Sei autorevoli organizzazioni per i diritti umani hanno reso noti i nomi e i profili di 39 persone che si ritiene siano in custodia segreta statunitense e il cui destino rimane tuttora sconosciuto. Il documento, il piu' completo sinora diffuso, fa anche i nomi di familiari dei 39 prigionieri, che a loro volta sono stati detenuti in carceri segrete, compresi bambini di sette anni di eta'. Contemporaneamente, tre delle sei organizzazioni si sono rivolte a una corte federale Usa chiedendo, ai sensi dell'Atto sulla liberta' d'informazione, che siano rese pubbliche notizie riguardanti i detenuti scomparsi.Il documento di 21 pagine, intitolato Off the record: la responsabilita' degli Usa nelle sparizioni forzate nella 'guerra al terrore', contiene i nomi di 39 persone di varia cittadinanza (egiziana, keniana, libica, marocchina, pachistana, spagnola ecc.), arrestate in paesi quali Iran, Iraq, Pakistan, Somalia e Sudan e trasferiti in centri segreti di detenzione gestiti dagli Usa. Questo elenco, redatto da Amnesty International, Cageprisoners, il Centro per i diritti costituzionali, il Centro per i diritti umani e la giustizia globale presso la New York University School of Law, Human Rights Watch e Reprieve, si basa su fonti governative e giornalistiche, nonché su interviste a ex prigionieri e altri testimoni diretti.
Il documento mette in luce aspetti che il programma di detenzioni diretto dalla Cia ha cercato tenacemente di tenere nascoste, come l'ubicazione dei luoghi dove i prigionieri possono essere tenuti, i maltrattamenti da essi subiti e i paesi verso i quali possono essere stati trasferiti. Rivela inoltre come i familiari dei sospetti terroristi, compresi mogli e bambini di sette anni, siano stati a loro volta posti in detenzione segreta. Nel settembre 2002, ad esempio, sono stati arrestati i due figli di sette e nove anni di Khalid Sheikh Mohammed. Secondo testimoni oculari, i due bambini sono rimasti per almeno quattro mesi in una prigione per adulti per essere interrogati da agenti Cia su dove si trovasse il padre.Allo stesso modo, quando il tanzaniano Ahmed Khalfan Ghailani e' stato catturato a Gujrat, Pakistan, nel luglio 2003, la moglie uzbeca ha subito la stessa sorte.
Le sei organizzazioni per i diritti umani chiedono al governo Usa di porre definitivamente fine al programma Cia di detenzioni segrete e interrogatori e di fornire informazioni sull'identita', lo status e il luogo di detenzione di tutti i prigionieri attualmente o precedentemente trasferiti in centri segreti di detenzione, diretti o supervisionati dall'Amministrazione statunitense nel contesto della 'guerra al terrore'.In relazione a questo, oggi la Sezione Statunitense di Amnesty International, il Centro per i diritti costituzionali e la International Human Rights Clinic presso la New York University School of Law hanno presentato un ricorso a una corte federale Usa chiedendo, ai sensi dell'Atto sulla liberta' d'informazione (Foia), che siano rese pubbliche le notizie riguardanti i detenuti scomparsi, compresi quelli 'fantasma' e quelli non presenti nei registri delle prigioni.
Le richieste basate sul Foia chiamano in causa diverse agenzie governative statunitensi, tra cui il dipartimento di Giustizia, il Pentagono e la Ciam e intendono ottenere informazioni su persone che sono, o sono state, detenute da parte del governo Usa o col suo coinvolgimento, e sulle quali non esiste documentazione pubblica. Sebbene alcuni dipartimenti abbiano fornito finora qualche informazione di scarsa importanza, nessun'agenzia Usa ha mai diffuso un elenco delle persone in detenzione segreta o una valutazione sulla legalita' del programma segreto.I documenti che le tre organizzazioni stanno cercando esistono. Il presidente George W. Bush ha pubblicamente ammesso, nel settembre 2006, l'esistenza di centri di detenzione segreti gestiti dalla Cia; 14 detenuti sono stati trasferiti da queste strutture al centro di detenzione di Guantánamo; il dipartimento di Giustizia ha affermato che il programma di detenzioni segrete e' legale. Eppure, le informazioni sull'ubicazione delle carceri, sull'identita' dei prigionieri e sui metodi d'interrogatorio usati non sono mai state rese pubbliche. Tale segretezza impedisce un controllo da parte dell'opinione pubblica e dei tribunali e lascia i detenuti esposti a violazioni dei diritti umani, quali la tortura e altri maltrattamenti. La segretezza che circonda il programma di detenzioni significa inoltre che nessuno al di fuori del governo Usa conosce esattamente quante persone siano state imprigionate e quante restino scomparse.
Il trasferimento, ad aprile, di Abd al-Hadi al-Iraqi da un centro di detenzione della Cia a Guantánamo mostra che il programma e' ancora in funzione, sebbene alcuni prigionieri possano essere stati trasferiti verso carceri di altri paesi, in quella che appare una sorta di detenzione per procura. Il documento Off the record denuncia che alcuni detenuti scomparsi potrebbero essere stati trasferiti in paesi dove sono a rischio di tortura e dove continuano a rimanere in detenzione segreta, senza accusa né processo. Le interviste ai prigionieri rilasciati dalle carceri segrete della Cia indicano che i detenuti considerati 'pesci piccoli' sono stati spesso arrestati lontano dai campi di battaglia e posti in isolamento per anni, senza possibilita' di un ricorso legale o di contatti con l'esterno, familiari compresi. Coloro che sono stati rilasciati non hanno ricevuto alcun documento che attesti la loro detenzione né un risarcimento legale o economico.Secondo Claudio Cordone, Senior Director della ricerca ad Amnesty International, 'non e' in discussione il dovere dei governi di proteggere le persone da atti di terrorismo.
Quello che e' sicuramente in discussione e' catturare uomini, donne e persino bambini, metterli in luoghi segreti e privarli delle piu' elementari garanzie che si applicano a tutti i detenuti. L'Amministrazione Usa deve porre fine a questa pratica illegale e moralmente ripugnante, una volta per tutte.'Ulteriori informazioni. Il rapporto Off the record fa parte di un memorandum inviato al Presidente George W. Bush, attraverso l'Ambasciata statunitense a Roma, in occasione della sua visita in Italia. Nel memorandum, la Sezione Italiana di Amnesty International ha sollevato anche altri aspetti relativi ai diritti umani, tra cui la pena di morte e la situazione dei detenuti senza accusa né processo in Iraq, in Afghanistan e a Guanta'namo.