Gli operatori di medici con l’africa cuamm, dal campo, raccontano le prime ore degli “stay at home days” proclamati dalla autorità nazionali per fronteggiare l’epidemia.

“È iniziata da stamattina alle 7 e finirà lunedì alle 7. Non si tratta di una vera e propria quarantena – dichiara Clara Frasson, assistente sanitaria capo progetto di Medici con l’Africa Cuamm in Sierra Leone. La gente deve stare chiusa in casa. Noi operatori sanitari autorizzati ci muoviamo solo con permessi speciali”.

La misura è un atto forte deciso dal governo della Sierra Leone per impedire il diffondersi dei contagi e per consentire agli operatori sanitari di identificare ed isolare nuovi casi. Il team di Medici con l’Africa Cuamm sta gestendo l’epidemia in coordinamento con le autorità locali nel sud del paese, nell’ospedale e nel distretto di Pujehun, uno dei più isolati della Sierra Leone. Oltre a Clara Frasson, sono operativi un chirurgo, un’ostetrica e un logista che coordinano centinaia di operatori locali. Saranno presto raggiunti da altri due operatori italiani.

“La ricerca viene fatta casa per casa, capanna per capanna – continua Clara Frasson – si porta sapone, vengono date informazioni corrette sulla malattia, vengono controllati tutti gli abitanti di quel nucleo famigliare. I malati sospetti, quelli che presentano i sintomi della malattia (febbre alta, vomito, diarrea, sanguinamento, congiuntivite, rush cutanei) vengono trasportati con l’ambulanza negli holding centers (centri di isolamento). I malati diciamo così “ordinari” (broncopolmoniti, malaria, donne con gravidanze a rischio) che si sono nascosti per la paura del contagio, vengono indirizzati verso le strutture di cura. Una nostra macchina è fuori da ieri e ha portato nelle zone rurali 12 supervisori che coordinano 250 contact tracers (addetti al tracciamento dei casi). Un’altra macchina sta caricando farmaci e sta andando a Zimmi, focolaio dell’epidemia in questo distretto”.

Medici con l’Africa Cuamm gestisce due centri di isolamento: uno nell’ospedale di Pujehun, l’altro a Zimmi, 150 miglia da Pujehun che a causa delle pessime condizioni delle strade si percorrono in 6 ore di fuoristrada. I centri di isolamento sono pronti ad accogliere i casi sospetti.

Il team Cuamm si sta preparando per fronteggiare l’arrivo dei casi “ordinari” in ospedale: “E’ stato deciso che tutti i malati che si sono nascosti in questi tre mesi avranno cure gratuite. Abbiamo organizzato 2 stanze nel main hospital e 2 stanze in maternità per accogliere mamme e bambini. Gli infermieri ci sono tutti. Siamo tutti pronti. Ci aspettiamo che arrivi un grande afflusso di casi soprattutto tra domani e domenica”.

“Di che cosa c’è bisogno? – conclude Clara – Serve tanto lavoro. E ha iniziato a scarseggiare anche il cibo, oltre che i farmaci e i materiali di protezione che si consumano in quantità. La cosa più importante è lavorare sulla motivazione del personale. C’è molta paura, il personale è sottopagato e sotto stress. In quasi tutti i centri di salute lo staff è composto per la maggior parte da persone che non ricevono salario; sono o volontari (personale delle pulizie, portieri) o staff sanitario che attende di essere impiegato dal Ministero. Motivare questi “lavoratori” è indispensabile. Noi siamo qui accanto a loro. Ce la possiamo fare solo insieme”.

MEDICI CON L’AFRICA CUAMM IN SIERRA LEONE

Medici con l’Africa Cuamm è impegnato in Sierra Leone dal febbraio 2012 e più nello specifico a Pujehun, uno dei distretti più remoti del paese, in un intervento finalizzato ad aumentare la copertura e la qualità dei servizi di salute neonatale e materno-infantile. L’attività del Cuamm è concentrata sul rafforzamento della capacità di pianificazione dei servizi sanitari da parte delle autorità distrettuali, sul miglioramento del servizio per il parto assistito sia in ospedale che a livello di unità sanitarie periferiche, sulla formazione professionale dello staff sanitario e sul rafforzamento del sistema di riferimento. Sin dall’inizio, l’intervento ha coinvolto un team di esperti di sanità pubblica, un chirurgo, un pediatra, un’ostetrica e un amministrativo, impegnati a Pujehun nel rafforzamento dei servizi sanitari sui tre livelli: ospedaliero, territoriale e comunitario.

Nella lotta all’epidemia di ebola Medici con l’Africa Cuamm si concentra su due ambiti. Da un lato dare agli operatori sanitari tutti gli strumenti di protezione di cui hanno indispensabile bisogno: a partire dall’ospedale e, con grande difficoltà, anche i centri sanitari, sono stati dotati di materiale protettivo, formati sull’epidemia e sulle procedure di prevenzione e protezione, incluse quelle riguardanti la sepoltura in biosicurezza dei corpi dei pazienti deceduti. Dall’altro continuare nel lavoro di identificazione, isolamento e trattamento dei malati: è stato avviato un sistema di triage per l’identificazione dei casi sospetti nei centri sanitari. Questi ultimi sono trasferiti in isolamento presso una tenda allestita ad hoc in una zona isolata dell’ospedale, provvista di passaggi separati per pazienti, operatori e familiari a seconda dei livelli di rischio. I campioni di sangue sono inviati al laboratorio dell’ospedale regionale di Kenema. I pazienti trovati positivi a EBOV sono trasportati direttamente da Pujehun al reparto Ebola di Kenema. Insieme a questo si continua la sensibilizzazione delle comunità, ricerca dei contatti e controllo del territorio. La risposta delle comunità è tuttora influenzata dalla paura e dal rigetto dei provvedimenti.

In generale è essenziale continuare a garantire in primis i servizi sanitari di base. A Pujehun, l’impegno di Medici con l’Africa Cuamm è a mantenere aperti i servizi di emergenza chirurgica, ostetricia e pediatria e a sostenere i centri sanitari periferici. Il sistema sanitario deve dare segnali concreti che i servizi funzionano, sono efficaci e sicuri, nonostante l’epidemia.

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