Economie solidali. Coinvolte una cinquantina di piccole aziende agricole. Negli ultimi 2 anni nel Paese ellenico sono nate venti cooperative alimentari: gestiscono negozi che vendono prodotti locali a prezzi popolari, senza intermediazione. È una delle iniziative della rete Solidarity For All (
www.solidarity4all.gr) organizzazione senza scopo di lucro che riunisce le iniziative di consumo critico, di assistenza sanitaria e di promozione di nuove forme di lavoro. (Scopri di più su:
http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=5064)
di Ludovica Jona
Atene. Sugli scaffali sono esposti latte, formaggi, legumi, olio, vino, pasta di farine integrali, riso, tisane, saponi. Ci sono qualche cassetta di verdure fresche e prodotti artigianali realizzati nelle carceri. Tutto “made in Greece”, con l’unica eccezione di tè e caffè del commercio equo e solidale. Questa bottega nel quartiere centrale di Exarchia, ad Atene, è una di quelle costituite dalle circa 20 cooperative alimentari nate negli ultimi due anni in Grecia su iniziativa di persone disoccupate e sottoccupate. In questi spazi chi è rimasto senza lavoro usa parte del proprio tempo libero vendendo prodotti di piccoli agricoltori locali e ricevendo in cambio una retribuzione, che spesso consiste in una parte degli stessi alimenti venduti. Si tratta di iniziative sviluppate su spinta della legge 4019 del 30 settembre 2011 “sull’economia e l’imprenditoria sociale”, che promuove l’attività delle piccole cooperative con una tassazione favorevole e la possibilità di un periodo di lavoro volontario, esonerato dal pagamento dei contributi sociali.
“Grazie a questa legge, ad Atene e Salonicco alcuni disoccupati hanno deciso di fare qualcosa insieme di non strutturato” afferma Tonia Katerini, architetta attualmente senza lavoro che, oltre ad essere volontaria della bottega di Exarchia, fa parte del comitato di coordinamento di Solidarity For All (
www.solidarity4all.gr) organizzazione senza scopo di lucro che ha messo in rete le iniziative di solidarietà alimentare, assistenza sanitaria e di promozione di nuove forme di lavoro, nate spontaneamente per far fronte alle conseguenze della crisi. L’organizzazione, che si è sviluppata a seguito dei movimenti popolari di protesta contro la Troika dell’estate 2011, viene in parte finanziata da un fondo costituito da Syriza con il 10 per cento degli stipendi degli eletti del partito oggi al governo e guarda con interesse allo sviluppo delle nuove cooperative.
“Per il momento solo 4-5 delle nuove cooperative alimentari possono permettersi di assumere personale con un vero stipendio -afferma Katerini-: altre suddividono il guadagno della bottega tra i membri e poi vi sono quelle -la maggior parte- che retribuiscono il lavoro svolto con gli stessi beni alimentari che vengono venduti”.
Si tratta delle cooperative basate sui “volontari-consumatori”, riconosciuti dalla nuova legge: all’interno delle botteghe che funzionano con questo sistema lavorano, a rotazione, decine di persone. Sono almeno 3-400 coloro che sono coinvolti nella vendita dei prodotti, oltre a una cinquantina di piccole aziende agricole, che sono i fornitori e vengono selezionate tra quelle che non lavorano con i supermercati. Una bottega fattura, in media, tra 6mila e 8mila euro al mese, e questo permette di assumere al più una sola persona full-time.
A beneficiare del sistema delle cooperative alimentari non sono solo le piccole aziende agricole, ma anche i disoccupati delle città: “Il lavoro svolto nelle cooperative aiuta a sentirsi attivi e a superare il senso di colpa e depressione che la condizione di disoccupazione, per molti nuova, comporta”, sottolinea Katerini.
Le cooperative sono un’evoluzione del movimento dei “mercati senza intermediari”, nato in Grecia fin dal primi tempi della crisi. Si tratta di mercati spontanei che si tengono una volta al mese in cui gli agricoltori vendono i propri prodotti a un prezzo superiore di quello a cui li venderebbero alla grande distribuzione e i consumatori aquistano a un prezzo inferiore a quello medio. È stato soprannominato “il movimento delle patate” per indicare lo sforzo di fornire prodotti essenziali a prezzi molto bassi per permettere la sopravvivenza. Secondo uno studio dell’Ime Gsevee (l’istituto delle piccole imprese della confederazione dei commercianti greci), nel 2012 il 22 per cento delle famiglie intervistate ha dichiarato di rifornirsi dei beni alimentari di base attraverso le reti senza intermediari, e il 6 per cento ha affermato di acquistare da cooperative alimentari.
