«Per una nuova tragedia di così vaste proporzioni – afferma Gianni Bottalico, presidente nazionale delle Acli – valgono le dure parole pronunciate dal Capo dello Stato Mattarella nella sua visita al Papa sul dramma dei profughi che tentano di approdare sulle nostre coste. Con quelle vite spezzate “si compromette la dignità della comunità internazionale”.
E in particolare insieme a questi nostri circa 700 fratelli e sorelle periti la notte scorsa nelle acque del Canale di Sicilia c'è il naufragio anche dell'Europa che è doppiamente colpevole: primo per non aver assunto il programma "Mare nostrum" a livello di Unione europea, come da noi chiesto alla scadenza di questo programma.
E secondo: per non aver agito con fermezza e chiarezza nel combattere la destabilizzazione di vaste zone dell'Africa, a cominciare dalla Libia, e del Medio Oriente. Ha ragione il presidente della commissione Affari esteri del Senato, Casini, quando sostiene che dobbiamo 'lavorare accanto a Bernardino Leon per arrivare a un governo che ci dia la possibilità di parlare con uno Stato. Perché questo stato libico ora non c’è”. Ma non c'è perché alcuni stati europei nel 2011 lo hanno disintegrato con la guerra, arrivando anche ad armare gruppi terroristici.
Non aspettiamo – conclude il presidente delle Acli – che sia il resto del mondo a giudicarci, l'Europa riconosca i suoi gravi errori, avvii immediatamente un programma europeo di soccorso per i migranti nel Mediterraneo e si dimostri ferma, autonoma e inflessibile verso quegli stati che fomentano la destabilizzazione e che nella lotta al terrorismo non appaiono privi di ambiguità, perché tragedie come questa non abbiano mai più a ripetersi».
«Come già in altre occasioni – commenta Antonio Russo responsabile Immigrazione della presidenza nazionale delle Acli – ci si chiede se questo ulteriore dramma poteva essere evitato e se la salvezza delle vite umane è ancora la misura delle politiche europee. O se invece, a fronte di un’emergenza umanitaria che sta assumendo le caratteristiche di una vera e propria lacerante ferita della storia dell’umanità, non si sia scelta la strada più semplice dell’omissione preventiva».