Primo anniversario della missione privata di ricerca e salvataggio. “Dai nostri dati emerge che la stragrande maggioranza delle persone che arrivano sta fuggendo la guerra, la violenza, la persecuzione”. (Scopri di più su:
http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/489482/Migranti-Moas-In-un-anno-salvate-diecimila-persone-Chi-fugge-non-ha-scelta)
Roma. Diecimila persone, tra uomini, donne e bambini, salvate in un anno: è questo il bilancio del primo anniversario di vita del Moas (Aid Station Migrant Offshore) la prima missione europea finanziata con fondi privati per la ricerca e il salvataggio in mare. Il suo primo salvataggio risale infatti al 30 agosto 2014.
Più di 200 persone sono morte il giovedi 27 agosto, quando una barca diretta in Italia è affondata al largo della costa libica. Lo stesso giorno, più di 70 corpi sono stati scoperti dalle autorità austriache in un camion abbandonato su un'autostrada al confine con l’Ungheria.Queste sono solo le ultime cifre terribili della crisi dei rifugiati senza fine alle frontiere dell'Europa – sottolinea il Moas in una nota – La realtà è forte.
Più di 2.500 persone sono morte in mare quest'anno, un record di tutti i tempi. E ben 20.000 persone potrebbero aver perso la vita cercando di raggiungere le coste europee. Noi siamo stati in prima linea nella crisi dell’immigrazione nel Mediterraneo dal 2014 come la prima missione privata di ricerca e salvataggio. Concepito prima e lanciato subito dopo l'operazione italiana Mare Nostrum nel mese di ottobre del 2013, da allora abbiamo collaborato con tutte le imbarcazioni in mare e sotto il coordinamento del relativo centro di coordinamento di soccorso marittimo”.
Moas ricorda inoltre che “la stragrande maggioranza delle persone che arrivano in barca verso l'Europa sta fuggendo la guerra, la violenza, la persecuzione. Un numero minore scappa dalla povertà, che spinge alcuni alla disperazione – continua la nota - Questo ha portato l'Unhcr a concludere che la crisi migratoria Mediterraneo è in realtà una crisi dei rifugiati.
Secondo i dati e le testimonianze che abbiamo raccolto a bordo della Fenix, è chiaro che chi compie questi viaggi pericolosi è costretto a farlo. La maggior parte dicono di non avere altra scelta che cercare protezione dai conflitti, gruppi estremisti, regimi repressivi. In questi mesi abbiamo assistito numerose barche gravemente sovraffollate in difficoltà al largo delle coste della Libia, e piene zeppe di gente disperata. Tra questi molte vittime di violenza e di tratta, le donne in gravidanza - spesso viaggiano da sole -, minori non accompagnati, i giovani in fuga dai lavori forzati o il servizio militare a tempo indeterminato. C’è bisogno di continuare la ricerca e il soccorso e impedire alle persone vulnerabili di morire nel tentativo di raggiungere l’Europa”.