Mercato del lavoro. Per ridurre le disuguaglianze, è fondamentale costruire e rafforzare le istituzioni del mercato del lavoro, perché, lasciate a loro stesse, le forze del mercato del lavoro non ne hanno la capacità. (
http://www.ilo.org/rome/risorse-informative/per-la-stampa/articles/WCMS_346721/lang--it/index.htm)
Editoriale di Janine Berg, economista, Organizzazione Internazionale del Lavoro
Apparentemente, il primo passo per risolvere un problema è di riconoscere l’esistenza di un problema. Ben vengano quindi i riflettori puntati sulle disuguaglianze e le preoccupazioni riguardo alle loro possibili conseguenze. Ora però dobbiamo concentrare l’attenzione su come invertire una evoluzione così inquietante.
Un nuovo studio,
Labour markets, Institutions and Inequality («Mercati del lavoro, istituzioni e disuguaglianze»), elaborato da esperti delle politiche dell’Ufficio Internazionale del Lavoro, sostiene che, per ridurre le disuguaglianze, ci vuole una azione politica concertata per rafforzare, se non addirittura per creare, in tutto il mondo istituzioni del mercato del lavoro e del benessere sociale.
Tali istituzioni sono necessarie perché le società eque con ampie classi medie non sono il prodotto naturale delle forze del mercato del lavoro.
Per iniziare, i paesi devono abbandonare l’idea sbagliata che la deregolamentazione del mercato del lavoro sia in grado di risolvere i problemi della sottoccupazione e della disparità di accesso al lavoro.
Abbassare il costo del lavoro non porta alla creazione di posti di lavoro. Ci vogliono invece politiche macroeconomiche per il commercio e gli investimenti a sostegno della creazione di posti di lavoro; in effetti, per ridurre le disuguaglianze, ci vuole un numero sufficiente di posti di lavoro.
Il mercato rispecchia i pregiudizi
Il mercato del lavoro non valuta i lavori in modo equo. In alcuni casi, la causa è una eccedenza di manodopera (o, in termini economici, a un eccesso dell’offerta).
In altri casi, il «mercato» rispecchia semplicemente i pregiudizi sociali contro alcuni mestieri o contro le persone che esercitano questi mestieri. Il lavoro domestico è forse il caso più emblematico di questi pregiudizi, ma ci sono molti altri esempi.
Se vogliamo un mercato del lavoro più equo, è necessario il sostegno delle istituzioni, in particolare il salario minimo, la contrattazione collettiva e una legislazione che garantisca parità di trattamento, indipendentemente dal tipo di contratto di lavoro.
È anche necessario il sostegno delle politiche pubbliche come i servizi sanitari nazionali e l’educazione della prima infanzia a un prezzo accessibile, per permettere ai genitori di entrare più facilmente nel mercato del lavoro.
Tutte queste politiche sono particolarmente importanti per i lavoratori con stipendi bassi, molti dei quali sono «estranei» al mercato del lavoro (in particolare le donne, i migranti e i giovani). Questi gruppi riescono meglio se i mercati del lavoro comportano le istituzioni di sostegno per aumentare i guadagni, per limitare l’incidenza del lavoro a bassa retribuzione e per abbassare le disuguaglianze.
Politiche sociali di sostegno
I mercati del lavoro risentono anche dell’influenza delle politiche sociali. I programmi di assistenza sociale possono ridurre la disperazione dei lavoratori e la probabilità di diventare vittime del lavoro forzato o di altre forme di sfruttamento lavorativo.
I sussidi di disoccupazione possono migliorare l’adeguamento tra domanda e offerta di lavoro come pure la capacità dei lavoratori di contrattare salari più alti. Allo stesso modo, i programmi di garanzia per l’impiego possono migliorare l’applicazione del salario minimo. D’altra parte, i vantaggi professionali rischiano di diventare un modo per compensare bassi salari, sempre che questi vantaggi non siano abbinati ad altre politiche come i salari minimi.
Ci vogliono delle politiche per fornire sostegno nei momenti della nostra vita in cui non dovremmo lavorare — quando siamo giovani e dobbiamo studiare, se non possiamo lavorare per causa di malattia o di disabilità, o quando, dopo decenni di lavoro, andiamo in pensione.
Garantire che gli individui e le famiglie possano astenersi dal lavoro durante questi periodi necessita del sostegno delle politiche sociali. I dati lo dimostrano chiaramente — ad esempio, attraverso la relazione negativa che esiste tra la copertura e il livello delle prestazioni pensionistiche da una parte, e la partecipazione dei lavoratori anziani alla forza lavoro dall’altra. C’è quindi bisogno di garantire che i lavoratori dispongano di redditi sufficienti qualora si trovino fuori dal mercato del lavoro, attraverso l’abbinamento di sistemi pensionistici contributivi a garanzie minime per tutti.
Diversi paesi in via di sviluppo hanno recentemente esteso i propri programmi di assistenza sociale: è un passo importante, visto l’efficacia di tali politiche per ridurre la povertà. Tuttavia, a causa del basso livello dei sussidi, queste politiche devono essere associate con altre misure di protezione sociale atte a fornire un più ampio sostegno ai lavoratori con maggiori effetti di ridistribuzione.
Alcune politiche discusse nel volume necessitano di finanziamenti, donde la necessità per i paesi di avere una base imponibile sufficiente a sostenere la ridistribuzione, oppure di avere la volontà politica di aumentare le entrate se necessario.
Politiche su misura
Le politiche possono essere proporzionate al livello di sviluppo di un paese e alla sua struttura economica. In alcuni paesi, è più importante concentrarsi sui servizi pubblici e sui trasferimenti sociali atti a aumentare il reddito della fascia più debole e di sostenere l’accesso al mercato del lavoro.
In altri paesi, i sistemi di protezione sociale ben stabiliti sono sotto pressione a causa dell’aumento delle disuguaglianze nel mercato del lavoro che richiedono un rafforzamento della regolamentazione del mercato del lavoro.
Nella sua analisi delle disuguaglianze e dello sviluppo economico, Simon Kuznets ha spiegato che la relazione «a U rovesciata» tra crescita economica e disuguaglianze era il risultato di una crescente pressione politica dei gruppi a basso reddito.
Con l’aumento della ricchezza e l’espansione della democrazia, questi gruppi esercitano una pressione politica a favore della ridistribuzione. Così, nonostante sia stata considerata a torto come una «legge della natura», la riduzione, nel tempo, delle disuguaglianze non era un risultato naturale. Ci voleva la pressione politica insieme alla volontà e all’impegno a favore del cambiamento.
Rimane da vedere se esiste l’impegno a fronteggiare le disuguaglianze per sconvolgerle. È chiaro tuttavia che in assenza di politiche a sostegno di un mercato del lavoro ben regolamentato e della protezione sociale, continueremo a deplorare ancora l’aumento delle disuguaglianze.