di Elena Porcelli Alcuni membri di ong e di associazioni che aiutano i paesi poveri hanno dato vita al turismo responsabile. Questo significa scegliere strutture gestite dalla gente del posto e costruite in modo da rispettare l'ambiente e il paesaggio. Alcuni nomi e link Partire o non partire? Andare in vacanza in Thailandia, alle Maldive, o disdire la prenotazione? Se lo sono chiesti in tanti, di fronte alla tragedia del maremoto nel Sud-Est asiatico. E anche ora che l'emergenza sta evolvendo in una lunga e faticosa ricostruzione, gli interrogativi rimangono. È giusto andare a far vacanza accanto a chi soffre la fame? Si può evitare, quando da turisti si incrocia lo sguardo della gente del Terzo mondo, di chiedersi chi dei due sta guardando l'altro come un animale dello zoo? VIAGGI SOLIDALI Alcuni membri di Ong e di associazioni che aiutano il Terzo mondo ci riflettono da almeno una decina d'anni e hanno dato vita al turismo responsabile, una specie di commercio equo e solidale dei viaggi. «Il punto cruciale» spiega Maurizio Davolio presidente dell'Associazione italiana turismo responsabile (www.aitr.org) «è il ruolo della popolazione locale, che non deve subire passivamente l'arrivo dei turisti, ma trarne beneficio dal punto di vista economico e sociale». Questo significa scegliere strutture gestite dalla gente del posto e non dalle grandi catene internazionali, costruite in modo da rispettare l'ambiente e il paesaggio e soprattutto, dice Enrico Marletto dell'associazione Viaggi solidali (www.viaggisolidali.it) «comportarsi da ospiti in casa d'altri e non da padroni, come spesso fanno i turisti occidentali, magari senza rendersene conto». TURISTI NON PER CASO Al turista responsabile si chiede molto più che a un normale vacanziere. Intanto i viaggi di questo tipo sono cari. Per esempio due settimane a Cuba con Robe dell'Altro mondo costano 2.066 euro. «A far salire il prezzo» spiega Davolio «sono soprattutto i voli di linea, perché abbiamo troppo pochi clienti per usare i charter». In ogni caso il prezzo di un viaggio responsabile è sempre trasparente: chi paga sa quanti soldi vanno all'organizzatore, quanti alle guide locali, quanti alle compagnie aeree e così via. VISITARE IL MONDO REALE Prima di partire è obbligatorio incontrare la guida e gli altri partecipanti al viaggio, per informarsi sulla cultura del luogo e le abitudini della gente che si incontrerà. In cambio gli organizzatori del viaggio fanno di tutto per facilitare i rapporti con la gente del posto, spesso con l'aiuto di ong o missionari e guide esperte e disponibili. Ai turisti è consigliato di sforzarsi a usare qualche parola della lingua locale, per avvicinarsi alla gente. Gli itinerari, poi, sono fuori dagli stereotipi e permettono di vedere il paese nella sua realtà, invece di chiudersi in un villaggio turistico di qualche catena internazionale, uguale a altri cento in tutto il mondo. «Un viaggiatore responsabile» conclude Davolio «è più accettato dalla popolazione e quindi è anche molto più protetto da rapine e violenze, forse anche per questo i tour operator tradizionali si interessano sempre di più al nostro modo di viaggiare». E poi, oltre che più sicuro, il turista responsabile può sentirsi un po' meno turista e un po' più viaggiatore.

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