Contro-manovra da 27 miliardi saldo zero. 84 proposte. L'Europa chiede politiche di austerità, Sbilanciamoci! Chiede di cambiare rotta.
Il rapporto 2015 di Sbilanciamoci!, pur proponendone l’abolizione, rispetta l’obbligo del pareggio di bilancio, «dimostrando che la quantità delle risorse pubbliche disponibili non è l’unica variabile che condiziona l’impianto della legge di stabilità. Il punto dirimente resta quale modello di economia, di società e di democrazia si ha in mente». La coalizione che riunisce 46 organizzazioni sottolinea che «Quello della legge di stabilità 2015 continua ad essere sbagliato perché finge di fare l’interesse di tutti, ma si inchina agli interessi di banche e imprese e non affronta i buchi neri del declino del nostro paese: l’economia in declino, un’occupazione in calo e sempre più precaria, un sistema di istruzione e di ricerca pubblico indebolito dai progressivi tagli, un disagio sociale crescente che consegna alla povertà assoluta sei milioni di persone, politiche sociali fragili e sempre più delegate alla famiglia, un patrimonio naturale e culturale in abbandono».
Mentre l’Europa chiede politiche di austerità, Sbilanciamoci! Chiede di cambiare rotta ed avverte: «La Legge di Stabilità si iscrive in un quadro europeo sempre più deprimente, da almeno due punti di vista. Da un lato gli ultimi dati confermano un continente in sempre maggiori difficoltà: aumenta la disoccupazione (oltre il 10% secondo Eurostat), così come aumentano le diseguaglianze, tanto quelle tra diverse regioni europee quanto quelle interne ai singoli Paesi. In Spagna o in Grecia la disoccupazione giovanile viaggia ormai oltre il 50%, l’Italia non è lontana. Crescono in maniera analoga i tassi di povertà – relativa e assoluta – e l’esclusione sociale. Dall’altro lato, di fronte a questi dati drammatici i decisori europei insistono su un percorso che si è rivelato fallimentare non solo da un punto di vista sociale, ma persino macroeconomico: dal rapporto tra debito e PIL agli altri indicatori, tutto sembra confermare che l’austerità è il problema, non la soluzione».
Anche gli studi più recenti delle istituzioni della Troika, a partire dal FMI, riconoscono che le politiche di austerità stanno aggravando i problemi e le diseguaglianze europee e che sarebbe necessario un piano di investimenti pubblici, «Eppure – si legge nella sintesi del rapporto – a questi studi non segue un’inversione di rotta delle politiche economiche che continuano a essere dominate dal dogma mercantilista: chi esporta di più vince e l’unico obiettivo dei governi deve essere quello di migliorare la competitività delle imprese. Da qui tagli ai salari e ai diritti di lavoratrici e lavoratori, privatizzazioni, e più in generale una “corsa verso il fondo” sulle normative ambientali, sociali e fiscali. Una visione che sta minando alla base la stessa idea di “Unione” Europea, sostituendola con una competizione europea esasperata. Una situazione pericolosissima che andrebbe cambiata alla radice, ma che non può in alcun modo costituire un alibi per il governo italiano. Prima di tutto perché lo stesso governo sembra purtroppo sposare in pieno questa fallimentare visione, come confermano le politiche di tagli alla spesa pubblica per ridurre la tassazione delle imprese e come confermano il jobs act o le altre politiche messe in campo».
Secondo Sbilanciamoci! Invece il governo Renzi «sta facendo passare il semestre di presidenza europea senza tentare di imporre un cambio di visione, senza premere l’acceleratore sulle regole tanto necessarie quanto urgenti per il gigantesco casinò finanziario che ci ha trascinato nella crisi, ma il cui unico impegno su scala europea sembra consistere nel portare avanti il disastroso accordo TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership, ndr) di libero scambio con gli USA. Un accordo che si inserisce nella stessa logica di ulteriore espansione dei “diritti” delle imprese a scapito dei cittadini e dell’ambiente».
Ma le scelte sbagliate dell’Ue e la difficile situazione europea e internazionale non possono costituire un alibi, per dimostrarlo Sbilanciamoci! propone una manovra a saldo zero, ma che dimostra come scelte radicalmente differenti sarebbero possibili anche in Italia, se ci fosse la volontà politica di attuarle e sottolinea: «”E’ l’Europa che ce lo chiede” è una foglia di fico sempre più improbabile, sia perché i vincoli europei non sono un alibi per scelte politiche disastrose in Italia, sia perché sarebbe ora di ribaltare tale approccio, cambiare rotta e iniziare a essere “noi che lo chiediamo all’Europa”».
Le 84 proposte dettagliate, elaborate dalla coalizione produrrebbero risparmi o maggiori entrate da un lato, tagli alla spesa sbagliata e maggiori stanziamenti per quella giusta dall’altro, in 7 aree chiave: Fisco e Finanza, Lavoro e Reddito, Cultura e Conoscenza, Ambiente e sviluppo sostenibile, Welfare e diritti, Cooperazione pace e disarmo, Altraeconomia.
Sul piano delle entrate gli assi portanti sono due: 1. Un fisco più equo. Si sceglie, con una proposta molto dettagliata, non di aumentare, ma di redistribuire il prelievo fiscale dai poveri ai ricchi, dai redditi da lavoro e di impresa ai patrimoni e alle rendite. Il fisco non è un male, il vero problema è garantirne l’equità e la progressività attuando la nostra Costituzione. 2. Tagli alla spesa pubblica tossica. Si opta per un riorientamento e una riqualificazione della spesa pubblica tagliando spese militari, sostegno all’istruzione, alla ricerca, alla sanità private e alle grandi opere.
Sul piano delle uscite gli assi portanti sono tre: 1. Intervento pubblico in economia. L’intervento dello Stato è alla base di un Piano per lavorare e produrre per il benessere sociale. Riqualificazione del trasporto pubblico locale, stabilizzazione del personale paramedico precario, assunzione di figure professionali stabili per combattere gli abbandoni scolastici, messa in sicurezza del nostro territorio, investimenti nella ricerca pubblica, nell’istruzione e nella tutela del patrimonio culturale potrebbero creare migliaia di posti di lavoro. 2. Lotta alle diseguaglianze sociali. Un sistema di welfare universalistico, non gattopardesco e schizofrenico come quello attuale, richiede un maggiore investimento nei fondi sociali, nel sistema per l’infanzia pubblico e, soprattutto, l’introduzione di una misura di reddito minimo garantito. 3. La buona spesa pubblica. E’ quella che investe nell’edilizia popolare pubblica (anziché svenderla), nella tutela dei beni comuni (e non nella loro privatizzazione), in un Piano energetico lungimirante, nella preservazione del nostro patrimonio naturale, nel Servizio Civile Universale e nell’Aiuto pubblico allo Sviluppo (con risorse adeguate), nell’economia solidale, a partire dalla destinazione di spazi o aree dismesse di proprietà pubblica o abbandonate dal privato.
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