Secondo i media tedeschi il governo di Angela Merkel starebbe ripensando alle condizioni per la firma dell’accordo con il Canada. Il timore è che le clausole di garanzia per gli investitori consentano alle multinazionali straniere di scavalcare gli Stati. Le clausole che rischiano di bloccare l’accordo sono le stesse contenute nel segretissimo trattato di libero scambio tra Usa e Ue, TTIP. L’accordo di libero scambio tra Unione europea e Canada, conosciuto come CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement), è considerato dagli stessi capi di Stato come un banco di prova decisivo per la riuscita dell’altro accordo commerciale, ben più noto, tra l’Ue e gli Stati Uniti, il Trans-atlantic trade and investiment partnership appunto. La firma dopo tanti anni di negoziati dovrebbe arrivare dopo il 25 settembre, data in cui si svolgerà il vertice bilaterale tra Canada e Ue a Ottawa. (http://www.info-cooperazione.it/2014/09/riuscira-la-mogherini-a-garantire-trasparenza-nei-negoziati-ttip-tra-ue-e-usa/)

L’aspetto più controverso, che sembrerebbe animare la resistenza tedesca, è l’introduzione di clausole investitore-Stato (investor-to-state dispute settlement ISDS), che consentono alle aziende estere di citare lo Stato nel quale operano dinanzi ad un arbitro internazionale per presunta riduzione dei profitti futuri. Tali clausole sono presenti sia nel CETA che nelle bozze del TTIP. Secondo Berlino non ci sarebbe necessità di introdurre le clausole ISDS, in considerazione del fatto che gli investitori americani sono sufficientemente tutelati dai tribunali europei.

Nonostante la Commissione abbia cercato di presentare queste clausole nel modo più positivo possibile, pubblicando una serie di risposte alle critiche più pressanti, sembra che l’opinione pubblica europea sia decisamente contraria. Contro le clausole si stanno schierando i sindacati europei, diverse organizzazioni di consumatori, ONG e gruppi della società civile, alcuni parlamentari europei e gruppi politici come i Verdi europei e gli italiani del M5S.

Ma negli ultimi mesi i dubbi iniziano ad affiorare anche nelle stesse istituzioni europee, l’ex Commissario alla Giustizia, Viviane Reding, ha messo in guardia contro il TTIP e lo stesso neo Presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, ha espresso vivaci preoccupazioni.
Curiosi anche i risultati preliminari emersi dalla consultazione pubblica che la Commissione europea ha lanciato lo scorso marzo sulla clausola ISDS all’interno del TTIP. La consultazione, chiusa il 31 luglio, chiedeva a cittadini e parti interessate di esprimersi sulla questione. La maggioranza dei contributi sono arrivati dal Regno Unito (34%), poi Austria (22%) e Germania (21%), dall’Italia solo 0,15%. L’analisi dei contributi dovrebbe essere pubblicata non prima di novembre 2014.

Insomma insieme alle crisi internazionali aperte e ai teatri di guerra, il dossier TTIP è sicuramente uno dei più delicati che Federica Mogherini si troverà davanti nel ruolo di Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea. L’accordo di scambio commerciale con gli Usa, se andrà in porto, sarà la più grande operazione compiuta dell’Unione nell’ultimo decennio e ne segnerà il futuro per molti altri decenni. Alla Mogherini toccherà il difficile compito di difendere e traghettare a buon fine i negoziati facendoli digerire a un’opinione pubblica europea sempre più scettica e preoccupata. La speranza è che, da quella poltrona di Bruxelles, riesca a garantire più trasparenza e partecipazione nei processi decisionali che porteranno verso l’inevitabile firma. Pochi giorni fa lo ha chiesto anche il nostro vice ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, in qualità di presidente del Consiglio dei ministri europei del Commercio, in una lettera ai suoi omologhi degli altri 27 stati membri dell’Unione.

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