La scuola pubblica deve costruire una agorà formativa in cui sia possibile l’incontro e il confronto tra le diverse opzioni valoriali, esistenziali, culturali, religiose entro un perimetro di comune rispetto dei principi chiave della democrazia. Democrazia, cultura e ricerca scientifica che sono chiamate ad operare a partire dalla stessa logica di fallibilità, ricerca, dialogo, confronto ed apertura. (http://www.benecomune.net/articolo.php?notizia=1812)

Aluisi Tosolini


Pubblica: statale e paritaria

Il comma 1 dell’art.1 della legge n. 62 del 2000 è di una limpida chiarezza: “Il sistema nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto dall'articolo 33, secondo comma, della Costituzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali. La Repubblica individua come obiettivo prioritario l'espansione dell'offerta formativa e la conseguente generalizzazione della domanda di istruzione dall'infanzia lungo tutto l'arco della vita”. Poche righe che aprono l’unico articolo di una legge semplicissima e chiarissima. Promulgata nel corso del Governo D’Alema bis, ministro dell’istruzione Luigi Berlinguer.

Con questa norma si riconosceva, finalmente, che l’istruzione/educazione, sia statale che paritaria che degli enti locali, è pubblica perché riguarda un bene comune fondamentale che la Repubblica ha il compito di garantire (art. 3 della Costituzione). Non mancarono prima, e neppure dopo, le polemiche. Polemiche che considero pretestuose poiché la norma non nega in alcun modo l’art.33 della Costituzione. E il nodo, come tutti ben sanno, riguarda il finanziamento o meno alle scuole paritarie.

Lo snodo cruciale è tuttavia un altro: per essere pubblica una scuola deve rispettare i requisiti indicati dalla legge (comma 4) il che significa che le indicazioni nazionali e le finalità complessive del sistema educativo costituisce (dovrebbe costituire) un corpus condiviso che trova poi concreta realizzazione nei due diversi possibili canali: le scuole statale e le scuole paritarie.


Un orizzonte comune e condiviso

E’ questa la parte più complessa, poiché non è poi così facile oggi elaborare un condiviso orizzonte educativo. E questo, non solo per la pluralità di prospettive esistenziali e valoriali presenti nelle società contemporanee, ma anche il possibile intervento degli opposti radicalismi del laicismo e del fondamentalismo religioso.

Ci troviamo infatti di fronte al rischio di rinunciare a scegliere un orizzonte formativo adducendo come motivazione l’impossibilità di giungere ad una sintesi, seppure plurale ed aperta, o pretendendo l’applicazione di una visione della laicità per sottrazione che si riduce essa stessa una ideologia. Ideologia cui potrebbero facilmente aderire, e non sembri un paradosso, anche le visioni educative fondate ad esempio sull’esclusività religiosa con la conseguente richiesta di scuole islamiche / coraniche per musulmani, scuole buddisti per buddisti, ecc.

L’ideale della scuola pubblica intende evitare tutti e due questi rischi cercando di costruire una agorà formativa in cui sia possibile anche l’incontro e il confronto tra le diverse opzioni valoriali, esistenziali, culturali, religiose entro un perimetro di comune rispetto dei principi chiave della democrazia. Democrazia, cultura e ricerca scientifica che, come insegna il massimo pedagogista degli ultimi due secoli, John Dewey, operano a partire dalla stessa logica di fallibilità, ricerca, dialogo, confronto, apertura.


Una nuova cittadinanza per un nuovo umanesimo

Le Indicazioni nazionali per le scuole del primo ciclo (approvate definitivamente nel 2012) sono molto chiare al riguardo.

"Innanzitutto precisano il compito della scuola pubblica: la scuola realizza appieno la propria funzione pubblica impegnandosi per il successo scolastico di tutti gli studenti, con una particolare attenzione al sostegno delle varie forme di diversità, di disabilità o di svantaggio. Questo comporta saper accettare la sfida che la diversità pone: innanzi tutto nella classe, dove le diverse situazioni individuali vanno riconosciute e valorizzate, evitando che la differenza si trasformi in disuguaglianza; inoltre nel Paese, affinché le situazioni di svantaggio sociale, economiche, culturali non impediscano il raggiungimento degli essenziali obiettivi di qualità che è doveroso garantire. In entrambi i casi con la finalità sancita dalla nostra Costituzione di garantire e di promuovere la dignità e l’uguaglianza di tutti gli studenti “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” e impegnandosi a rimuovere gli ostacoli di qualsiasi natura che possano impedire “il pieno sviluppo della persona umana”.

In secondo luogo le prime pagine delle indicazioni delineano il percorso comune su cui incamminarsi. Verso una nuovo umanesimo e una nuova cittadinanza: “L’elaborazione dei saperi necessari per comprendere l’attuale condizione dell’uomo planetario, definita dalle molteplici interdipendenze fra locale e globale, è dunque la premessa indispensabile per l’esercizio consapevole di una cittadinanza nazionale, europea e planetaria. Oggi la scuola italiana può proporsi concretamente un tale obiettivo, contribuendo con ciò a creare le condizioni propizie per rivitalizzare gli aspetti più alti e fecondi della nostra tradizione. Questa, infatti, è stata ricorrentemente caratterizzata da momenti di intensa creatività - come la civiltà classica greca e latina, la Cristianità, il Rinascimento e, più in generale, l’apporto degli artisti, dei musicisti, degli scienziati, degli esploratori e degli artigiani in tutto il mondo e per tutta l’età moderna - nei quali l’incontro fra culture diverse ha saputo generare l’idea di un essere umano integrale, capace di concentrare nella singolarità del microcosmo personale i molteplici aspetti del macrocosmo umano.”

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