Commenti. Le "Idee eretiche" di Altreconomia 171. La stupidità è al potere. E il cambiamento politico è il più difficile da immaginare per chi delinea strategie e idee alternative di società. È a quest'ambito, però, che deve guardare con più attenzione chi elabora e auspica percorsi di trasformazione della vita civile. Una riflessione di Roberto Mancini. (Scopri di più su:
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Roberto Mancini
La stupidità al potere. Sembrerebbe una legge di natura, ma non può essere, vista l’intelligenza della medesima. Si tratta invece di una di quelle fatalità solide eppure soltanto costruite per l’effetto incrociato delle inerzie, delle mediocrità, dell’incuria degli umani nella misura in cui disattendono la loro umanità. Intelligenza e potere sono inversamente proporzionali. Lo si può constatare in ogni ambiente: nelle scuole e nelle università, nelle comunità religiose e nelle istituzioni politiche, nei media e nelle aziende. Non esistono eccezioni, giacché quando una persona intelligente e buona giunge a un ruolo di grande responsabilità, allora è il potere a essere trasformato: diviene servizio, cura del bene comune, gestazione di migliori condizioni di vita, “arte di produrre fatti nuovi” come diceva Danilo Dolci.
I grandi leaders spirituali e politici che hanno alimentato la speranza nella storia non si sono lasciati schiavizzare dal potere, piuttosto lo hanno spezzato come si spezza il pane, lo hanno condiviso e trasfigurato, facendone un mezzo di liberazione per risolvere i problemi comuni. Certo, sono esempi ancora rari. Per lo più a prendere le decisioni rilevanti per le collettività trovi quasi sempre non la persona più illuminata, ma individui specializzati nelle attitudini del potere verticale, quello che si usa al di sopra degli altri. Parlo dell’abilità nel calcolare i vantaggi per sé, della furbizia, della spregiudicatezza, dell’opportunismo, del senso tattico, della durezza di cuore e, -naturalmente- della competitività. Si potrebbe ritenere che tale fatalità sia inesorabile nel campo dell’economia, ma a me sembra che essa pesi soprattutto nell’ambito della politica. Una delle principali cause della desertificazione in questo campo sta proprio nella stupidità degli individui che comandano -qui questo brutto verbo è d’obbligo-, cosicché la partecipazione democratica, la capacità di cooperare e la facoltà di prendere decisioni insieme senza fare vittime restano inibite in partenza.
È un problema che dev’essere affrontato, poiché senza una sintesi politica e un processo democratico che traduca in atto le migliori intuizioni, non c’è progetto di altreconomia che possa realizzarsi. Non è un caso che molti programmi di transizione in tale direzione -da quello della bioeconomia di Nicholas Georgescu-Roegen a quello dell’economia sostenibile di Herman Daly sino al progetto della decrescita di Serge Latouche- mancano di indicazioni proprio nella parte relativa al cambiamento politico. Quando si arriva a questa frontiera sinora invalicata tutti balbettano. È tempo di trovare soluzioni inedite evitando la tentazione di disinteressarsi della politica. Ma come avviare un’azione efficace di democratizzazione?
Quanto ho detto sinora sembra chiudere ogni spiraglio. Eppure questa lettura sarebbe sbagliata. Si può pur sempre invertire la tendenza partendo dalle esperienze più vicine a noi. Si tratta infatti di svolgere pazientemente il percorso contrario: se la passione per il potere rende stupidi, la tenace costruzione di percorsi di trasformazione della vita civile risveglia il pensiero collettivo e fa sorgere persone-guida democratiche. Quando partecipiamo a una rete di tutela dei beni comuni, a un movimento di liberazione, a una vicenda politica di effettiva risposta ai diritti delle persone, stiamo bene attenti a riconoscere le persone-guida. Affianchiamole, aiutiamole a mantenersi lontane dall’ambizione narcisista, sollecitiamo gli altri a comprendere quanto sia importante la loro funzione.
La costruzione dal basso di una leadership democratica diffusa, anziché la delega a un capo autoritario, è una dinamica a cui di rado si presta attenzione, ma coltivare questa possibilità è decisivo. Del resto non è detto che l’emergere di molte guide democratiche sia destinato a restare un fenomeno locale, disseminato esclusivamente nei mondi vitali quotidiani. Non è un dato trascurabile il fatto che oggi ai vertici delle istituzioni repubblicane (dalla Presidenza della Camera a quella del Senato, sino alla Presidenza della Repubblica) e anche al vertice della stessa Chiesa cattolica ci siano persone autorevoli per intelligenza etica, capacità di servizio e lealtà verso il bene comune. Unita alla rigorosa adozione di un metodo di giustizia sistematica verso la dignità di chiunque, la crescita di persone di riferimento per l’azione collettiva potrà trasformare l’ambito oggi più resistente alla democratizzazione: la politica.