«L’istruzione rende le persone meno vulnerabili a disastri naturali come le inondazioni, le frane e le tempeste, che si prevede si intensifichino con il cambiamento climatico». È quanto messo nero su bianco dal nuovo studio “Universal education is key to enhanced climate adaptation”, dell’Institute for Applied Systems Analysis (Iiasa), appena pubblicato sulla prestigiosa rivista Science.

I tre autori, gli austriaci Wolfgang Lutz, Raya Muttarak e Erich Striessnig, del Wittgenstein Centre for Demography and Global Human Capital dell’Iiasa, partono da una certezza: dato che, come ha confermato l’ultimo rapporto Ipcc, alcuni effetti del cambiamento climatico sono già inevitabili, «investire nell’emancipazione attraverso l’istruzione universale dovrebbe essere un elemento essenziale negli sforzi di adattamento ai cambiamenti climatici, che finora si sono concentrati per lo più in progetti di ingegneria».

Lo studio, basandosi su un numero speciale di Ecology and Society pubblicato nel 2013, fa un’analisi approfondita dei dati dei disastri naturali avvenuti negli ultimi 40 anni in 167 Paesi e di un certo numero di studi condotti in singoli Paesi e regioni e ne viene fuori che «in molti casi, in particolare quando le esatte conseguenze del cambiamento climatico non sono ancora chiare, estendere l’educazione potrebbe essere un investimento migliore per proteggere le persone dagli impatti rispetto agli investimenti tradizionali, come la costruzione di argini, dighe, impianti di irrigazione ed altre infrastrutture». Ovviamente, questo non significa che l’istruzione debba essere assunta come scusante per non completare le opere necessarie.

Lutz, direttore del World Population Program dell’Iiasa, è convinto che «l’istruzione è la chiave per ridurre gli incidenti mortali nei disastri e rafforzare la capacità di adattamento». I modelli climatici prevedono che il cambiamento climatico farà aumentare gli eventi meteorologici estremi come gli uragani e con l’aumento del livello dei mari, inondazioni diventeranno un pericolo maggiore nelle zone costiere basse. Per questo i ricercatori del World Population Program Iiasa hanno avviato un progetto di ricerca per esplorare i collegamenti tra i tassi di mortalità in questi disastri, i livelli di istruzione ed altri potenziali fattori che potrebbero contribuire alla resilienza, come la ricchezza e salute. Precedenti ricerche avevano dimostrato che l’istruzione svolge un ruolo importante nello sviluppo, compresa la riduzione della povertà e la crescita economica.

La Muttarak, che lavora anche all’Istituto per la demografia dell’università di Vienna, sottolinea che «la nostra ricerca dimostra che l’istruzione è più importante del Pil nel ridurre la mortalità da catastrofi naturali. Abbiamo anche dimostrato che con un rapido sviluppo ed espansione dell’istruzione in tutto il mondo, le vittime di disastri si ridurrebbero notevolmente. Per quanto riguarda l’adattamento ai cambiamenti climatici, l’educazione migliora direttamente la conoscenza, la capacità di comprendere ed elaborare le informazioni e la percezione del rischio. Migliora anche indirettamente lo status socio-economico e il capitale sociale. Queste sono qualità e competenze utili per la sopravvivenza e la gestione di catastrofi» Il nuovo studio di mostra che «l’istruzione è il fattore chiave per migliorare la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici già inevitabili».

Un’intuizione che si riflette anche nei nuovi scenari riguardanti il rapporto Ipcc. I ricercatori dell’Iiasa, insieme ad altri istituti di ricerca leader negli studi sui cambiamenti climatici, avevano già sviluppato nel 2012 gli Shared Socioeconomic Pathways (Ssp), che mettono insieme le diverse future sfide socioeconomiche per la mitigazione dei cambiamenti climatici e l’adattamento Utilizzando questi Ssp, il nuovo studio dimostra come un aumento della diffusione dell’istruzione ridurrebbe notevolmente le morti dovute ai cambiamenti climatici. Striessnig, della Wirtschaftsuniversität Wien, evidenzia: «Pertanto, gli investimenti nel capitale umano non solo le danno più forza alle persone per ottenere risultati socioeconomici desiderabili, ma hanno anche una funzione protettiva contro i diversi impatti che i cambiamenti climatici possono avere nei prossimi decenni».

I ricercatori dicono che, con i circa 100 miliardi di dollari attualmente impegnati all’anno per il finanziamento climatico attraverso il Green Climate Fund, «è di vitale importanza esaminare dove il denaro avrebbe il maggiore impatto». Striessnig conclude: «Dobbiamo pensare a come allocare meglio i fondi raccolti per l’adattamento ai cambiamenti climatici futuri. Attualmente molti di questi fondi sono destinati a sostenere progetti di ingegneria poco flessibili o strategie agricole. Anche questi sforzi sono di vitale importanza, ma alla luce delle forti incertezze circa gli impatti del cambiamento climatico, ha senso investire parte dei fondi in meccanismi che permettano alle persone di adattarsi in modo flessibile a qualsiasi tipo di cambiamenti potrebbero verificarsi».

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