ROMA - L'Italia deve riconsiderare la sua posizione sul nucleare, nel quadro di una riflessione globale sul sistema energetico. La proposta arriva da Silvio Berlusconi, nel corso dell'inaugurazione del nuovo elettrodotto «San Fiorano-Robbia»: l'alto costo dell'elettricità e il problema delle riserve energetiche rendono necessario «rispondere alla famosa domanda che pende sul nostro sistema, cioè l'utilizzo o meno del nucleare». Tanto più che, sottolinea il premier, le centrali dei Paesi confinanti espongono comunque l'Italia a dei rischi. Ragioni che non convincono l'opposizione e le associazioni ambientaliste: «C'è già stato un referendum. I problemi non si risolvono così». Sfoderando un largo sorriso, Berlusconi pigia il bottone che «accende» la nuova linea elettrica di interconnessione tra Italia e Svizzera, lunga 46 chilometri e costata circa 60 milioni di euro. Un'opera che che riempie di soddisfazione il premier, nella cui mente resta vivo il ricordo del blackout che due anni fa lasciò al buio mezza Italia: «Da un male può nascere un bene, perché capimmo che il problema non poteva più essere rinviato». Il sistema di produzione e distribuzione dell'energia «era ed è carente», dice Berlusconi, ma sono stati fatti dei passi avanti, come la realizzazione di nuove centrali e l'apertura della Borsa elettrica promossa dal Gestore del mercato elettrico e dal suo amministratore delegato Sergio Agosta. Fa ben sperare anche la ripresa dei consumi (aumento medio dello 0,4% nel 2004) ma l'elettricità continua a costare troppo, «il 20-30% in più degli altri Paesi, sia per le imprese che per le famiglie», spiega il premier. È quindi necessario avviare una «riflessione globale» sul sistema energetico: dall'elettricità al gas, dal metano al petrolio e, perché no, al nucleare. Il ragionamento è semplice: compriamo a caro prezzo energia prodotta dalle centrali di Paesi vicini col rischio, per quanto remotissimo, «che se si verificasse qualcosa di negativo tutti i danni verrebbero a noi per la nostra particolare conformazione geografica». Insomma, una «doppia penalizzazione» cui bisogna rimediare: il governo sta preparando uno studio sulle riserve e un nuovo piano energetico, ma occorre tempo e «una sola legislatura non basta» anche se, scherza Berlusconi, «non è che mi piaccia l'idea di lavorare forsennatamente altri 5 anni...». Non è l'unica battuta che il premier regala agli ospiti del Grtn (Gestore rete trasmissione nazionale): prima tranquillizza tutti sulla salute del ministro Marzano, assente «perché l'abbiamo fatto arrabbiare»; poi ironizza sul videocollegamento col vicepresidente del Consiglio federale svizzero: «Come sono cambiati i tempi, una volta appariva la Madonna». In sala grandi risate, ma fuori la polemica già monta: «Il nucleare è la risposta sbagliata per ragioni economiche e di sicurezza. Nessuno vuole un deposito di scorie vicino casa, figuriamoci una centrale», spiega Ermete Realacci (Margherita). È d'accordo il leader dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio, che esorta piuttosto il governo a investire sulle fonti rinnovabili, mentre Ds e Rifondazione chiedono che sia rispettato il referendum del 1987: «La verità è che il governo non ha fatto nulla per abbassare il costo dell'energia», accusa la Quercia. Critiche arrivano anche da Legambiente, Wwf e Cgil, mentre il viceministro per le Attività produttive Adolfo Urso difende Berlusconi e auspica un dibattito «senza steccati ideologici». A favore Isabella Bertolini (FI): «Tirare in ballo un referendum che si è tenuto quasi 20 anni fa significa fermare le lancette del tempo, il mondo va avanti». Più prudente il ministro Gianni Alemanno, che invita a «riflettere attentamente». Corriere della Sera, 21 gennaio 2005

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