Alcuni appunti sul Forum sociale. Quest’anno, vi erano meno partecipanti che nel 2013. Il numero di organizzazioni registratesi è stato invece comunque molto rilevante, anche se gli organizzatori non hanno ancora pubblicato dati ufficiali. Quello che è mancato è stato lo spirito dello scorso Forum sociale. «È stata una fiera in cui ciascuno porta la sua mercanzia, le sue idee, e gli spazi di convergenza sono stati pochi» mi ha raccontato un attivista per i diritti umani algerino, Said Salhi. L’impressione di molti è che il Forum debba cambiare di formato e aprirsi ad altre realtà, altrimenti rischia di chiudersi a riccio. (
http://www.babel.cospe.org/2015/03/29/si-chiude-il-social-forum-2015-e-lascia-molti-interrogativi-di-gianluca-solera/)
di Gianluca Solera
«I movimenti transnazionali sono vivi, i sindacati attivi, le associazioni locali sono state più presenti. Dovremmo, però, ridurre le attività delle singole organizzazioni e favorire le convergenze e le riflessioni complessive sui temi di attualità, anche utilizzando la plenaria » mi spiega Raffaella Bolini, membro del Consiglio direttivo del FSM.
Purtroppo, quest’anno vi sono stati anche degli incidenti: tra questi, quello provocato dalla delegazione sponsorizzata dal governo algerino, giunta per offuscare la presenza di attivisti dell’opposizione, e quello orchestrato da gruppi di facinorosi pro-regime siriano e pro-Hezbollah che cercavano di ostacolare le attività di solidarietà con la rivoluzione siriana. Il Forum deve aprirsi a nuove realtà, ma deve essere chiaro e severo con i sobillatori, deve distinguere e non permettere a questi gruppi di creare disordine.
Personalmente, credo che sia non solo una questione di formato, ma anche di strategia politica e di infrastrutture. C’è il rischio che l’Altermondialismo diventi l’affare di una frangia ristretta, di nicchia, per questo dovrebbe preservare la natura di spazio di scambio e convergenza di movimenti sociali provenienti da diverse parti del mondo, da un lato, e diventare anche spazio di confronto con altri attori, politici, economici, e religiosi, e con realtà culturali che si interrogano sull’attualità e non provengono dall’arena dell’Altermondialismo, d’altro lato.
Infine, deve evolvere verso la messa in piedi di strutture permanenti di sostegno delle comunità di attivisti oltre l’incontro estemporaneo che ha luogo ogni due anni: per la formazione e lo sviluppo delle capacità di azione cittadina, lo scambio di buone pratiche, l’assistenza legale, la mobilità degli attivisti, la diffusione di un’informazione alternativa, la riflessione strategica e la valutazione dell’efficacia delle iniziative popolari.
L’iniziativa sulla Cittadinanza mediterranea è, in un certo senso, un tentativo di risposta su scala regionale alla necessità di strutturare una società civile trans-nazionale, di dotarla di massa critica e di strumenti per portare avanti un progetto politico condiviso, di allargare lo spazio del confronto e del dialogo avendo a cuore la sorte del Mediterraneo e delle sue nazioni e comunità al di là dei paradigmi ideologici. Non so se riusciremo a piantare radici, ma credo che sia un percorso obbligato, ed è quello che mi auguro anche per la famiglia del Forum sociale mondiale.