Sistemi sanitari sottofinanziati, malattie facilmente curabili, impegni dei Governi non rispettati.
Le ragioni profonde di una crisi sanitaria.
Nel meeting delle Nazioni Unite, tenutosi a Ginevra venerdì 12 dicembre, si è ribadita l'urgenza di rafforzare i Sistemi Sanitari nei Paesi affetti da Ebola, in modo che, usciti dalla crisi, possano puntare di più sulla prevenzione.
"Nei Paesi colpiti da Ebola le persone stanno morendo non solo per Ebola, ma per altre cause, perché la maggior parte delle strutture sanitarie in quei Paesi non sono funzionanti o non vengono usate perché le persone hanno paura di contrarre Ebola" ha detto Dr. Marie Paul Kieny, Vice Direttore Generale per il sistema sanitario e l'innovazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Il meeting ha posto l'attenzione su ciò che da mesi continua a ripetere Amref: significativo rafforzamento degli operatori sanitari; rafforzare il lavoro e il coinvolgimento delle comunità. L'epidemia di ebola, che si è abbattuta su alcuni Paesi dell'Africa, è un triste richiamo alla fragilità e all'arretratezza dei sistemi sanitari del continente.
Da anni Amref è impegnata contro la crisi globale del personale sanitario, sia con un'azione di sensibilizzazione e advocacy, sia con progetti nelle comunità. Nel mondo mancano 7,2 milioni di operatori sanitari. La carenza di medici, infermieri, ostetriche affligge sia i Paesi "ricchi" come l’Italia, dove la popolazione invecchia e le condizioni di lavoro peggiorano, sia i Paesi "poveri", dove i centri sanitari sono pochi e lontani; dove il personale, formato in loco, tende poi a emigrare; dove le emergenze sanitarie sono gravissime.
Milioni di africani continuano a soffrire e morire per malattie infettive che risultano relativamente semplici da prevenire e/o trattare. Ogni anno, nel mondo, muoiono per malaria 627mila persone, principalmente bambini che non arrivano a 5 anni. Di essi il 90% in Africa sub-sahariana. Si aggiungano alla malaria, malattie che diventano letali lì dove mancano acqua ed igiene, come diarrea, colera, tifo. Oltre alle sfide sanitarie "consolidate" si è aggiunta negli ultimi mesi anche l'epidemia di ebola. Accostando i dati di altre malattie – nel mese di agosto 2014 - notiamo che morivano per ebola 4 persone al giorno, mentre per diarrea 404, per malaria 552 e Hiv/Aids 685.
Dal 2000, anno in cui le Nazioni Unite hanno lanciato gli Obiettivi del Millennio, c'è stato un miglioramento apprezzabile nella riduzione della mortalità materna e infantile, nell'accesso alle cure, e nella riduzione della trasmissione della malaria e dell' Hiv/Aids. Ad oggi, poco più della metà della popolazione dell'Africa sub-sahariana ha accesso all'acqua potabile e solo 4 persone su 10 hanno accesso a servizi igienici adeguati. Intanto i sistemi sanitari rimangono sottofinanziati (la spesa pro capite è molto al di sotto della raccomandazione dell'OMS di un minimo di 40 dollari l'anno), e solo 6 Paesi hanno raggiunto l'obiettivo del 15% del bilancio nazionale stanziato per la sanità. Sistemi sanitari fatiscenti, mal forniti e a corto di personale. In media in Africa c'è 1 medico per più di 30mila abitanti, mentre nei Paesi occidentali la media è di 1 a 450.
Se lo scoppio di un'epidemia è inevitabile, la sua trasformazione in pandemia, no. Non è un caso che i tre Paesi maggiormente colpiti - Liberia, Guinea, Sierra Leone - siano tra quelli che in Africa hanno investito meno sulla salute e sul rafforzamento dei sistemi sanitari. Se confrontiamo i numeri (2012) sui sistemi sanitari di alcuni Paesi in cui si sono avute morti per ebola, nell'attuale epidemia, riscontriamo che in Spagna i dottori erano 370 per ogni 100mila abitanti, in Usa 245, in Sierra Leone poco più di 2, in Liberia più di uno e in Guinea 1.
La risposta a ebola, così come in generale al circolo vizioso di malattia e povertà che stringe ancora molte zone dell’Africa, può essere solo nel rafforzamento dei sistemi sanitari pubblici. Ecco perché oggi Amref impiega in Africa quasi 1000 persone, per il 97% africani, gestisce 155 progetti di sviluppo sanitario in 5 Paesi (Etiopia, Kenya, Sud Sudan, Tanzania e Uganda) e centri regionali in Africa del Sud (con sede in Sud Africa) e in Africa occidentale (con sede in Senegal). Tuttavia il nostro sostegno raggiunge gli abitanti di oltre 35 Paesi grazie ai nostri programmi di formazione, consulenza e sensibilizzazione. Tra il 2012 e il 2013, 11 milioni di individui sono stati raggiunti e oltre 160mila formati attraverso programmi e progetti AMREF.