La situazione in Siria è drammatica: la guerra, scoppiata esattamente 4 anni fa, continua a far crescere il numero delle vittime e degli sfollati. Aumentano i soprusi e le violenze e purtroppo diminuiscono gli aiuti umanitari e sanitari. (
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"Questa guerra continua a vivere di una violenza brutale che non fa distinzione tra civili e combattenti, né rispetta lo status di protezione del personale e delle strutture sanitarie" a dirlo è Joanne Liu, presidente internazionale di Medici Senza Frontiere.
Oggi si contano 4 anni dall'inizio della guerra in Siria, 4 anni di orrore e disumanità: secondo l'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (SOHR), un'organizzazione non governativa con sede a Londra, sono 210.000 le persone uccise in questo conflitto (a febbraio 2015) e circa un terzo (70.000) sono civili, tra cui migliaia di bambini.
Il
rapporto Failing Syria - presentato da 21 agenzie e Ong internazionali, tra cui Save the Children -, oltre a documentare molte delle atrocità commesse sistematicamente, come stupri e violenze su donne e bambini, riporta i dati della diminuzione degli aiuti umanitari e riferisce che il numero degli sfollati interni alla Siria è incrementato del 26% nel 2014, mentre il
sito Syrian Refugees comunica che sono oltre 9 milioni i siriani sfollati (dato che il rapporto Failing Syria stima in quasi 12 milioni di persone), tra cui più di 3 milioni sono riusciti a fuggire per lo più in Turchia, Giordania, Libano e Kurdistan iracheno.
Gli aiuti umanitari, disperatamente necessari, non riescono a raggiungere milioni di persone bloccate dal conflitto. "È inaccettabile che l'assistenza umanitaria sia così limitata, quando il bilancio dei morti e la sofferenza dei civili hanno raggiunto livelli così insostenibili" ha detto Joanne Liu di Medici Senza Frontiere. Il sistema sanitario siriano è devastato da quattro anni di conflitto. L'accesso ai trattamenti medici di base è diventato praticamente impossibile, per la mancanza di forniture e personale medico qualificato o per gli attacchi contro le strutture mediche.
Dei circa 2.500 medici che prima del conflitto lavoravano ad Aleppo, la seconda città della Siria, meno di cento lavorano ancora negli ospedali rimasti aperti in città. Gli altri sono fuggiti, sono sfollati in altre aree del paese, sono stati rapiti o perfino uccisi. Il graduale deterioramento della situazione nel paese e l'incidente di sicurezza che ha visto cinque membri dello staff di MSF prelevati dal gruppo dello Stato Islamico nel gennaio 2014 hanno costretto MSF a ridurre le proprie attività nel paese. "Il grave incidente di sicurezza che ha coinvolto i nostri colleghi ha non solo imposto la chiusura delle strutture sanitarie nelle aree controllate dal gruppo dello Stato Islamico - ha spiegato Liu -, ma ha anche costretto MSF a ritirare lo staff medico internazionale dalla Siria, perché non abbiamo più la certezza che le nostre équipe siano al sicuro".
MSF continua comunque a gestire sei strutture mediche nel paese e ha costruito una rete di supporto per oltre 100 strutture mediche nelle aree controllate dal governo o dai gruppi non governativi. Queste reti consentono al personale medico siriano di lavorare, spesso in condizioni estremamente rischiose, per fornire un minimo di assistenza alla popolazione bloccata dal conflitto. Ma quest'azione di supporto, per quanto importante, è possibile solo in occasioni limitate ed è ben lontana dal rispondere agli enormi bisogni che devono affrontare le équipe mediche. Oltre al
lavoro in Siria, MSF offre assistenza ai rifugiati siriani in Libano, Giordania e Iraq.
"In Siria è disperatamente richiesto un intervento umanitario internazionale su ampia scala. MSF è pronta a parlare con tutte le parti del conflitto, come abbiamo fatto con successo in molti altri contesti, per garantire che gli aiuti arrivino ai civili e consentire a MSF di lavorare in modo sicuro ed efficace nel paese. Fino ad allora, le uniche ancore di salvezza a disposizione della popolazione sono le reti di medici e attivisti civili. Possiamo e dobbiamo fare molto di più per tutte le persone siriane coinvolte dal conflitto" ha concluso Joanne Liu.
A 4 anni dall'inizio del conflitto, infine, si apprende che l'83% di tutte le luci in Siria si è spento. A comunicarlo è la Coalizione #WithSyria, formata da 130 organizzazioni umanitarie tra cui Save the Children. La sconcertante realtà è emersa dall'analisi di alcune immagini satellitari, effettuata dagli scienziati dell'Università di Wuhan in Cina, in collaborazione con la Coalizione: dal marzo 2011 il numero delle luci visibili di notte in Siria si è ridotto fin quasi - in alcune zone del Paese - alla sparizione totale di esse.