“Rimangono bloccate le trattative con lo Stato del Congo. Mentre
Roma ordina il silenzio, l’Olanda invia in Africa il Ministro della
Difesa”. Della complessa situazione delle adozioni nella Repubblica
Democratica del Congo parla Alessio Schiesari in questo articolo, che
riportiamo integralmente, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di sabato
27 dicembre.
“Anche quest’anno la nostra lettera si conclude con ‘speriamo di
abbracciarti presto’, ma non sono sicuro che mio figlio ci creda
ancora”. Per Rita (il nome è di fantasia), suo marito e le altre
centotrenta coppie italiane ancora in attesa di abbracciare i loro figli
già legalmente adottati in Congo, quello appena passato, è stato il
secondo Natale senza poter abbracciare i bambini che già portano il loro
cognome. Ogni coppia lo affronta a modo suo: Rita ha preparato un pacco
di Natale con macchinine, coperte e maglioni, “ma niente soldatini”.
Giulia invece ha preferito mandare una busta che sarà utilizzata
dall’orfanotrofio congolese dove vive sua figlia per tutti i bimbi. Per
alcuni genitori a riaccendere un po’ di speranza è arrivata una
videochiamata con i bambini: è stata la prima volta in cui hanno visto
in faccia i figli adottati legalmente due anni fa.
Il blocco delle adozioni è stato deciso dal governo di Joseph Kabila nel 2013 ed è stato prorogato sine die
nel settembre scorso. Ad aprile un primo gruppo di 31 bambini era stato
riportato in Italia dal ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi. Da
allora gli altri genitori aspettano la buona notizia che sembra non
arrivare mai. Stando a quanto dichiarato da Kabila, le adozioni
internazionali ripartiranno solo quando il Parlamento di Kinshasa
approverà il nuovo Codice della famiglia, che disciplina in modo più
stringente i requisiti delle famiglie adottive (no a coppie omosessuali e
obbligo di essere stati sposati per almeno cinque anni). Il Senato ha
detto sì, ma ancora non si sa quando toccherà alla Camera pronunciarsi.
L’ambasciatore francese in Congo prevedeva che l’iter si sarebbe
completato entro fine novembre, ma non è successo. Anche per questo,
negli ambienti diplomatici italiani nessuno azzarda previsioni ma, dopo
che due settimane fa è entrato in carica il nuovo governo, si respira un
cauto ottimismo.
Mentre però negli altri Paesi coinvolti si continua a parlare della
questione, in Italia il silenzio imposto dalla Commissione adozioni
internazionali (posta da Renzi alle dirette dipendenze della Presidenza
del Consiglio) rimane inviolabile. Anche durante l’incontro tra Cai e le
famiglie deciso un mese fa, in piena notte, dopo che la questione delle
adozioni ancora bloccate era finita in tv, la presidente Silvia Della
Monica ha sottolineato come ogni rapporto con la stampa potrebbe
compromettere l’esito delle trattative con il Congo. Un silenzio che
stride con quanto avviene all’estero: in Francia i genitori hanno
organizzato un sit-in davanti all’ambasciata congolese; gli Usa dopo
ogni incontro diplomatico avvisano le famiglie con una videochiamata che
riassume l’esito dei colloqui; mentre l’Olanda ha deciso di inviare il
proprio ministro della Difesa, Fred Teeven, a Kinshasa. La diplomazia
italiana invece sta lavorando senza il coinvolgimento diretto dei membri
del governo. Ma è sul fronte della comunicazione istituzioni-famiglie
che la differenza è ancora più marcata: è stata persino soppressa la
Linea ascolto Cai. Da mesi, chi compone il numero verde ascolta un
messaggio che avvisa: “Il servizio e la relativa email sono
temporaneamente sospesi per manutenzione”. “Possiamo chiamare solo il
centralino. Ogni volta promettono di ricontattarmi ma non succede mai. È
giù successo tre volte nell’ultimo mese e mezzo”, spiega una mamma.
L’intransigenza con cui è stata gestita la vicenda sta creando
malumori tra Cai e i parlamentari che seguono la vicenda, anche quelli
della maggioranza. M5s, Pd e Sel hanno tutti presentato le rispettive
interrogazioni, cui però il governo non ha mai risposto (il documento
del partito di Vendola ricorda, un po’ perfidamente, la “celebre foto
del bimbo congolese che intreccia i capelli di Maria Elena Boschi”).
Quella dem, che poi è stata ritirata, era stata firmata da 37 deputati
e, oltre a chiedere informazioni sulle strategie adottate dall’Italia,
denuncia “il crollo” delle adozioni internazionali: dalle oltre 4 mila
del 2010 alle poche centinaia di quest’anno. La prima firmataria è Lia
Quartapelle, già candidata a sostituire Mogherini alla Farnesina e in
questi mesi ponte tra le famiglie e il Parlamento: “L’interpellanza
aveva l’obiettivo di fare domande al governo per conto delle famiglie,
perché all’estero le famiglie sono informate regolarmente. Quando Cai ha
organizzato l’incontro di novembre, l’abbiamo ritirata”. Peccato che,
dopo quel beau geste, i contatti tra istituzioni e famiglie si siano nuovamente interrotti.