Lunedì scorso il compleanno del Protocollo di Kyoto: esattamente 10 anni fa, il 16 febbraio 2005, è entrato in vigore un trattato che è già storia – in tutti i sensi, essendo “scaduto” con la fine del 2012 – e che dovrà trovare quest’anno il suo (degno?) erede alla Conferenza delle Parti sui cambiamenti climatici in programma a Parigi.

L’Italia come si presenta all’appuntamento? Gli accordi siglati – secondo i dati diffusi da Ispra – sono alla portata, ma potranno essere raggiunti solamente grazie a meccanismi di compensazione. Ciononostante i miglioramenti del sistema-Paese in questi anni rimangono evidenti, con un calo delle emissioni di gas serra imputabile non solo ai recenti anni di crisi ma anche «dalla riduzione dell’intensità carbonica del Pil: nel 2014 sono stati emessi circa 300 gCO2eq per produrre un euro di Pil, contro i 400 gCO2eq per ogni euro di Pil del 2005», come descritto ieri dal presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, Edo Ronchi.

Man mano che l’appuntamento di Parigi si fa più vicino, in contemporanea la fase delle trattative per un nuovo accordo diventa sempre più delicata, a partire dagli impegni che i vari Stati dovranno definire entro marzo. Proprio per questo è necessario rafforzare gli sforzi, consapevoli non solo delle criticità ma anche delle possibilità che si aprono dinnanzi.

«Negli ultimi anni si è creato un contesto favorevole – ha spiegato Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto Club – Dal punto di vista politico l’attivismo di Obama sta dando i primi risultati. Cresce la pressione dal basso testimoniata anche dalla grande marcia di settembre a New York. Si stanno infine imponendo alcune disruptive tecnologie in grado di accelerare il processo di de-carbonizzazione. Insomma, siamo alla vigilia di grandi cambiamenti che, dopo il settore energetico, coinvolgeranno il comparto edilizio, quello dei trasporti e quello della manifattura».

Proprio oggi a Roma si è svolto il convegno annuale di Kyoto Club “DUE GRADI. Per un nuovo accordo globale sui cambiamenti climatici: verso Parigi 2015”, durante il quale lo stesso Silvestrini ha presentato il suo libro, edito da Edizioni Ambiente, dal titolo “2 °C. Innovazioni radicali per vincere la sfida del clima e trasformare l’economia“, in cui analizza le trasformazioni radicali che sono avvenute e stanno avvenendo e che fanno sperare che grazie alle tecnologie, alle fonti innovative, ai cambiamenti dei modelli di business si possa riuscire a salvare il pianeta e a dare slancio all’economia.

Perché se il principio di precauzione è e rimane il criterio direttore di un ambientalismo responsabile, si potrà continuare a perseguire uno sviluppo – economico, sociale e ambientale – sostenibile solo grazie all’apporto prezioso (e all’utilizzo responsabile) della tecnologia.

«L’innovazione tecnologica – ha sottolineato infatti Francesco Ferrante, vicepresidente di Kyoto Club e tra i relatori dell’incontro romano – mette a nostra disposizione tutti gli strumenti per costruire una società low carbon. Energia da fonti rinnovabili in sostituzione delle fossili, efficienza energetica a partire dal rinnovamento del patrimonio edilizio, mobilità nuova e sostenibile rappresentano il futuro che si sta già facendo strada nel presente. Tocca ai decisori politici, adesso, ad ogni livello, locale, nazionale, internazionale non perdere questa occasione e accogliere, con scelte radicali ed efficaci, la nuova sfida per costruire un futuro pulito e sostenibile».

La sfida della lotta al cambiamento climatico, per dirla con le parole di Edoardo Zanchini – il vicepresidente nazionale di Legambiente e responsabile dei settori energia e trasporti, intervenuto oggi all’incontro del Kyoto Club – è quella di «dare speranza di benessere fuori dal petrolio». Senza catastrofismi, ma con l’intelligenza per reagire cogliendo non solo la necessità, ma anche l’opportunità di cambiamento che il riscaldamento globale rappresenta.

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