Nel mondo, una persona su due vive in città. È quanto emerge dal rapporto presentato ieri dal United Nations Population Fund (UNFPA). Per la prima volta la popolazione rurale è inferiore a quella che vive nei grandi centri, dove abitano oggi quasi 3 miliardi e mezzo di persone. Un risultato raggiunto a causa dei paesi in via di sviluppo: nazioni africane e asiatiche soprattutto, dove la popolazione urbana raddoppierà entro il 2030, quando in tutto il mondo 5 miliardi di persone vivranno in città, l'80% delle persone sulla terra.Secondo i dati del rapporto, ogni settimana un milione di persone si trasferiscono dalle campagne alle città africane ed asiatiche.

Tra il 2000 e il 2030, la popolazione urbana dell'Asia raddoppierà, salendo a 2,6 miliardi di persone, mentre quella dell'Africa passerà da 294 a 742 milioni, da 394 a 609 milioni quella dell'America latina.Un trend consolidato nei paesi industrializzati, ma anche un trend pericoloso. Le Nazioni Unite hanno lanciato l'allarme più volte, con questo rapporto il messaggio è ancora più chiaro: questo problema va gestito seriamente da subito, perché le implicazioni possono essere disastrose.Dalle favelas latino-americane, alle baraccopoli e ai compound africani, le periferie sono il rifugio dei più indigenti che arrivano in città con la speranza di una vita migliore ma che si scontrano con la disoccupazione e la mancanza di assistenza sociale e sanitaria. Più della metà della popolazione urbana di paesi come Angola, Ciad, Madagascar, Malawi, Mozambico, Niger, Sierra Leone e Zambia vivono sotto la soglia della povertà.

Sovrappopolate, in queste zone ai margini dei grandi centri urbani le "baracche" spuntano come funghi, da un giorno all'altro, ammassate tra loro. In base al rapporto "nell'Africa sub-Sahariana, l'urbanizzazione è diventata sinonimo di crescita delle baraccopoli". La mancanza di strutture, di reti fognarie, spesso di elettricità e di acquedotti rendono le periferie a rischio di infezioni e del diffondersi di malattie. Isolato, dimenticato dalle amministrazioni locali, per chi vive nelle periferie tutto è più faticoso: dal trovare lavoro allo spostarsi, dallo studiare al curarsi. Queste zone sono già oggi un focolaio di tensioni dove lo scontento e il risentimento verso le istituzioni forniscono un fertile terreno per la criminalità. Ecco perché, oltre a programmare correttamente l'uso degli spazi, è importante mettere in pratica politiche di inclusione soprattutto per le donne e i giovani.

L'urbanizzazione dovrà fare i conti anche con i cambiamenti climatici: per l'innalzamento del livello del mare sono a rischio soprattutto le tante città sulle coste, o sui grandi fiumi, in tutto il 13% della popolazione urbana. Eppure la battaglia per raggiungere l'obiettivo del millennio di dimezzare la povertà entro il 2015 si può vincere più facilmente nelle metropoli. "Liberare il potenziale della crescita urbana" è infatti il tema del rapporto. Ma i vantaggi che le città offrirebbero sono bloccati dalle politiche che mirano a rallentare l'inurbamento, che trascurano i poveri nella speranza di scoraggiare l'arrivo della popolazione rurale. Politiche che hanno causato l'effetto opposto: la povertà oggi cresce più rapidamente nelle aree urbane che in quelle rurali.

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