La sostenibilità sociale, finanziaria ed ambientale della creazione di valore economico è la sfida principale della società globale. E’ su questo terreno che dobbiamo misurare la nostra capacità generativa. (http://www.conmagazine.it/2015/03/11/la-generativita-e-la-nuova-forma-della-democrazia/)

Leonardo Becchetti

Non è l’anagrafe a fare la qualità e la generatività dell’azione politica ma la sostanza. Uno dei migliori riferimenti a ciò che può essere sostanza in politica è un passo tra i più belli dell’esortazione di Papa Francesco Evangelii Gaudium dove si afferma che “Uno dei peccati che a volte si riscontrano nell’attività socio-politica consiste nel privilegiare gli spazi di potere al posto dei tempi dei processi. Dare priorità allo spazio porta a diventar matti per risolvere tutto nel momento presente, per tentare di prendere possesso di tutti gli spazi di potere e di autoaffermazione. Significa cristallizzare i processi e pretendere di fermarli. Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi. […] Si tratta di privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici. Senza ansietà, però con convinzioni chiare e tenaci.”

Per avere il coraggio di agire politicamente dobbiamo innanzitutto abbandonare i pessimismi cosmici, imparare a contemplare il cammino della storia e del tempo e la capacità della Provvidenza di scrivere nelle linee storte tracciate dall’uomo. “In questi ultimi tempi il mondo si è degenerato al dì là di ogni immaginazione; la corruzione e l’insubordinazione sono diventate cosa comune; i figli non obbediscono più ai genitori e ormai non può che essere imminente la fine del mondo” ricordava Bachelet citando l’iscrizione di una tavoletta assira del 2800 a.c. circa!

Se ci confrontiamo con l’uomo di un secolo fa, alla vigilia della prima guerra mondiale ci rendiamo conto del progresso spettacolare scientifico, economico e sanitario dell’ultimo secolo. Allo stesso tempo come in ogni epoca, siamo chiamati a lottare per abbattere i nuovi muri di Berlino che si frappongono sul cammino verso il bene comune. Una questione chiave è trasformare il rigore in rilancio della domanda aggregata. Convincendo i nostri partner europei che vivere nel cono d’ombra del rigore rischia di far fallire il progetto della moneta unica allargando gli spazi di occupazione dell’economia del sommerso e della criminalità che non soffre di vincoli di liquidità. Se vogliamo evitare che la globalizzazione si trasformi in una corsa al ribasso su diritti e ambiente abbiamo sempre più bisogno di protezione “etica”. Che premi, in Europa e in Italia, le filiere produttive socialmente ed ambientalmente sostenibili attraverso la fiscalità e le regole degli appalti. La “libera concorrenza” tra un’impresa foraggiata dalla criminalità, e che fa leva sull’insostenibilità sociale ed ambientale delle sue pratiche, con una che rispetta tutte le regole è una mera illusione che farà vincere senz’altro la prima o costringerà la seconda a mettersi sul suo stesso piano.

Per raggiungere questi obiettivi dobbiamo prendere nota della nuova forma della politica. Che non si salva se cittadini e imprese prive di ogni senso civico pretendono tutta l’etica da istituzioni imperfette, non sempre benevolenti e spesso a rischio di cattura dei regolati.

Il vecchio modello a due mani che si fonda solo sull’azione della mano invisibile del mercato e di quella visibile delle istituzioni alle quali si chiede di essere eroicamente benevolenti, perfettamente informate e così forti da non essere catturate dai regolati non può funzionare. Le due mani da sole non ce la fanno a trasformare la somma di egoismi di cittadini e imprese in bene comune. Soprattutto oggi che le imprese sono spesso più grandi degli stati e lo sforzo per evitare la cattura si fa più difficile. C’è bisogno di muovere verso un sistema a quattro mani dove le due tradizionali vengono aiutate da quella delle imprese multistakeholder e dei cittadini consumattori. Le imprese multistakeholder sono tutte quelle (cooperative, etiche, solidali,for profit socialmente responsabili) che creano valore in modo sostenibile evitando il dogma della massimizzazione del profitto che finisce per anteporre gli intessi dei grandi azionisti a quello di tutti gli altri portatori d’interesse (clienti, lavoratori, comunità locali). I cittadini consumattori sono quelli che imparano ad usare politicamente l’enorme potere delle loro scelte di consumo e di risparmio.

La nuova forma della democrazia è una fiamma ravvivata dall’azione dal basso dei cittadini responsabili che votano col portafoglio, col mouse e attraverso quegli esercizi di senso civico che sono i mob (come quelli del movimento slot-mob nei quali in decine e decine di città italiane ci siamo recati a votare col portafoglio nei bar che hanno deciso di non avere al loro interno il gioco d’azzardo). E’ l’alleanza tra i cittadini responsabili e le imprese pioniere che può cambiare il mercato e che ridà coraggio e forza ad un’iniziativa politica sana (come è accaduto con la fioritura di iniziative e leggi dei comuni anti-azzardo). Il terreno dove questo nuovo è già visibile è quello dei consumi dei prodotti equosolidali e dei fondi d’investimento etici le cui quote di mercato sono in continua crescita. Il voto col portafoglio è un “già e un non ancora”. Ha prodotto dei primi risultati incoraggianti in settori particolari che fanno ben sperare per una sua diffusione progressiva a tutti gli ambiti della vita economica. L’ultimo rapporto Eurosif afferma che in Europa il 40 % dei fondi d’investimento votano col portafoglio utilizzando un qualche tipo di criterio di esclusione.

Nel Regno Unito oggi il caffè con marchio fairtrade è al 35 percento della quota di mercato. Il risultato è stato raggiunto perché imprese pioniere hanno cominciato a vendere questi prodotti e cittadini pionieri hanno iniziato ad acquistarli. Le imprese tradizionali che massimizzano il profitto a questo punto hanno ritenuto che la risposta più conveniente fosse quella di imitare parzialmente le imprese pioniere ed hanno inserito prodotti equosolidali nella loro gamma. Il mercato è così cresciuto tanto che oggi molti grandi attori della filiera offrono prodotti solidali. Il voto col portafoglio dunque non è solo una testimonianza ma è un’azione fortemente contagiosa. Esso può diventare un fenomeno di massa in quanto non richiede dosi di altruismo particolarmente elevate e per ciò stesso realizzabili solo da una parte limitata della popolazione. Basterà l’aumento della consapevolezza da parte dei cittadini che esso rappresenta un semplice atto di autointeresse lungimirante. Comprare un prodotto ambientalmente sostenibile vuol dire, infatti, ridurre i rischi di inquinamento e di riscaldamento globale che si materializzano già ora per noi e non solo un domani per le generazioni future. Comprare un prodotto socialmente sostenibile vuol dire dare un segnale ai mercati che saranno le aziende che sanno trattare meglio il lavoro a vendere di più, tutelando attraverso questo segnale noi stessi come lavoratori.

Le nuove tecnologie ci verranno sempre più in soccorso nei prossimi anni offrendo ai cittadini tutte le informazioni utili per “votare” sui prodotti che trovano negli scaffali dei supermercati. E attraverso la rete sarà per la prima volta possibile creare quella “wikieconomia” nella quale l’interesse disperso e distratto delle maggioranze potrà aggregarsi e prevalere contro quello di pochi ma concentrati interessi. Sono in molti oggi a vivere la fatica della speranza dopo anni di declino del nostro paese e sta a chi intravede orizzonti possibili ma lontani costruire i percorsi che ci conducono verso di essi ricostruendo le ragioni della fiducia.

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