Se la tecnologia è il più classico dei driver dello sviluppo e dell’innovazione, negli ultimi anni l’innovazione tecnologica si è sempre più profondamente orientata al soddisfacimento di bisogni sociali; le tecnologie progettate per generare un impatto sociale sono infatti sempre più numerose e disponibili. A partire dagli hitech a supporto della disabilità e per l’assistenza sociale, che si inseriscono a pieno diritto tra le innovazioni che contribuiscono a migliorare l’esistenza delle persone. (http://irisnetwork.it/2015/03/tecnologie-per-il-sociale/)

Si va dalle innovazioni per supportare le persone non vedenti attraverso la computer vision (è il caso di Horus, un assistente personale che poggiato a lato degli occhiali comunica all’utente informazioni sulla scena circostante; oppure EyeAssist, un software che permette di controllare un computer con il movimento degli occhi) all’assistenza sociale e domiciliare (come Badaplus, un’app dedicata agli assistenti familiari; DiogeneGPS, un sistema di sorveglianza per persone ad alto rischio di disorientamento; o ancora MediaHospital, una piattaforma multimediale di tele-riabilitazione).

C’è poi il filone di tecnologie per i disturbi del linguaggio e della comunicazione, come l’autismo. FifthElement è una piattaforma per aiutare chi è affetto da autismo grazie a una tecnologia nata per i videogames: sfrutta il naturale interesse dei bambini per la tecnologia per spingerli a fare attività cliniche presentate sotto forma di giochi. Progetto Treat di Behaviour Labs progetta social robot che aiutano i bambini autistici. Infine Blu(e) (Became Language’s User Experience) è un tablet progettato con una concezione che traspone in digitale gli ausili analogici attualmente utilizzati per la comunicazione aumentativa alternativa.

Fino alle tecnologie per il sostegno alla formazione, come The Social Book, un progetto per la realizzazione di libri digitali per ragazzi con disturbi nell’apprendimento.

Questa casistica illustra in realtà in modo limitativo un ecosistema sempre più vasto in grado di favorire il matching tra i bisogni sociali e sanitari e una disponibilità tecnologica che non ha pari nella storia.

Non a caso qualche settimana Fondazione Vodafone ha lanciato il concorso Think for Social, un bando da un milione di euro dedicato a chi vuole fare della tecnologia un volano di sviluppo sociale; il concorso (in scadenza il 30 aprile) vuole sostenere progetti di innovazione capaci di sfruttare le nuove tecnologie per rispondere al meglio ai bisogni sociali attuali e emergenti.

Anche la stampa recente è sempre più ispirata dall’emergere di casi #tech4social: dalle pontenzialità insite nelle startup innovative a vocazione sociale (Wired, Imprese sociali e hitech, boom nel 2015), ai casi sanitari più innovativi (La Stampa, L’innovazione italiana rende la Sanità iper-tech; Vita, I wearable che salvano la vita e la sanità pubblica), a casi concreti e curiosi (CheFuturo!, Vi presento i social robot che aiuteranno i bambini autistici; Il Sole 24 Ore, Pasti per anziani stampati in 3D).

Del tema si parlerà anche martedì prossimo a Milano, all’interno del GEC 2015 (Global Enterpreneurship Congress), con Tech4Social, un evento nato per mettere in contatto le imprese operanti nei servizi sanitari e sociali con le tecnologie innovative, al fine di creare un impatto sociale.

L’innovazione tecnologica socialmente orientata può generare un rilevante impatto sociale non solo per gli utilizzatori finali, ma anche per le imprese che le intercettano, soprattutto le imprese sociali. Da un lato le innovazioni hitech potrebbero personalizzare prodotti adatti a ridisegnare i servizi delle imprese sociali; dall’altro le stesse imprese sociali potrebbe giocare un ruolo cruciale nella customizzazione e mediazione tra la disponibilità tecnologica e i suoi potenziali utilizzatori. Imprese sociali che sono state, almeno fino ad oggi, impermeabili ai processi di innovazione tecnologica, forti della convinzione di essere al riparo dagli effetti – sia benefici che distruttivi – derivanti dall’adozione di apparti tecnologici. Si tratta infatti di organizzazioni incentrate sulla produzione di beni relazionali dove il fattore umano gioca un ruolo preponderante, se non esclusivo. Questa convinzione, assurta quasi a dogma, si sta però velocemente sgretolando.

L’impresa sociale può invece accreditarsi come mediatrice naturale tra l’emersione di nuovi bisogni e la disponibilità pressoché illimitata di tecnologie in grado di soddisfarli. Mondo sociale e tecnologico possono concorrere insieme alla produzione di valore sociale.

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