Legambiente: «Ora liberiamo le Fer da burocrazia e barriere all'autoproduzione». Fonti pulite in tutti i municipi italiani, in 10 anni passati dal 15,4 al 38,2% dei consumi elettrici.
Il decimo rapporto Comuni Rinnovabili di Legambiente, realizzato con il contributo del Gruppo Asja e in collaborazione con il Gsee, analizza la mappatura delle rinnovabili in Italia e la loro crescita costante sul territorio e sottolinea che «negli ultimi dieci anni le fonti rinnovabili hanno contribuito a cambiare il sistema energetico italiano. Oggi gli impianti sono presenti in tutti gli 8.047 Comuni italiani, con una progressione costante: erano 6.993 nel 2009, 3.190 nel 2007, 356 nel 2005 e con risultati sempre più importanti di copertura dei fabbisogni elettrici e termici locali».
Le cifre sono davvero impressionanti: nel 2014 le rinnovabili hanno contribuito a soddisfare il 38,2% dei consumi elettrici complessivi dell’Italia – nel 2005 arrivavano al 15,4% – e il 16% dei consumi energetici finali (il 5,3% nel 2005)». Il Cigno Verde sottolinea che «oggi l’Italia è il primo Paese al mondo per incidenza del solare rispetto ai consumi elettrici (ad aprile 2015 oltre l’11%), e si è sfatata così la convinzione che queste fonti avrebbero sempre e comunque avuto un ruolo marginale nel sistema energetico italiano e che un loro eccessivo sviluppo avrebbe creato rilevantissimi problemi di gestione della rete».
In soli tre anni la produzione di energia da fonti rinnovabili è passata da 84,8 a 118 TWh, mentre ormai sul territorio italiano ci sono 80.000 impianti elettrici e termici ad energie rinnovabili, «sempre più spesso integrati con smart grid e sistemi di accumulo o in autoproduzione, che oggi sono la frontiera dell’innovazione energetica nel mondo – evidenziano gli ambientalisti – Attraverso il contributo di questi impianti, e il calo dei consumi energetici, l’Italia ha ridotto le importazioni dall’estero di fonti fossili, la produzione dagli impianti più inquinanti e dannosi per il clima (nel termoelettrico -34,2% dal 2005) e si è ridotto anche il costo dell’energia elettrica».
Secondo Edoardo Zanchini, vice presidente di Legambiente, «questi risultati dimostrano quanto oggi uno scenario energetico incentrato su fonti rinnovabili e efficienza energetica sia già realtà e nell’interesse di un Paese come l’Italia. Ora occorre aprire una seconda fase di questa rivoluzione energetica dal basso che possa cogliere tutte le opportunità legate alla riduzione dei costi delle tecnologie, eliminando tutte le barriere che oggi questi progetti si trovano di fronte».
Infatti, anche se nel 2014 sono aumentate le installazioni per tutte le fonti, il rapporto evidenzia che «i ritmi di crescita sono purtroppo molto inferiori rispetto al passato: per il fotovoltaico negli ultimi due anni sono stati installati 1.864MW contro i 13.194 del biennio 2011-2012, nell’eolico sono stati installati 170MW nel 2014 contro una media di 770 degli anni passati, stessi dati per il mini idroelettrico e le altre fonti. Le ragioni di questa situazione sono due, la prima riguarda l’assenza di procedure chiare per l’approvazione dei progetti che blocca gli impianti eolici (per quelli offshore ancora nessun impianto è stato realizzato a fronte di 15 progetti presentati), solari termodinamici, da biomasse, mini idroelettrici, geotermici. La seconda ragione sta nella totale incertezza in cui il settore si trova a seguito di interventi normativi che in questi anni hanno introdotto tagli agli incentivi, barriere e tasse senza al contempo dare alcuna prospettiva chiara per il futuro».
Un allarme fatto proprio da Agostino Re Rebaudengo, presidente di assoRinnovabili e di Asja Ambiente Italia. «Gli operatori nazionali ed esteri chiedono, per continuare a investire nel nostro Paese, regole chiare, certe, stabili nel tempo e che, soprattutto, siano coerenti con un preciso disegno di politica energetica di lungo periodo. All’incertezza si aggiungono, inoltre, gravi e numerosi ritardi nell’emanazione di decreti e regolamenti attuativi che rendono, di fatto, le norme approvate inapplicabili o che, nelle ipotesi peggiori, costringono i destinatari a effettuare scelte economicamente importanti, senza essere in possesso di tutte le informazioni di dettaglio indispensabili».
Senza dimenticare che per l’Italia si è già aperta la fase due delle rinnovabili: i generosi incentivi al fotovoltaico sono già un ricordo, ma a partire dal quest’anno comincerà a ridursi in toto il peso degli incentivi in bolletta legati agli impianti (al ritmo di -800 milioni di euro all’anno). Il mercato inizia a sorreggersi da solo, ma passi falsi adesso potrebbero comportare la perdita di gran parte del terreno faticosamente conquistato in questi anni.
Ecco perché, nel Green Act del governo che vulgata vuole pronto per giugno (anche se ieri il presidente della commissione Ambiente della Camera ha dichiarato che un testo di legge ex novo non vedrà la luce), Legambiente chiede di non lasciare il percorso a metà: le proposte all’esecutivo renziano prevedono di cancellare tutti i sussidi alle fonti fossili e introdurre una carbon tax; introdurre nuove e chiare regole per la valutazione dei progetti da fonti rinnovabili; cancellare le barriere all’autoproduzione e distribuzione di energia prodotta da fonti rinnovabili; promuovere innovazioni nel mercato elettrico che permettano alle rinnovabili di competere, e dunque investire nelle reti energetiche.
Si tratta di una strada ancora lunga e difficile, ma la più chiara per fare dell’Italia un paese a energia rinnovabile. Nel mentre sarebbe già molto non perdersi per la via, e magari ricordarsi che accanto alla rinnovabilità dell’energia dovrebbe affiancarsi anche quella della materia. Ma questa è un’altra storia: altro che fase due, su questo fronte l’Italia neanche ha pensato di inaugurare la fase uno, quella degli incentivi.
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