Economia, lavoro, democrazia, disuguaglianza e povertà sono le parole chiave, risuonate a Genova e a Napoli, quando con la collaborazione delle Acli regionali abbiamo verificato e rilanciato i temi dell’Incontro nazionale di Studi.

Scritto da Andrea Casavecchia

L’economista Lorenzo Caselli e la sociologa Enrica Morlicchio, insieme ai responsabili provinciali e regionali invitati, hanno offerto il loro contributo.

Con Il lavoro non è finito abbiamo individuato alcuni processi da considerare e da affrontare per recuperare il senso del lavoro e le coordinate di un’economia buona e giusta:
  • secessione delle élites e crescita delle disuguaglianze interne agli Stati nazionali, marginalizzazione europea e italiana all’interno delle dinamiche globali;
  • limiti di un lavoro improntato alla mera efficienza e al consumo che deve combattere il riduzionismo economicista come quello nostalgico e cinico;
  • ricerca di senso al lavoro attraverso il racconto, la professionalità del ben fare, lo spazio della festa e la conciliazione tra lavoro per vivere e lavoro creativo – lavoro pagato e lavoro donato;
  • opportunità organizzative e risorse delle alleanze territoriali.
I passi successivi sono stati quelli di confrontarci sul rapporto tra economia, lavoro, disuguaglianze e povertà. Emergono due questioni tra loro intrecciate:

La quadratura del cerchio

Ralf Dahrendorf negli anni Novanta pubblicò Quadrare il cerchio. Benessere economico, coesione sociale e libertà politica. Il saggio descriveva l’impossibilità per l’avvenire di conciliare i principi democratici di uguaglianza e libertà e mantenere i livelli di benessere economico per le società occidentali.

A Genova Lorenzo Caselli delinea un percorso per rendere possibile la quadratura di quel cerchio: occorre però spostare il centro dell’attenzione dai capitali all’uomo.

Caselli centra la sua riflessione sulla possibilità di ripensare l’economia a servizio delle società democratiche attraverso il recupero del valore lavoro. Il ragionamento parte da due consapevolezze: da un lato che «l’economia è tanto invadente, quanto impotente rispetto ai problemi che abbiamo sul tappeto»; dall’altro che non esiste solo il neoliberismo, esistono più capitalismi e più economie di mercato.

Oggi, perché sia possibile uno sviluppo nelle società democratiche la politica deve assumere il suo ruolo guida: l’azione va diretta alla soluzione della dicotomia tra inclusi ed esclusi, alla ricerca di equilibrio tra democrazia rappresentativa e democrazia partecipativa; all’introduzione di pratiche democratiche dentro le aziende, perché l’impresa venga vista come community, dove conta chi è presente nei processi di produzione o di decisione, e non come commoditiy, dove contano esclusivamente gli azionisti.

Aggiunge Caselli che «economia sociale di mercato, democrazia economica e partecipazione sono tra loro connesse. Si potenziano reciprocamente e possono fare sinergia». Questa sinergia può emergere attraverso 5 manifestazioni.
  • Esigenza di un mercato plurale: accanto all’impresa capitalistica si possono radicare organizzazioni differenti che dovrebbero conservare la loro identità. C’è un’imprenditorialità che guarda al ben-essere più che al ben-avere. La Caritas in Veritate parla di imprenditorialità plurivalente. La molteplicità dialogante di soggetti rende il mercato più civile e più competitivo, oltre a stimolare una maggiore responsabilità sociale.
  • Forza della domanda: il mercato è composto da offerta ma anche da domanda. Noi siamo la domanda. Nella misura in cui ci organizziamo possiamo condizionare in modo più o meno determinante gli andamenti di consumo, di risparmio, di investimento.
  • Soddisfazione dei bisogni sociali: creare le condizioni perché la domanda di welfare, di vita buona possa essere manifestata, perché da potenziale possa diventare effettiva. Questo significa garantire la pluralità dei soggetti di offerta dei vari servizi.
  • Gestione partecipata dei servizi pubblici e più in generale dei beni comuni. Le imprese, le organizzazioni che gestiscono servizi pubblici dovrebbero prevedere la presenza di rappresentanti dei lavoratori e degli utenti/cittadini negli organi decisionali e più in generale investire nella trasparenza perché siano possibili il controllo e il coinvolgimento delle comunità territoriali.
  • Codeterminazione e cogestione dei lavoratori.
Circa l’ultima manifestazione - spiega Caselli - il sindacato può giocare un ruolo importante, c’è una versione leggera di partecipazione, c’è una versione forte della partecipazione: al governo, decisioni, funzionamento, partecipazione collettiva al capitale sociale. I dipendenti possono partecipare agli organi societari sia in quanto lavoratori (modello tedesco) sia in quanto azionisti (azionariato dei lavoratori).

