Sul crowdfunding esiste ancora, nel nostro paese, molta confusione; c'è chi lo riduce a elemosina e chi non ci vede niente di più di una colletta tra amici, nonostante non manchino note esperienze di successo, com'è il caso di Io sto con la sposa. (http://www.doppiozero.com/materiali/chefare/il-crowdfunding-alla-ricerca-di-una-definizione)

Ivana Pais, Paola Peretti, Chiara Spinelli

Appena pubblicato per Egea, Crowdfunding. La via collaborativa all'imprenditorialità, è un testo che intende offrire uno sguardo panoramico su questo tipo di esperienza, raccontando le storie di chi si è mosso per primo in Italia e all'estero e fornendo una serie di analisi e considerazioni utili.


Ne pubblichiamo qui un brano tratto dal primo capitolo.

«Crowdfunding» è un termine entrato nel nostro lessico da pochi anni: difficile da pronunciare, impossibile da tradurre, si sta facendo strada nel vocabolario dei nuovi modi di lavorare e di fare impresa che vanno sotto il cappello di «sharing economy».

Nel marzo 2013 l’Economist ha dedicato la copertina a questo fenomeno. Le forme tradizionali attraverso cui le persone entrano in possesso delle risorse che servono alla loro sussistenza sono tre: lo scambio di mercato, la redistribuzione e la reciprocità. Con la sharing economy stiamo assistendo alla trasformazione di queste forme tradizionali e alla comparsa di altre due forme: la collaborazione e la condivisione.

La collaborazione estende le logiche di reciprocità ai legami deboli o con persone sconosciute. Abbiamo sempre prestato la macchina, offerto ospitalità o scambiato vestiti con parenti e amici, le piattaforme della sharing economy allargano queste pratiche anche a persone esterne alle nostre cerchie sociali. Il meccanismo che abilita questo processo è di tipo reputazionale: ci fidiamo di sconosciuti quando questi hanno ricevuto molte valutazioni positive da numerosi altri sconosciuti (la cosiddetta «saggezza della folla») oppure quando anche solo uno dei nostri legami ha valutato positivamente un suo contatto diretto (attraverso dinamiche di rete che permettono di raggiungere persone al secondo o terzo grado di separazione).

La condivisione si basa su nuove comunità di interesse che creano senso di appartenenza (nuovi «noi») e favoriscono la creazione e gestione di beni comuni. Sono logiche che da anni vediamo all’opera nella propagazione e condivisione di informazioni sui social media (Facebook, Twitter, LinkedIn ecc.). Quando una persona produce un contenuto, questo può essere propagato tramite logiche di viralità veicolate dalle reti (per arrivare alle cosiddette «cascate informative») o condiviso e discusso all’interno di gruppi chiusi. La novità è che attraverso i binari delle nostre reti relazionali oggi transitano vagoni che contengono non solo informazioni e conoscenze ma beni, servizi e denaro.

Queste pratiche stanno generando nuove organizzazioni e nuovi servizi. L’immagine che meglio permette di rappresentarle è la piattaforma, evoluzione del concetto di rete che per più di vent’anni ha ispirato i modelli organizzativi. Nelle imprese-piattaforma la rete lega tra loro i clienti, che diventano anche fornitori; l’impresa non eroga direttamente servizi ma costruisce l’ambiente in cui avvengono le interazioni; la piattaforma tecnologica, laddove presente, è solo uno strumento, rappresenta la parte visibile di un modello che ridisegna i processi organizzativi e la catena del valore.

Esempi di queste organizzazioni si possono trovare in tutti i settori: nate nella produzione di software con il movimento open source, sono ora presenti nell’educazione, con le piattaforme di social learning; nella mobilità, con la diffusione di car sharing e car pooling; nel lavoro, con coworking e makers space; nell’ospitalità, dallo scambio casa al couchsurfing, e nella finanza, proprio con il crowdfunding.


Che cos’è il crowdfunding

Per definire il crowdfunding possiamo far riferimento alla spiegazione proposta dall’European Crowdfunding Network: «l’accumulo di piccoli investimenti in singoli progetti da parte di un gran numero di individui (la “folla”) tramite o con l’aiuto di internet e dei social network». Oppure a quella che Qui Quo e Qua danno a Zio Paperone, forse più efficace: «Ti iscrivi a un sito e spieghi il progetto per cui stai cercando un finanziamento e chi vuole ti manda un aiuto» (numero 2995 di Topolino).

In entrambe le definizioni, gli elementi che compongono il crowdfunding sono tre: la raccolta fondi, la folla e internet.

In questo libro li prenderemo in esame attraverso un processo bottom-up di ricostruzione delle esperienze concrete di persone che hanno disegnato piattaforme, promosso e finanziato progetti. La semplice analisi delle definizioni di crowdfunding proposte dalle piattaforme arricchisce quelle finora proposte.

Le piattaforme parlano di:
  • uno «strumento», un «modo», un «meccanismo», un «cambio di paradigma», una «opportunità»;
  • che veicola meccanismi complessi: «cooperazione tra individui», «condivisione», «convergenza di molti», «open innovation», «partecipazione», «fiducia» «comunità», «coinvolgimento orizzontale»;
  • per raggiungere obiettivi più ambiziosi della semplice raccolta fondi: «produrre valore», «sostenere un processo creativo», «finanziare in modo trasparente idee e progetti», «realizzare un progetto in maniera indipendente», «validare un prodotto» «sviluppare di nuovi prodotti», «raccontarsi in maniera innovativa», «ampliare la propria rete», «meritocrazia», «democrazia», «riscattare l’Italia», «nascita di nuove comunità economiche», «testare la fattibilità di un prodotto o un’idea», «far avverare dei sogni».
È ancora più interessante analizzare l’utilizzo di metafore da parte dei progettisti che descrivono il crowdfunding come: «un salvadanaio virtuale», «crowdloving», «una scommessa», «una palestra di allenamento», «guardarsi allo specchio», «una custodia online», «il calcio di inizio», «un concerto».

[…] Il crowdfunding è un fenomeno giovane, articolato e in costante mutamento. Se la stampa fatica a raccontarlo, se la televisione non ci ha davvero ancora provato, il web resta il luogo principe in cui trovare informazioni su com’è fatto il mercato, sulle caratteristiche dello strumento, sulle piattaforme migliori e sulle campagne di successo. È un movimento generato dalla rete che nella rete trova ancora la sua forma più completa (anche se molto dispersa) di racconto.

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