Da idea filosofica e religiosa a principio sociale e politico moderno. (Scopri di più su: http://www.labsus.org/2015/09/dalla-sussidiarieta-degli-antichi-a-quella-dei-moderni/)

Il principio di sussidiarietà non è un semplice strumento burocratico di devoluzione delle competenze, ma, a partire da una determinata antropologia, esalta l’autonomia e la libertà dell’uomo.

Filippo Maria Giordano

Il concetto di sussidiarietà suscita da sempre grande interesse negli studi di carattere filosofico, socio-politico e giuridico, ma, più in generale, anche tra i non addetti ai lavori per il suo richiamo sempre più frequente nei dibattiti e sulla stampa. Negli ultimi decenni questo interesse si è accresciuto in seguito all’introduzione del principio nei trattati europei nel 1992. Lo stesso è avvenuto in Italia con la riforma del Titolo V della Costituzione del 2001, con cui la sussidiarietà è entrata a pieno titolo tra i principi regolatori di una nuova democrazia partecipativa e deliberativa. Un fenomeno che non riguarda solo il nostro paese, ma che coinvolge altri Stati europei.

Il principio è complesso, a volte controverso, e si caratterizza per essere polisemico e polivalente. Nel primo caso la sussidiarietà sintetizza e organizza in sé una serie di valori tra loro spesso in antitesi come libertà e uguaglianza, autonomia e autorità, realizzando quel “luogo del paradosso” caro a Chantal Millon-Delsol. Nel secondo caso si declina in modi diversi, in senso orizzontale quando i soggetti del rapporto sono, da una parte gli individui, singolarmente intesi o in gruppo e dall’altra il potere pubblico, come suggerito dall’art 118 della nostra costituzione; e in senso verticale quando il principio si applica ai rapporti tra i diversi livelli di governo territoriali. In questo caso si parlerà di rapporti tra governi di uno stesso ordinamento statale (Regione-Stato) e di quelli fra gli Stati e le organizzazioni sovrastatuali, come per l’Unione europea (UE) o per gli Stati federali (Stati Uniti, Svizzera ecc.).

Tale ampiezza di significati e di applicazioni trova origine nella storia dell’idea di sussidiarietà che dall’antichità classica, attraverso il medioevo, si è trasformata in principio ordinatore della realtà, sociale e politica, degli Stati moderni. Questo percorso è caratterizzato da considerazioni antropologiche, filosofiche, religiose, giuridiche e appare ormai assodato che il principio affondi le proprie origini in tre grandi filoni storico-filosofici: la dottrina sociale della Chiesa cattolica, il costituzionalismo liberale e le riflessioni sul federalismo. Ciascuno di essi si fonda su idee di pensatori vissuti in epoche passate.


La radice aristotelico-tomista: autonomia d’azione e responsabilità

Il termine risale al latino e in particolare al gergo militare romano, secondo cui subsidium indicava ciò che era di riserva, ausiliario. Nella parola sussidiario sono impliciti due significati: uno si ricollega all’idea di suppletivo, l’altro si riferisce all’idea di aiuto, dunque, all’idea di intervento. Questo doppio senso definisce anche il limite dell’azione sussidiaria, che può avvenire per difetto solo quando un soggetto non riesca a soddisfare da sé i propri bisogni in modo adeguato. In tal senso, la sussidiarietà poggia su una filosofia che pone al centro l’individuo e che considera l’azione il presupposto per la realizzazione personale e la felicità individuale e collettiva.

Secondo Aristotele, i cittadini della polis si trovano inseriti all’interno di gruppi sociali di diversa grandezza (famiglie, villaggi ecc.) ciascuno dei quali provvede a bisogni suoi specifici in maniera autosufficiente, generando all’occorrenza una rete di supplenza. La sussidiarietà procede dal basso verso l’alto, cioè dal livello privato dei singoli e dei gruppi fino ai livelli organizzativi più alti. Dunque, nei rapporti tra entità di diverse dimensioni, il principio in genere prevede che, nell’esecuzione di determinate funzioni, la preferenza vada attribuita sempre alle entità minori, ossia a quelle entità che coinvolgono più da vicino il singolo cittadino, mentre le entità maggiori sono legittimate a intervenire soltanto per far fronte alle inadeguatezze delle prime. Questo principio resta valido sia per la sussidiarietà orizzontale sia per quella verticale.

