Il commento di Nico Lotta, presidente del VIS. Ieri la Corte Suprema Israeliana ha emesso la sentenza definitiva sul Muro di Cremisan rigettando il percorso del muro proposto da Esercito e Ministero della Difesa Israeliani e di fatto ammettendo il ricorso delle Suore di Cremisan e degli abitanti di Beit Jala.
La Corte ha chiesto alle autorità militare israeliana di considerare altre alternative meno dannose per la popolazione locale e per i monasteri siti nella valle. La Corte ha confermato che il percorso suggerito dalla Difesa israeliana non è l’unica alternativa in grado di assicurare la sicurezza e di provocare meno danni possibili. Le autorità militari dovranno quindi considerare percorsi del muro alternativi che siano meno dannosi per la popolazione e per i Monasteri e in ogni caso dovranno emettere un nuovo ordine militare contenente la decisione di costruire con relativo nuovo percorso. I Giudici hanno inoltre ricordato che tale ordine militare potrebbe comunque essere impugnato dalla popolazione interessata dal provvedimento.
Nico Lotta, presidente del VIS, commenta così la decisione della Corte: “Questa sentenza fa tornare la giustizia sulla valle di Cremisan e ferma la costruzione di un muro che avrebbe confiscato ingiustamente una vasta area di terre di proprietà delle famiglie di Beit Jala e delle comunità salesiane di Cremisan. Aspettavamo con ansia che la Corte si pronunciasse e abbiamo sempre nutrito la speranza che la giustizia fermasse la costruzione del muro di separazione. Il muro non risolve i problemi di sicurezza israeliani e viola i diritti degli abitanti della zona, primi fra tutti quello dell’accesso alla terra e della liberta di movimento.”
ll VIS è presente in Palestina dal 1986 e, al fianco delle locali comunità salesiane, si è occupato principalmente di educazione a beneficio dei giovani palestinesi. Dal 2008 realizza a Cremisan il progetto “Territori DiVini” di rilancio della azienda vitivinicola omonima con l’obiettivo di creare un reddito da reinvestire nelle opere educative Salesiane in Palestina e di generare posti di lavoro e know how a vantaggio della popolazione locale. Il progetto è accompagnato da una attività di ricerca sui vitigni autoctoni palestinesi e di promozione dell’agrobiodiversità in collaborazione con l’Università di Trento e l’Università di Hebron.