Condivisione di strumenti innovativi e accesso al credito: questo è il vero pane che può far crescere il Terzo Settore in Italia. Accompagnandolo verso una gestione economica responsabile. Il no profit ha ancora molto da esprime per il bene comune italiano. E il mondo del credito non può esimersi dall’esprimerne appieno il suo ruolo attivo nella società. (http://www.benecomune.net/articolo.php?notizia=1847)

Marco Morganti

L’economia del bene comune, come emerge dall’ultimo Censimento ISTAT realizzato nel 2011, evidenzia una realtà economica fortemente in crescita e con numeri sorprendenti: 5 milioni di volontari, 1 milione di lavoratori retribuiti, 300.000 organizzazioni, 64 miliardi di entrate e un vastissimo impatto sul PIL del Paese. Impatto non limitabile al solo aspetto economico, ma esteso alla generazione di benessere e tenuta sociale al servizio di 32 milioni di cittadini, che il settore pubblico per svariate ragioni non è più nelle condizioni di servire. Tutto questo non nasce dal nulla e il pensiero cattolico ha contribuito in modo rilevante alla sua nascita e a definire la sua conformazione; infatti, le opere sociali della Chiesa operano quasi da due millenni al servizio delle persone, basti pensare alle Misericordie o al sostegno dato ai meno abbienti da parte degli ordini religiosi sin dalla loro origine. Tutto questo ha le sue radici nel Vangelo.

La celebre parabola della vigna [Mt, 20,1-16], in cui l’operaio che giunge all’ultima ora riceve lo stesso compenso di chi ha lavorato tutto il giorno può far pensare che il padrone si faccia responsabile di un’autentica ingiustizia sociale; invece, la chiave di volta si ritrova nella sua sensibilità e, andando nella piazza a diverse ore del giorno, incontra sempre diverse persone in cerca di lavoro: non si sofferma sulla loro affermazione professionale, sulla loro esperienza, ma sulla loro dimensione di bisogno e su come, riscattati, possano contribuire al miglioramento della sua vigna.

Nel mondo della finanza, spesso ci si sofferma su criteri strettamente economici e così l’accesso al credito viene limitato a chi può dare garanzie reali, escludendo una porzione importante di soggetti. Esigenza di accesso che possiamo ritrovare in un altro passaggio importante: il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci [Gv, 6,1-15]. Infatti, prima che avvenga il miracolo che sfamerà migliaia di persone, Gesù guardando la vasta folla convenuta si preoccupa: "Dove potremo comprare il pane per loro?". C’è una fame economica, che è anche fame di una cittadinanza, che il mondo finanziario non può lasciare inascoltata.

Per questa ragione, sin dalla sua nascita, Banca Prossima ha integrato il modello di rating di intesa Sanpaolo con il giudizio strutturato nonprofit, che valuta aspetti immateriali specifici del nonprofit laico e religioso e genera un ampliamento dell’accesso al credito pari al 30% e mantenendo un’ottima qualità del credito. Inoltre, almeno la metà degli utili della banca sono destinati a un fondo di garanzia che aumenta ancora l’accesso al credito dei soggetti più fragili. La banca “va oltre sé stessa”.

La responsabilità verso la società non è limitabile alla sola finanza; infatti, in questi anni, sono cresciute le iniziative di tale natura promosse dalle imprese. Questi interventi sono spesso delle erogazioni liberali a favore di iniziative territoriali promosse da organizzazioni nonprofit. Interventi meritevoli, ma limitati a pochi casi. Come banca, assieme alla nostra fondazione di impresa FITS!, proponiamo alle aziende di utilizzare le loro risorse come un fondo di garanzia; tale scelta permette alla banca di erogare finanziamenti a favore di più soggetti, incrementando ulteriormente l’impatto sociale delle impresa sul territorio.

È questa condivisione di strumenti innovativi e accesso al credito il vero pane che può far crescere il Terzo Settore in Italia, accompagnandolo verso una gestione economica responsabile. Il Terzo Settore ha ancora tanto da esprime per il bene comune italiano. E il mondo del credito non può esimersi dall’esprimerne appieno il suo ruolo attivo nella società.

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