Dopo oltre quattro anni di attesa, è stato emanato il Regolamento che consente ora di ragionare in termini concreti sulla possibilità di erogare e gestire il microcredito anche al di fuori del tradizionale sistema bancario.
Facciamo un passo indietro... ma non troppo: non credo che ci sia bisogno di tornare alle origini del microcredito: chi opera nel Terzo Settore conosce la storia di Muhammad Yunus (fondatore della Grameen Bank in India) e sa quanto sia stato meritato il Nobel per la Pace che gli è stato conferito nel 2006.
Sinteticamente possiamo comunque definire il microcredito come la erogazioni di fondi di importo limitato, destinate a alleviare condizioni personali di disagio finanziario o a permettere l'accesso al mondo del lavoro, a persone considerate “non bancabili”, cioè non degne di ricevere credito dal sistema bancario tradizionale; un'altra caratteristica è costituita dalla presenza di forme di “accompagnamento”, mentoring, supporto personale, che concretizzano una relazione fra beneficiario del microcredito ed erogatore della somma particolarmente intensa, ben diversa da quella che si crea fra banca e debitore (che è impostata principalmente sulla valutazione della capacità restitutoria del debitore e/o dei suoi garanti, prescindendo dalla osservazione complessiva della personalità e della storia personale del debitore, delle sue capacità professionali e/o delle difficoltà di vita, di relazione che abbia attraversato).
Con il D.Lgs. n. 141 del 13 agosto 2010 (attuazione delle Direttiva CEE in materia di credito al consumo e modifiche alla regolamentazione degli intermediari creditizi) è stata finalmente introdotta nel nostro ordinamento giuridico la previsione esplicita del “microcredito”, con l'inserimento nel Testo Unico Bancario degli artt. 111-114 espressamente dedicati alla materia.
Si è così finalmente data una definizione ed una delimitazione precisa fra ciò che può ora definirsi, a pieno titolo, “microcredito” e ciò che microcredito invece non è, facendo così chiarezza anche delle tante iniziative che cercavano di qualificare in tal maniera delle operazioni di credito aventi natura, finalità ed importi ben diversi, aventi lo scopo di sfruttare tale definizione a soli fini di marketing.
La norma aveva però bisogno di un regolamento che la rendesse attuabile.
Il Ministero dell'Economia e Finanze n. 176 del 17 ottobre 2014 ha emanato quindi il Regolamento con il Decreto n. 176 del 17 ottobre 2014.
Vediamone i contenuti principali: finalità, importi, chi potrà essere l'erogatore del credito, l'accompagnamento, i vincoli normativi e burocratici.
Le finalità sono solo due: da una parte abbiamo l'accesso al mercato del lavoro, individuato in varie fattispecie diverse; dall'altra, con un termine nettamente pomposo, si prevedono “finanziamenti destinati a promuovere progetti di inclusione sociale e finanziaria”.
Questa seconda tipologia si sostanzia in “finanziamenti destinati all'acquisto di beni o servizi necessari al soddisfacimento di bisogni primari”, interventi per i quali (sono citati espressamente quali esempi: spese mediche, canoni di locazione, spese per l'istruzione, etc.) parlare di una progettualità di inclusione sociale sembra un po' eccessivo. Tale terminologia si giustifica solo con la previsione della prestazione obbligatoria di servizi ausiliari di assistenza nella gestione del bilancio familiare (con lo scopo di migliorare la gestione dei flussi di entrate e uscite). Importo massimo concedibile: € 10.000,00.
Più ricca la fattispecie per le opportunità di lavoro: i finanziamenti possono essere concessi per l'avvio o l'espansione di piccole imprese e per corsi di formazione, anche universitaria, sia a favore di dipendenti, sia di persone fisiche che in tal modo riescano a qualificarsi o riqualificarsi per accedere a nuovi impieghi. I servizi di accompagnamento sono obbligatori e ne è indicata una ampia gamma (formazione e supporto alle attività di gestione di una impresa, dal campo amministrativo/contabile e legale a quello della produzione, e supporto alla definizione del percorso di inserimento nel mercato del lavoro). Resta una perplessità: il decreto parla di servizi ausiliari di assistenza e monitoraggio che possono essere prestati direttamente dall'operatore di microcredito (e qui nessun problema), oppure essere affidati a “soggetti specializzati nella prestazione di tali attività”, senza entrare nei dettagli di chi possa essere ritenuto “specializzato”; si apre così il campo alla libera interpretazione... di chi è specializzato!
Per questa fattispecie l'importo finanziabile massimo è di € 25.000,00 (elevabile in determinate fattispecie ad € 35.000), con un limite temporale di 7 anni.
La parte più interessante riguarda chi può erogare il microcredito: il decreto, nell'indicare le caratteristiche degli enti che potranno essere autorizzati, è forse andato un po' oltre la previsione normativa. Ma andiamo con ordine.
Prima di tutto ci sono i soggetti che possono essere iscritti all'elenco indicato dal comma 1 dell'art. 111 del Testo Unico Bancario: società per azioni, a responsabilità limitata, cooperative, che per i requisiti richiesti (capitale, oggetto sociale, requisiti di professionalità e onorabilità) sono di fatto le finanziarie che già operano nel settore, o comunque imprese aventi analoghe caratteristiche.
Vi sono poi i soggetti previsti dal comma 4 del medesimo articolo del T.U.B.: associazioni e fondazioni con personalità giuridica, società di mutuo soccorso, enti ex IPAB, cooperative sociali o altre cooperative con la qualifica di onlus.
A questi soggetti sono imposti numerosi vincoli: non solo l'obbligo di esercizio a titolo esclusivo del microcredito (è ammessa solo una attività congiunta di inclusione sociale o finanziaria), ma soprattutto il tasso dei finanziamenti erogati “deve essere non remunerativo e adeguato a consentire il mero recupero delle spese sostenute”, previsione non applicata agli operatori del primo comma, e soprattuto molto più restrittiva rispetto al testo della norma (T.U.B., art. 111, comma 3: “ i finanziamenti concessi ...siano prestati a condizioni piu` favorevoli di quelle prevalenti sul mercato.”), dimenticando che già gli enti indicati non hanno alcun fine di lucro.
Viene poi introdotta un'altra categoria di operatori, che in verità non era prevista nel D.Lgs 141/2010, né tantomeno si ritrova nel T.U.B.: gli operatori di finanza mutualistica e solidale.
Si tratta di una figura nuova di cooperativa a mutualità prevalente, che non solo effettuerà operazioni di microcredito, ma potrà erogare prestiti ai propri soci fino ad un importo di € 75.000,00. Non ha i vincoli stringenti imposti ai soggetti di cui al comma 4, ed è anche prevista la distribuzione di dividendi, sia pure in misura contenuta.
Sarà questa la forma giuridica migliore per le organizzazioni no profit che vogliano cimentarsi nel microcredito? Molto probabilmente... sì.
Aspettiamo i provvedimenti della Banca d'Italia sulle procedure operative e... partiamo!
Dr. Guido Giovannardi
P.S.: ConfiniOnline dispone di una rete di professionisti (che operano anche nel settore finanziario) e di ampia esperienza nell'accompagnamento e formazione per il Terzo Settore: è quindi in grado di sostenere le iniziative di creazione di enti che vogliano avviare o migliorare le proprie capacità di intervento ed erogazione in ambito del microcredito.