinaia di migliaia di migranti, ai 25.000 morti per naufragio (dal 1988) e ai fallimenti della propria politica internazionale, che hanno fortemente alimentato i flussi migratori. All’incapacità di darsi una politica adeguata al dramma che stiamo vivendo, corrisponde infatti l’infinita ipocrisia dimostrata da chi ha contribuito direttamente (Libia) o tramite complicità politica, militare ed economica (Siria), a creare le cause drammatiche delle migrazioni di quelle popolazioni che dichiaravamo di aiutare con i nostri interventi. Salvo poi ributtarle in mare quando effettivamente ci hanno chiesto aiuto.
Paesi come la Germania e l’Austria hanno cambiato il proprio approccio, aprendosi in parte all’accoglienza. Sono novità positive, che non devono però farci pensare che tutto è risolto. Irrisolte permangono le cause delle migrazioni verso l’Europa. Esse sono note, chiare, lampanti davanti a noi: guerre, miseria ed impoverimento, mancanza di diritti umani, desertificazione e siccità dovute ai cambiamenti climatici (che causeranno al tri milioni di migranti). E’ razionale pensare che tutto ciò possa essere affrontato da quella politica che ha dimostrato il suo fallimento? Anni di chiusura delle frontiere, di controllo dei mari, di detenzioni arbitrarie, di violazioni dei diritti umani, di investimenti di grandi risorse economiche nella “detenzione” e nei respingimenti (25 miliardi di € dal 2000 ad oggi) non hanno fermato gli arrivi dei migranti. Né potrebbe essere altrimenti, e dovremmo ben saperlo noi italiani che abbiamo il record mondiale di emigranti (e tuttora continuiamo ad emigrare).
Lo squilibrio tra le condizioni di vita esistenti tra i paesi di partenza e quelli di destinazione, la sempre maggiore concentrazione del potere economico e finanziario nel “Nord”, la rilevanza (specie in paesi come l’Italia) del lavoro sommerso ove gli immigrati lavorano senza d ocumenti, la permanenza di guerre vicine ai nostri confini, continueranno a spingere un elevato numero di persone a cercare protezione da noi. E non li fermeranno gli ottusi egoismi nazionali, il vergognoso rimpallo di responsabilità tra i paesi europei, e la crescita di movimenti nazionalisti e xenofobi che utilizzano il tema delle migrazioni per accrescere il proprio consenso. O il degrado di un’Unione Europea che pochi mesi fa non è riuscita a mettersi d’accordo per redistribuire nei 28 paesi membri 40.000 rifugiati in due anni. 40mila! Nel 2013, Pakistan, Iran, Libano, Giordania, Turchia, Kenya, Ciad, Etiopia, da soli, ne hanno accolti circa 5 milioni e mezzo…
Mentre la maggioranza dei politici si limitava a parlare o a guardare da un’altra parte, da decenni il Commercio Equo e Solidale si muove concretamente con l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze, di distribuire il reddito su tutta la filiera produttiva (e non concentrarlo nelle mani di pochi), di portare benefici alle comunità locali, di una riconversione ecologica dell’economia che favorisca pace e giustizia sociale, e per una finanza che promuova i beni comuni, produzione e lavoro (e non la speculazione). Da sempre il Fair Trade combatte quegli squilibri che alimentano le migrazioni, e denuncia l’insostenibilità di un modello economico globale ove oltre 842 milioni di affamati convivono con 600 milioni di persone sovralimentate, e che nel 2016 produrrà il record della disuguaglianza economica mondiale, con l’1% della popolazione più ricca dell’altro 99%, mentre già nel 2012 la FAO ha stimato che entro il 2050 il cambiamento climatico causerà un aumento tra il 10% ed il 20% del numero di persone a rischio di fame, e del 21% del numero di bambini a rischio di malnutrizione.
I migranti che ci osservano, chi è già partito e chi si prepara a partire, sono solo l’annuncio di un futuro nel quale la redistribuzione delle risorse ed una maggiore giustizia sociale globale (temi oggi estranei all’agenda dell’Unione Europea e della politica internazionale) potrebbero essere perseguite in modo violento, come prima o poi accade laddove il filo spinato prende il posto di politiche capaci di incidere sui problemi. “Aiutiamoli a casa loro”? Ora si tratta di aiutarci tutti insieme nella nostra unica “casa comune” questa Terra, che è di tutti.