Il coinvolgimento del lavoro nella governance presenta positività: conferisce stabilità e radicamento all’impresa evitando un capitalismo svincolato dal territorio, lavoratori attenti allo sviluppo dell’impresa e alla qualità della produzione, creare benessere per tutti gli stakeholder concorre al valore economico, creazione di clima di fiducia e consenso, si creano risorse addizionali nell’impresa e nella contrattazione, questa presenza si inserisce a pieno titolo nell’economia sociale di mercato.


La povertà: questione di famiglia e di lavoro

La crescita della povertà è indicatore di un aumento delle disuguaglianze nel nostro Paese. bisogna però distinguere le diverse origini del fenomeno per intervenire.

A Napoli Enrica Morlicchio descrive attraverso la presentazione di dati da lei elaborati, le peculiarità delle condizioni di povertà in Italia. Innanzitutto sono stati distinti vulnerabilità e marginalità sociali. La sociologa richiama Ermanno Gorrieri che affermava: «non confondiamo la povertà (deprivazione) con il restringimento dei consumi (impoverimento del ceto medio)».

Il primo tratto della povertà è relativo alle condizioni di lavoro delle persone: avere un lavoro oggi non indica essere fuori dalla condizione di povertà; il secondo tratto, strutturalmente italiano, riguarda il principale soggetto interessato: le famiglie con figli, mentre nel resto d’Europa il fenomeno coinvolge soprattutto i nuclei monogenitoriali. Dentro queste due coordinate si collocano gli elementi su cui la crisi ha avuto più influenza:
  • Riduzione dell’occupazione: la disoccupazione oggi colpisce anche gli uomini e quando il reddito principale viene compromesso per una famiglia si apre la voragine della povertà;
  • Crescita della quota di sotto occupati concentrata soprattutto nel Mezzogiorno;
  • Aumento dell’incidenza dei lavoratori part-time sul totale degli occupati che non è una scelta per la conciliazione vita-lavoro ma un obbligo vista la grande disponibilità – rilevata – ad ampliare il proprio orario di lavoro, fino ad arrivare al tempo pieno;
  • Coinvolgimento in occupazioni a tempo determinato di donne e di uomini nei lavori, che rende più vulnerabili i nuclei familiari;
  • Assenza di un reddito di inclusione sociale che mostra come il ricorso alla cassa integrazione a 0 ore tra il 2008 e 2011, cresciuto in modo esponenziale, sia diventato un surrogato di una diversa misura;
  • Mutamento delle caratteristiche delle persone in povertà relativa: negli anni della crisi ad esempio cresce l’incidenza delle famiglie con operai dipendenti- dal 14,5% al 17,5%.
La Morlicchio evidenzia alcune tendenze: la povertà è molto legata al territorio; nel Sud emerge un processo di sostituzione del principale percettore di reddito, in quanto aumentano le donne capofamiglia che guadagnano meno e quindi si abbassano le disponibilità di consumo dei nuclei; i giovani passano dal lavoro irregolare all’emigrazione.

Infine si sottolinea l’importanza di scegliere una strategia nella lotta alla povertà che parta dalle caratteristiche strutturali; sarebbe possibile un salto di qualità se si attivassero processi di inserimento lavorativo efficaci e misure per la creazione di un reddito di cittadinanza, dato che sono le famiglie i soggetti più colpiti e la loro condizione nasce da un problema economico, rispetto ad altri soggetti colpite da altre situazioni di marginalità che richiedono interventi sociali più complessi.

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