Per “piangere” si usano i numeri, che messi assieme in un determinato modo danno un risultato, ma ne possono dare anche uno esattamente opposto, su cui però si sottace. (Scopri di più su: http://www.benecomune.net/articolo.php?notizia=1913)

Piero Bargellini

Questo continuo “coro greco” da tragedia imminente, finisce per autoalimentarsi e ingigantirsi. E' necessario allora fare chiarezza e svelare le contraddizioni della crisi.

Sabato 1 Agosto 2015 tutti i giornali riportavano due notizie: la disoccupazione è cresciuta arrivando al 12,7% e a fianco che gli stabilimenti balneari hanno aumentato del 30% le presenze. Come fanno a stare assieme queste due cose? Perché oggi tutte le organizzazione economiche di categoria hanno un proprio (pseudo) ufficio studi che sforna dati ogni settimana? Ovviamente sempre catastrofici.

Per “piangere” si usano i numeri, che messi assieme in un determinato modo danno un risultato, ma ne possono dare anche uno esattamente opposto, su cui però si sottace. Questo continuo “coro greco” da tragedia imminente, finisce per autoalimentarsi e ingigantirsi; ma proviamo a mettere qualche dito nelle piaghe italiane.


Disoccupazione giovanile

La disoccupazione giovanile tutti dicono che si aggira sul 45%. Forse è vero, ma forse no. Innanzitutto viene calcolata sui giovani che non studiano e non lavorano dai 14 ai 35 anni. Ma non c’è l’obbligo scolastico fino a 16?

Con la riforma delle pensioni si è bloccato il turnover: in pensione si va 6 anni più tardi; è ovvio che i giovani siano disoccupati. Però in Italia ci sono 4 milioni di immigrati che lavorano: perché loro lavorano e i nostri giovani sono a spasso? Qualsiasi imprenditore preferirebbe assumere un italiano al posto di uno straniero. Dunque qualcosa non torna.


Disoccupazione

I disoccupati sono il 12,7%: una fetta importante di popolazione. Come si conteggiano i disoccupati? Semplice: sono quelli iscritti ai centri per l’impiego. L’iscrizione alle liste non deriva da una causa oggettiva, ma è determinato dalla attesa (speranza) di un lavoro. Il dato certo su cui bisogna invece focalizzarsi è l’indice di occupazione, cioè il conteggio di quanti sono occupati. Ebbene negli ultimi 18 mesi gli occupati sono cresciuti di 600.000 unità. Ma di questo nessuno parla, e anche questo dato ha una lettura ambivalente: crescono i disoccupati e contemporaneamente crescono gli occupati. Forse l’iscrizione alle liste di collocamento deriva proprio dalla speranza di assunzione?


Sussidio di disoccupazione

Il sussidio di disoccupazione ha durate variabili in base all’età del soggetto, in media supera l’anno e rappresenta circa il 70% del salario. Domanda: come mai in questo lasso di tempo nessuno trova mai nemmeno un lavoro part time? Anche qui la risposta è semplice. Basta superare un reddito di 3 mila euro annui, 250 mensili, e il sussidio viene tolto in toto.
La stragrande maggioranza di coloro che percepiscono il sussidio ha un lavoro a nero (si badi bene, è il lavoratore che lo cerca a nero) perché altrimenti perde le 7/900 euro mensili. Il disoccupato ha interesse solo ad un lavoro full time, altrimenti lo rifiuta.

Disoccupazione, cassaintegrazione e mobilità, sono tutti finanziamenti dello Stato per favorire le categorie in difficoltà lavorativa. Ma, una volta concessa, non c’è un effettivo controllo “domiciliare” per verificare l’effettivo stato lavorativo. E se facessimo qualche controllo in più?


La povertà

Sicuramente la povertà è cresciuta, basti vedere l’aumento esponenziale degli interventi Caritas soprattutto verso gli Italiani (quelli per stranieri sono stazionari). Però anche qui c’è qualcosa che non torna.

Ad ogni telegiornale nel 2014 c’era un servizio in cui si annunciava che gran parte della popolazione non arrivava alla quarta settimana. Dal maggio dieci milioni di persone hanno ricevuto 80 euro in più in busta paga: un classico intervento di natura keynesiana per stimolare i consumi. Dopo un anno i consumi sono rimasti al palo e sono cresciuti, udite udite, i risparmi delle famiglie. Mediamente le famiglie hanno destinato gli 80 euro al risparmio e non ai consumi. C’è qualcosa che non torna.

Dal mio vecchio meccanico dovevo prendere l’appuntamento per farmi accomodare la macchina, poi ho scoperto che denunciava 8.500 euro all’anno, 700 euro al mese, è sotto la soglia di povertà ma non mi sento in colpa se ho cercato e trovato un nuovo meccanico !


Il turismo

Federalberghi ha dichiarato che il turismo in Italia è cresciuto ma di poco e che ormai siamo scesi molto in basso rispetto agli altri paesi; anche in questo settore tutti piangono lacrime amare (o forse di coccodrillo).

Tuttavia è sufficiente fare un piccolo giro su Booking, Trip Advisor, Holiday, Venere, ecc. per accorgersi che è pieno di Bed and Breakfast e di appartamenti di privati affittati a turisti.

Chi ha ragione? Federlabeghi o una schiera sempre più folta di privati che mettono a disposizione la loro seconda casa sfuggendo a tutti i rilevamenti?


Conclusioni

Non sono affatto convinto che cambiamento sia solo sinonimo di povertà, di tristezza, di attesa del peggio come si sente dire da ogni parte e amplificata da una stampa a corto di notizie.

Infine, è solo una informazione distorta? Oppure il modello di rilevazione è costruito su di una società elettromeccanica novecentesca che ormai non esiste più e quindi esso è strutturalmente incapace di sapere che cosa realmente accada? Se la situazione sociale fosse così drammatica come viene dipinta, ci dovrebbero essere quotidiani assalti alle prefetture, come a fine ‘800 nel Sud, invece non accade nulla di tutto questo; qualcosa non quadra!

E’ significativa l’analisi degli economisti dell’Università Politecnica delle Marche; essi hanno calcolato il BES, l’indice di benessere, dal 1861 ad oggi e lo hanno sovrapposto con il Pil pro-capite. Ebbene, fino al 1980 le due curve sono praticamente sovrapponibili, poi divergono sostanzialmente, il Pil sal ma il Bes rimane costante: la ricchezza non è più indice di benessere cioè il denaro non rappresenta più il grado di utilità di ciascuno.

I partiti non hanno più le sezioni sul territorio, i sindacati stanno solo in fabbrica e i giornali aspettano le notizie dalle agenzie: nessuno va più in giro per il mondo a vedere quello che realmente succede e ognuno dà i numeri che più gli fa comodo.

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