Tommaso d’Aquino riprende Aristotele e attribuisce alla sussidiarietà un valore etico, per cui il concetto di cittadino è integrato da quello di persona, con gli attributi morali che il cristianesimo le riconosce. Egli pone l’accento sul nesso libertà-responsabilità e consolida l’idea della dignità e dell’azione umana, finalizzata al bene comune, secondo la volontà di Dio. Questa prospettiva considera l’uomo, preso nella sua interezza come individuo dotato di libertà, autonomia, dignità e responsabilità il centro intorno a cui ruota e si edifica la società. A San Tommaso preme sottolineare l’importanza della dignità umana, che sarà alla base della dottrina sociale della Chiesa cattolica. Per garantire questo fine, infatti, la Chiesa auspica l’azione dello Stato in positivo e, accanto al dovere di non ingerenza, riconosce all’autorità pubblica un pari dovere di ingerenza, in vista della promozione della dignità dell’essere umano.


Gli sviluppi moderni: liberalismo e federalismo

La società medievale dell’Aquinate si arricchisce di una nuova prospettiva con le riflessioni del calvinista Althusius. Questi, riprendendo l’idea di patto, pone la sussidiarietà al centro della sua teoria sociologica e giuridica e contribuisce allo sviluppo del federalismo politico e della società “simbiotica”. Secondo Althusius la politica è “l’arte di associare uomini”, i quali “si impegnano gli uni verso gli altri in modo esplicito o implicito, a comunicarsi vicendevolmente ciò che è utile e necessario per l’esercizio armonioso della vita sociale”. Il protestantesimo accentua il valore della libertà individuale che Althusius organizza nel patto sociale, rafforzando il ruolo della responsabilità dei singoli, dei gruppi e della comunità nel suo insieme. Come lui, anche Locke e Mill ritenevano necessaria un’autorità pubblica che garantisse la pace e la sicurezza sociale purché non fossero intaccate la libertà d’azione e l’autonomia degli individui singoli e associati. Sul terreno del liberalismo anglosassone e del federalismo protestante si svilupperà soprattutto la sussidiarietà verticale e con essa la riflessione sul federalismo.

A stemperare l’individualismo liberale di questi autori fa da contraltare il federalismo integrale di Proudhon, che lega all’idea di libertà quella di eguaglianza. Il modello sociale dell’economista francese parte dalla critica del modello capitalistico e, servendosi del principio di sussidiarietà, elabora un sistema politico-economico in cui grande valore assumono la cooperazione tra le classi e la reciprocità tra le persone. Lo stesso rapporto regola le relazioni istituzionali tra i diversi livelli di governo. Il suo contratto tende a salvaguardare l’autonomia di ciascun organismo e a sviluppare una società plurale, stabilendo un intervento minimo dell’autorità pubblica. A questa sussidiarietà negativa, che esalta autonomia e responsabilità del soggetto, egli affianca una sussidiarietà positiva, che attribuisce all’autorità il compito di incentivare, sostenere e, se necessario, di supplire ai soggetti incapaci di agire in modo autosufficiente. Il pensiero di Proudhon sarà ripreso e approfondito dal personalismo di Marc e dalle riflessioni di De Rougemont, nella prospettiva di una federazione europea.


Un principio del buon governo: dall’Italia all’Europa

Come ricorda Millon-Delsol, “il principio di sussidiarietà non è un semplice strumento burocratico di devoluzione delle competenze, ma, a partire da una determinata antropologia, esalta l’autonomia e la libertà dell’uomo”. Da questo punto di vista esso è un “bene relazionale”, grazie a cui l’uomo può organizzarsi in società complesse e comunità politiche sempre più stratificate. La sussidiarietà, quando è sostenuta da strumenti giuridici, consente ai gruppi sociali o al singolo cittadino attivo di agire in autonomia e con spirito solidale per il bene comune, partecipando alla costruzione della democrazia dal basso. Come si è detto, esiste oggi in Italia la possibilità di dare avvio a questo processo virtuoso grazie alla presenza della sussidiarietà nella nostra costituzione. Ma anche la società civile europea si sta organizzando per un’azione partecipativa e dispone di nuovi strumenti, come l’Iniziativa dei cittadini europei che introduce forme di democrazia diretta nell’UE ed esprime nuove idee di Europa (art. 11, Trattato di Lisbona).

La sussidiarietà è dunque una risorsa versatile di cultura politica che consente di organizzare società organiche in un modo sempre più complesso e interdipendente a tuti i livelli. Ed è proprio Jacques Delors, uno degli artefici del suo inserimento nei trattati europei, ad aver richiamato più volte il principio, sottolineandone la concezione etico-politica, per invitare le istituzioni europee a farne uso. Oggi, più che mai, la sussidiarietà potrebbe essere uno strumento per agevolare la soluzione di problemi che hanno messo in forte crisi la solidarietà civile in Italia e in Europa, suggerendo inedite formule di partecipazione politica e un nuovo modello di integrazione.

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