La mafia non è più – ammesso che lo sia mai stato – una questione che riguarda solo certe zone, territori, persone ma è una questione nazionale e purtroppo anche internazionale. Ma come diceva Giovanni Falcone riferendosi alla lotta alla mafia: “Si può sempre fare qualcosa”.

Scritto da Fabio Cucculelli

I fenomeni mafiosi hanno origine antica, nascono dall’incapacità dello Stato unitario di integrare nella società capitalistica la borghesia rurale e le plebi urbane meridionali. Una lacuna strutturale che attraversa, da oltre centocinquanta anni, la storia d’Italia. Questo dato di tipo storico ci aiuta a fare chiarezza ma da solo non è sufficiente a comprendere cosa è accaduto in questi lunghi anni.

Come osserva lo storico Marcello Ravveduto, impegnato in prima persona per promuovere la cultura della legalità, “grazie alla loro capacità adattiva le mafie si sono adeguate ai diversi mutamenti e alle azioni di contrasto degli apparati statali. Questa lunga durata ha generato una sovrapposizione tra Stato e mafie che non riguarda solo l’ordine pubblico e la punizione dei delinquenti ma qualcosa di più profondo: il condizionamento della mentalità collettiva e delle relazioni comunitarie”.

Mafia, 'ndrangheta, camorra, sacra corona unita non sono solo manifestazioni criminali. In questi fenomeni c'è qualcosa di più profondo, di più radicato e radicale. Qualcosa che, contemporaneamente, coglie l'individuo e la collettività, la memoria di ciò che è stato e la più sfrenata voglia di costruire l'impero che verrà, l'io e il noi.

L’approfondimento del mese di marzo proposto dal sito www.benecomune.net sul tema: “La legalità è cosa nostra. Si può contrastare il fenomeno mafioso” rappresenta un modo per rinnovare una dichiarazione d'intenti: a noi, di comune, piace il bene.

L'Italia si può riscattare solo con il suo avvicinarsi più possibile alla linea della legalità, col sentire – come osserva Roberto Rossini nell’editoriale - la legge come fatto proprio, essenziale, costitutivo, identitario: nostro. Insomma, a sentire la legalità come cosa nostra.

Abbiamo chiesto a storici (Marcello Ravveduto), psichiatri (Giuseppe Laganà e Pia De Silvestris), architetti (Mara Filippi), sociologi (Antonio La Spina) magistrati (Gaspare Sturzo) e ad esponenti della società civile impegnata in prima linea nella lotta contro la mafia (Antonio Russo) di aiutarci a comprendere ognuno dal proprio punto di vista, arricchito dal vissuto personale, il fenomeno mafioso in tutte le sue dimensioni.

Ne esce un quadro ricco e suggestivo, competente e appassionato, che analizza in modo complesso e originale il fenomeno mafioso, senza trascurare il tema delle strategie di contrasto. L’approfondimento, in questo caso, è integrato anche dalle rubriche del sito: da Pensieri, come quello di Giulio Seminara, sull’antimafia siciliana, da Parole, come Antimafia e da Opere, specificatamente la bella recensione del film Anime nere – da cui abbiamo preso in prestito un’immagine che fa da copertina del focus – curata dal critico cinematografico Massimo Giraldi.

Il percorso dell'antimafia può incontrare successi e insuccessi, che in alcuni casi possono prendere derive preoccupanti, ma siamo altresì convinti che tale percorso vada sostenuto perché la legalità faccia crescere una nuova stagione democratica e di sviluppo economico. L'antimafia non si fonda solo sulla repressione, ma su un’intelligente ed attenta analisi della struttura mafiosa.

Una cosa è certa: per sconfiggere la piovra, la "mala bestia mafiosa" come diceva don Luigi Sturzo, serve l’impegno di tutti. Serve una nuova resistenza, non solo degli uomini in prima linea come e i magistrati, i poliziotti, gli uomini di Chiesa; serve un impegno culturale, educativo, sociale, civile, politico che non può essere delegato a qualcun’altro.

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