“Condividere i valori etici” – Intervista a Gabriele Eminente, Direttore Medici Senza Frontiere. (Scopri di più su:
http://www.osservatoriosocialis.it/2015/09/09/intervista-a-gabriele-eminente-direttore-medici-senza-frontiere/)
Medici Senza Frontiere è entrata nella storia quando in occasione dello tsunami che ha colpito l’Indonesia nel 2004 chiese di smettere di donare in quanto la somma già raggiunta era tale che non sarebbe stato possibile gestirne una maggiore. In termini comunicativi un azzardo senza precedenti: cosa vi ha portato ad una tale decisione?
Durante le emergenze altamente mediatizzate, come ad esempio lo tsunami che ha colpito l’ Indonesia nel 2004, l’epidemia di Ebola o il terremoto ad Haiti, MSF usualmente vede un aumento delle donazioni ricevute. Siamo estremamente grati che la visibilità del nostro lavoro possa ispirare le persone a sostenere i nostri sforzi in aiuto di coloro che ne hanno più bisogno. Comprensibilmente molte persone desiderano fare una donazione indicando la destinazione dei fondi elargiti, spesso a favore dei contesti che in quel momento sono sotto i riflettori. In tali circostanze noi abbiamo un obbligo morale e legale a rispettare la volontà dei nostri donatori. E così facciamo. Al tempo stesso incoraggiamo i nostri sostenitori a donare in maniera non legata, a fine di garantire la flessibilità necessaria per rispondere alle priorità operazionali, vale a dire agire dove la nostra azione medica salva-vita è più necessaria. Facciamo questo per due ordini di motivi.
Il primo è che una certa azione sul terreno potrebbe non richiedere l’impegno finanziario inizialmente stimato. Questo è quanto avvenuto in occasione dello tsunami nell’Oceano Indiano, dove dopo una valutazione dell’emergenza è emerso che la maggior parte delle persone coinvolte rimase uccisa oppure illesa oppure viveva in posti dove esisteva un sistema sanitario in grado di fornire le cure necessarie. Dunque l’azione medica di MSF in quel contesto non richiedeva tutto l’investimento di denaro ricevuto grazie alla generosità dei donatori e abbiamo preferito chiedere loro come volevano che fossero utilizzati i loro soldi. Abbiamo quindi dovuto chiedere a coloro che avevano donato somme legate se volessero i soldi indietro o se acconsentissero a classificarle come non legate.
Questo ci porta al secondo motivo: MSF è in grado di fornire un ampio spettro di aiuti medici, ma non siamo in grado di prevedere dove e quando scoppierà la prossima crisi umanitaria. Sappiamo solo che dobbiamo essere pronti ad entrare in azione quando si manifesta. Per tale ragione facciamo affidamento su fondi non legati che ci danno la possibilità di essere operativi non appena è evidente che la nostra azione è necessaria. Questo è esattamente quello che ha reso possibile il nostro tempestivo intervento in Africa Occidentale non appena ci siamo resi conto della gravità della diffusione dell’epidemia di Ebola, ed è la ragione che ci ha consentito di espandere le nostre operazioni nella Repubblica Centrafricana e in Sud Sudan, o quello che ha reso possibile il lancio di numero progetti per curare persone affette da malattie dimenticate in aree remote.
Molte no profit hanno dei criteri etici in base ai quali è possibile instaurare delle partnership solo con le aziende che superano l’ethical check. Pensa che sia ancora attuale questa impostazione o, data la stretta ai budget delle aziende che in questo periodo di crisi colpisce il settore charity, sia troppo limitante?
Collaborare con Medici Senza Frontiere significa condividerne i valori etici fondamentali. Diventare un’azienda partner di Medici Senza Frontiere, significa intraprendere un percorso di responsabilità sociale d’impresa. Partendo dal presupposto che ogni caso è diverso, e necessita di una analisi specifica, sulla base delle linee guida che provengono dal movimento internazionale, Medici Senza Frontiere effettua lo screening etico dei suoi partner e sceglie quelle aziende che condividono il suo mandato ed i valori etici fondamentali che esso presuppone.
