Togliere il terreno fertile agli estremismi violenti è il compito della politica, a cui la cooperazione deve affiancarsi con progetti di sviluppo
 
“Il terrorismo cresce e si sviluppa in territori resi fertili dalla mancanza di una risposta politica lungimirante e globale. Il radicalismo islamico trae origine dalle situazioni di conflitto e prospera grazie alla crisi sociale, economica e di identità del mondo arabo e mussulmano, che ha visto via via fallire tutte le ipotesi di “ modernizzazione”, dal socialismo nasseriano, alle “democrazie autoritarie” sostenute dall’occidente. Una crisi  che non risparmia anche larghe porzioni di immigrati nei  nostri paesi. Questo processo degenerativo sta ormai contagiando molti paesi africani, attraverso le consistenti comunità mussulmane che lì vivono”. Mario Raffaelli – presidente della sezione italiana e vice presidente internazionale di Amref Health Africa - analizza il dramma del terrorismo mettendo in relazione gli assassini di Parigi e d il massacro commesso da Boko Haram in Nigeria. Raffaelli lo fa anche in virtù della sua lunga esperienza nei processi di pace seguiti come rappresentante del governo italiano in diverse aree del mondo.
 
“Un elemento unificante i vari movimenti terroristici è la capacità di sfruttare i contenziosi locali, facendo leva  sui segmenti sociali di volta in volta più emarginati. Ciò è accaduto in Somalia come in Nigeria, In Mali come in Libia o in Siria. In tutti questi casi i movimenti islamici, all’inizio della loro contestazione non erano caratterizzati da un grado particolare di violenza. Le componenti radicali più violente e terroristiche hanno preso piede progressivamente, di fronte all’incapacità, anche da parte occidentale, di favorire  processi di transizione verso situazioni di maggiore giustizia e stabilità.
 
Per questo, a 13 anni dall’11 settembre e dall‘inizio della cosiddetta “guerra globale al terrorismo”, la situazione si è progressivamente aggravata. Come appare oggi incontestabile, la sola risposta militare è inutile, quando non addirittura controproducente. Fino al punto che, oggi , rischiamo focolai di guerra nella stessa Europa. E’ evidente, quindi, che vanno disinnescati conflitti esistenti e potenziali. E ciò va fatto unendo alle armi dell’intelligence militare quelle dell’intelligenza politica, sostituendo alla semplice repressione la soluzione dei conflitti. Una “terza via,” fra il sostegno a dittature “amiche” e interventi militari diretti, deve essere possibile, come dimostra il caso della Tunisia. Lo sforzo della comunità internazionale deve essere quella di  fornire sostegno ai gruppi tolleranti , democratici, che accettano una ipotesi di convivenza pacifica delle diverse culture e religioni, con una strategia globale capace di affrontare con una visione unitaria i problemi aperti in Medio oriente, in corno d’Africa e nel Shael". Amref  Health Africa da quasi 60 anni fa la sua parte attraverso gli strumenti della cooperazione, del dialogo con i Governi africani, per "bonificare" - attraverso progetti di salute -  quei territori ridotti in miseria, dove con facilità potrebbe attaccare ogni forma di terrorismo. 

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