Il successo dei mercati senza intermediari è testimoniato anche dalle proteste delle catene dei supermercati, che sono state in parte sostenute dalle autorità -prima dell’avvento di Syriza- con provvedimenti di contrasto a questo fenomeno. Oggi ci sono oltre 50 mercati senza intermediari che si tengono una volta al mese in diverse località, la metà delle quali nell’area metropolitana di Atene, dove vive il 40 per cento circa della popolazione greca (in tutto, 11 milioni di persone). “Come i mercati senza intermediari, le cooperative alimentari stanno cercando di andare incontro al bisogno di fornire cibo a basso costo, cercando però di risolvere altri problemi che nel tempo si sono posti, come quello del rispetto della legislazione” sottolinea Katerini.
Le principali questioni oggi affrontate dalle cooperative sono: il controllo della qualità degli alimenti, la realizzazione di un codice etico, la necessità di mettere ogni giorno il cibo a disposizione dei consumatori. Si continua però a insistere sul basso prezzo ottenuto attraverso l’eliminazione dei costi degli intermediari, delle confezioni e della pubblicità.
Il controllo della qualità viene fatto dalle cooperative attraverso visite svolte nelle fattorie e nelle fabbriche dei fornitori: “Abbiamo inoltre compilato una lista di criteri comuni, basati sul rispetto dei diritti dei lavoratori e sulla protezione dell’ambiente -racconta Katerini-: non sono per ora obbligatori, ma stimoliamo i produttori a seguire queste regole”. Per tenere bassi i prezzi, tutte le cooperative alimentari di Atene fanno gli ordini contemporaneamente, in modo che i produttori risparmino sui costi di trasporto. Per valorizzare lo sforzo dei coltivatori biologici coinvolti, invece, l’obiettivo nel futuro è di acquistare in anticipo i prodotti, in modo da condividere il rischio dell’investimento. Le cooperative prevedono anche un lavoro di educazione al consumatore, con un sistema di riutilizzo delle bottiglie e dei barattoli di vetro contenenti latte e yogurt e di altri contenitori.
“Proviamo ad avere prezzi più bassi di quelli del supermercato, mantenendo alta la qualità dei prodotti -afferma Katerini-. La bottega di Exarchia è aperta da poco ma è stata accolta molto bene dal quartiere proprio per questo -spiega-. Molte persone vanno al supermercato ma non comprano lì i prodotto che forniamo anche noi”. La bottega è inoltre collegata alle iniziative di solidarietà di Solidarity for All, attraverso una raccolta di cibo e medicinali rivolta ai propri clienti e devoluta ai centri medici e alimentari della rete. Solidarity For All è composta di circa 400 comitati locali che portano avanti 55 progetti di solidarietà alimentare (mense e gruppi di distribuzione di cibo), 21 centri sanitari (dove operano medici volontari e si distribuiscono farmaci gratuitamente), oltre alle circa 40 cooperative di disoccupati. Oltre alle 20 botteghe alimentari vi sono altre cooperative che gestiscono bar, caffè, piccoli ristoranti e servizi di riparazione di computer: sono in tutto una quarantina e per la maggior parte si trovano ad Atene e Salonicco.
Chi vi lavora sono soprattutto disoccupati o precari dai 30 ai 60 anni, “ma ci sono anche alcune persone che dedicano a questi progetti il proprio tempo libero perché credono nell’esperimento di solidarietà e nell’aspetto politico” sottolinea Katerini. Mentre parliamo, nel negozio entra una signora anziana con una cesta di verdure: “Sono mie, sono buone ci dice”. Anche queste vengono messe in vendita accanto alla cassa. “L’idea di Solidarity For All, che è anche l’anima del lavoro di queste cooperative -sottolinea la coordinatrice dell’organizzazione-, è di non dare assistenza ma di fare solidarietà, promuovere il rispetto e il coinvolgimento, senza barriere tra chi prende e chi dona. Molte delle persone aiutate durante i progetti diventano volontari”. Per il futuro, gli attivisti della rete nutrono speranze: il ministero greco incaricato del tema dell’occupazione oggi si chiama “del Lavoro della solidarietà sociale”.