Il G20 deve invertire la tendenza all’aumento delle disuguaglianze e mettere in campo misure di contrasto all’evasione fiscale.
I leader riuniti a Brisbane in Australia, il 15 e 16 novembre devono affrontare con urgenza il tema della disuguaglianza globale, che senza interventi lascerà milioni di persone intrappolate nella povertà anche nei paesi G20.
Dal rapporto diffuso da Oxfam alla vigilia del summit,
Turn the Tide: Why the G20 must act on rising inequality risulta che da quando il governo australiano ha assunto la presidenza nel dicembre 2013, la ricchezza complessiva dei paesi del G20 è aumentata di 17.000 miliardi di dollari, e che all1% dei più ricchi nei paesi G20 è andata la fetta più grande, vale a dire 6.200 miliardi di dollari – il 36% della crescita complessiva.
“La disuguaglianza dilaga ovunque e metà della popolazione più povera si concentra proprio nei paesi G20. I leader di questi paesi avrebbero fatto bene a dar seguito agli avvertimenti di FMI, Banca mondiale e OSCE che da tempo ci dicono che la disuguaglianza è il principale freno alla risoluzione della povertà e alla crescita economica.” ha detto Winnie Byanyima, direttrice generale di Oxfam International.
“I leader del G20 possono realmente invertire la tendenza attuale, mettendo in campo strategie di crescita e interventi di riduzione delle disuguaglianze, senza concentrarsi unicamente sul PIL”, ha aggiunto Byanyima. “Eliminare i paradisi fiscali e lottare contro l’evasione fiscale delle multinazionali sono misure efficaci per arginare il dilagare delle disuguaglianze. Secondo i calcoli di Oxfam l’evasione fiscale delle grandi aziende sottrae ai Paesi più poveri almeno 100 miliardi di dollari ogni anno”.
Il piano elaborato dal G20 con l’OCSE di attuazione dello standard globale per lo scambio automatico di informazioni tributarie (AIE – Automatic Exchange of Information) è stato decisamente un buon primo passo ma, se i paesi in via di sviluppo non avranno voce in capitolo nello sviluppo del piano, non vi sarà alcun miglioramento delle loro condizioni. L’annuncio di una road map per coinvolgere i paesi che non sono membri del G20 a dell’OCSE non rimedia a questa esclusione, che di fatto sancisce una negazione di pari diritto di parola ai governi che rappresentano un terzo della popolazione mondiale.
In agenda del G20 largo spazio anche alla crisi dell’Ebola. Proprio l’Ebola è un chiaro esempio del ruolo che gioca la disuguaglianza sociale ed economica: il virus ha potuto diffondersi nei paesi dell’Africa occidentale che non avevano infrastrutture sanitarie pubbliche per fermarlo. Secondo Oxfam, il G20 deve oggi intervenire con personale e soldi per impedire che l’epidemia si trasformi in una catastrofe umanitaria: ma in una ottica più strutturale i 20 grandi devono anche affrontare le cause del mancato sviluppo di sistemi sanitari pubblici efficienti in questi paesi, mettendo in atto politiche globali che consentano ai paesi in via di sviluppo di investire risorse provenienti dalla tassazione al rafforzamento di servizi pubblico. Nel 2012, per esempio, gli incentivi fiscali per le multinazionali che operavano in Sierra Leone – attualmente colpita dall’Ebola – erano pari al 59% dell’intero bilancio del paese, e più di 8 volte della spesa sanitaria pubblica.
Il report integrale in inglese
Turn the Tide: Why the G20 must act on rising inequality.
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