Invitiamo e accogliamo come partner tutte quelle aziende che:
- Si distinguono per l’alta qualità, l’affidabilità e il valore del proprio lavoro
- Mettono in atto politiche positive verso i propri dipendenti e verso l’ambiente
- Sono disponibili a dare informazioni sulle proprie attività
- Sono attive nella sensibilizzazione sui temi dei diritti umani, del lavoro e della salute
- Hanno dimostrato di aiutare la comunità di riferimento con criteri innovativi.
Medici Senza Frontiere esclude invece le aziende che risultano incompatibili con il proprio mandato, quando:
- Producono armi, operano nel settore estrattivo e svolgono attività legate alla guerra nei paesi in via di sviluppo
- Producono farmaci, alcool e tabacco
- Non rispettano le indicazioni delle dichiarazioni della ILO (International Labour Organization)
- Danneggiano l’ambiente
- Svolgono attività con forti connotazioni politiche o religiose
- Sostengono regimi autoritari
- Operano nell’illegalità.
A volte è difficile far capire la differenza tra le molte onlus che operano nello stesso settore, come riuscite a ideare una comunicazione che vi differenzia nella percezione dei cittadini?
MSF è un’organizzazione medico umanitaria quindi prima di tutto sottolineiamo la vocazione medica di MSF e la sua expertise. Per esempio, poche organizzazioni hanno la competenza e l’esperienza per rispondere a un’epidemia come Ebola e MSF è stata la prima organizzazione e il principale attore a livello internazionale a rispondere a questa emergenza. La nostra comunicazione ha mostrato la capacità dell’organizzazione di combattere l’epidemia, di curare i pazienti ma anche di formare altre organizzazioni e ai ministeri della salute locali. Diamo inoltre visibilità ai progetti medici innovativi di MSF e da 15 anni portiamo avanti la Access Campaign per l’accesso ai farmaci nei paesi in via di sviluppo. MSF è anche un’organizzazione di emergenza, spesso il primo attore a intervenire nei disastri naturali o altre emergenze umanitarie.
La nostra comunicazione mira a mostrare e raccontare la realtà: il contesto nel quale, MSF agisce concretamente in prima linea, dove spesso altre organizzazioni non vanno. Indipendenza e imparzialità sono due principi che rappresentano il cuore della nostra identità, fornendo assistenza sanitaria gratuita senza alcuna discriminazione e in totale indipendenza. La nostra comunicazione spesso denuncia l’inazione dei governi o la strumentalizzazione dell’aiuto umanitario. MSF è una delle poche organizzazioni in grado di denunciare in modo indipendente.
Ma indipendenza vuol dire anche indipendenza finanziaria, grazie al prezioso supporto dei nostri donatori in tutto il mondo. Questo significa che chiediamo il supporto dei nostri donatori e che rendicontiamo in modo preciso come usiamo le loro donazioni. Perseguiamo una precisa accountability attraverso report pubblici sui nostri progetti. Non chiediamo donazioni quando abbiamo fondi sufficienti per intervenire. Nella comunicazione di MSF preferiamo “dar voce” a persone che conoscono il contesto e la problematica che raccontano perché l’hanno vissuta in prima persona, piuttosto che avere delle persone fisse designate per questo. Quindi le voci di MSF sono gli operatori umanitari come medici, infermieri, logisti ma anche i nostri pazienti e lo staff locale.
Le situazioni in cui intervenite sono generalmente molto drammatiche. Come aiutate i vostri volontari a gestire emotivamente l’emergenza? A volte anche il più bravo dei medici può cedere.
I processi di selezione del personale internazionale prevedono dei test per valutare la motivazione e la capacità della persona a sopportare livelli di stress importanti. Durante la missione, gli operatori di MSF possono fare ricorso ad un sostegno emotivo fornito dagli uffici di sede; una volta rientrati invece, MSF offre la copertura delle spese qualora si decida di fare ricorso ad uno psicologo. Tra le attività di formazione previste per gli operatori italiani, c’è anche un corso sullo stress management, disegnato per fornire agli operatori umanitari degli strumenti base per gestire al meglio i proprio livelli di stress. Per quello che riguarda gli operatori nazionali, in molte missioni è fornito un sostegno psico-emotivo fornito da psicologi esterni all’organizzazione, questo per ragioni di confidenzialità e professionalità. In alcune missioni vengono anche organizzate attività di formazione simili a quelle previste in Italia.
- (a cura di Marta Tersigni) ©osservatoriosocialis.it