Napoli. Venti opere d’arte per proclamare il primato della luce sull’ombra, della legalità sull’illegalità, della cultura sull’ignoranza. (Scopri di più su:
http://sociale.corriere.it/beni-confiscati-solo-1-su-15-viene-affidato-al-terzo-settore-cantone-legge-da-cambiare/)
di Emanuele Imperiali
Si intitola La luce vince l’ombra la mostra a Casal di Principe, inaugurata recentemente, che, per la prima volta in Italia, ha sede in una villa confiscata alla camorra, recuperata a fini museali e intitolata a don Peppe Diana, emblema della lotta alla criminalità. Vi sono esposti, fino ad ottobre, beni provenienti dalle collezioni degli Uffizi, del Museo di Capodimonte, della Reggia di Caserta e del Museo Campano di Capua. Un esempio emblematico, così come lo è il fatto che l’abitazione di Totò Riina diventi la casa dei carabinieri, in quanto nella simbologia mafiosa è il più grande smacco che potessero subire in Sicilia.
Il riutilizzo dei beni, mobili, immobili e aziendali, confiscati alla criminalità organizzata e la loro valorizzazione in chiave socio economica ha assunto in Italia, ma in particolar modo nel Mezzogiorno, una dimensione patrimoniale e finanziaria considerevole. Secondo i dati dell’Agenzia Nazionale al primo trimestre 2015, i solo immobili sono ben 6.838, di cui 2.928 in Sicilia, 787 in Campania, 573 in Calabria, 493 in Puglia e 7 in Basilicata. mentre le aziende sono 1.345. Si tratta di case, terreni, negozi, aziende. Di queste ultime la maggior parte operano nell’edilizia, ma anche nel commercio, compresi alberghi e ristoranti.
Il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, ammette, parlando con Corriere Sociale, che “il tema del riutilizzo dei beni confiscati alle mafie è di stringente attualità. Ma bisogna essere onesti e dire le cose come stanno: finora, il relativo sistema normativo non ha prodotto i risultati sperati, anzi. È chiaro, quindi, che occorre fare una profonda riflessione su quest’argomento”. Secondo Cantone, infatti, “ è del tutto evidente che la sola confisca non può bastare. Affinché un bene sottratto alla criminalità organizzata possa produrre i risultati sperati, è necessario che sia presto messo a disposizione della società civile: un bene confiscato che ritorna a nuova vita, utilizzato per scopi sociali, e quindi destinato ai cittadini, è la migliore rappresentazione plastica dell’arretramento, anche materiale, di mafia, camorra e ‘ndrangheta”.
Dal censimento delle esperienze di riutilizzo di beni confiscati da parte del Terzo Settore, fatto dall’associazione di don Ciotti, emerge che sono 448 le realtà sociali che gestiscono beni confiscati alle mafie, di cui 139 nel Nord, 36 nel Centro e 273 nel Sud e nelle isole. Anche la Fondazione Con il Sud, presieduta da Carlo Borgomeo, ha finanziato numerosi progetti di recupero.
La valorizzazione dei beni confiscati rientra tra gli obiettivi delle politiche di coesione, ed è stata recepita nell’Accordo di Partenariato e nel documento per la programmazione dei finanziamenti comunitari 2014/2020, dove si suggerisce che le risorse per impedire i condizionamenti della criminalità organizzata sui circuiti dell’economia legale possano essere reperite impiegando i fondi europei.