Il denaro è una delle invenzioni umane più affascinanti: con la capacità seduttiva della sua inespugnabile ambiguità ci aiuta e ci esclude, realizza la nostra capacità di contare, di misurare, di accumulare, ci fa vedere senza essere visto. Sant’Agostino lo aveva già intuito: si tratta di un’amante volubile e implacabile: se vorrai comprare una villa per legare a te il denaro, “non avrai dunque la villa e la villa non avrà te”. (
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Anna Cossetta
La Regina Pecunia di Orazio, che già con Giovenale assume le sembianze di una divinità, comanda altera su tutti noi, veglia sul nostro immaginario, sorride impercettibilmente alla nostra ostinazione al voler misurare tutto. Quanto sei caro? Che si tratti di affetto, fiducia o prezzo di un bene, non facciamo grandi distinzioni linguistiche.
Col denaro, lo sappiamo bene, abbiamo da tempo superato la distinzione tra mezzi e fini, anzi, essendo il denaro mezzo dei mezzi, non può che essere fine di ogni mezzo.
E quando diventa solo un fine, anche di questo ne abbiamo fatto atroce esperienza, assume le sembianze di un potentissimo strumento di distruzione, di morte. La speranza nella capacità del denaro di riprodursi e autoprodursi diviene un presagio fosco che scatena pulsioni autodistruttive e mortali.
In “God we trust”, è la scritta che campeggia su ogni dollaro americano: ma in chi o in che cosa abbiamo davvero fiducia?
Fino a poco tempo fa avevamo fiducia nelle istituzioni che garantivano il passaggio da denaro a moneta. Avevamo fiducia nelle Banche Centrali, l’espressione più forte e “accreditata” dell’autorità nazionale. E se il nostro paese non era troppo affidabile, ci fidavamo degli Stati Uniti. Dopo la Seconda Guerra Mondiale il biglietto verde è diventato la moneta delle monete, la pietra di paragone delle pietre di paragone, il mezzo di scambio universale. E il dollaro americano è ancora oggi la moneta attraverso la quale si scambiano le principali commodities, il petrolio in primis, ma anche il caffè, il cacao, l’oro e così via.
Il Fondo Monetario Internazionale, ha addirittura studiato le possibili conseguenze di una full dollarization in un ormai storico seminario organizzato all’inizio del nuovo millennio. Un sogno di stabilità e di scambio universale che sembrava potersi realizzare… In realtà i processi di dollarizzazione che hanno investito molti paesi, soprattutto quelli dell’America Latina, hanno favorito delle pesanti ripercussioni finanziarie. Se prendiamo l’esempio dell’Argentina, dal 1999 al 2001 non solo non circolavano più dollari americani, ma nemmeno più pesos. Eppure gli scambi non erano certo stati azzerati. Le comunità locali si erano “inventate” altre monete, altri strumenti, che permettessero loro di soddisfare i bisogni pur nella penuria di liquidità.
Perché il nostro è un mondo che ama la pluralità e diffida dell’univocità e l’evoluzione delle monete ne è un esempio lampante. Se guardiamo alla storia possiamo riscontrare innumerevoli invenzioni monetarie, che hanno dato vita a moltissimi sistemi e circuiti che possono favorire flussi, scambi, relazioni. In Italia per tutto il Medioevo e il Rinascimento sono stati negoziati accordi commerciali attraverso le monete immaginarie per non parlare delle diverse esperienze di equivalenza tra la moneta e il tempo, dal Time Store di Josiah Warren fino agli Itaca Hours che ci si scambiano oggi a New York (Per una più ampia trattazione circa le monete complementari e alternative si veda Cossetta A. “La moneta non convenzionale” in (a cura di) Arvidsson A., Giordano A., Societing Reloaded, Egea, Milano, 2013). La nascita e l’espansione del Web hanno contribuito alla diffusione di un numero impressionante di nuove esperienze di scambio che qui trovano un luogo e un contesto naturale di aggregazione e di co-costruzione. Si tratta di esempi di quelle che la letteratura ha chiamato “monete complementari” o in qualche caso addirittura di “monete alternative”: sperimentazioni più o meno temporanee, che nascono e fioriscono soprattutto nei periodi di crisi finanziaria.
È in questi momenti che sentiamo tutto il peso dell’animal spirit che Keynes aveva indicato a causa del mimetismo e dell’irrazionalità dei mercati, ovvero al Disagio della civiltà, per citare un celebre saggio di Freud.
L’ubriacatura dei momenti di espansione capitalistica non può che essere seguita dalla solitudine e dall’amara presa di coscienza dell’avere dimenticato la centralità della relazione, come principio della nostra stessa esistenza, per richiamare Martin Buber.
Nei momenti di crisi, feroce e crudele, come quella che stiamo ormai vivendo dal 2007 si generano idee e strumenti, ma soprattutto beni relazionali. La moneta complementare serve proprio a questo: a riportare l’economia embedded nella società, a ritrovare la radice antropologica della relazione debito-credito che costituisce il fondamento della possibilità di una vita comunitaria (munus). L’esperienza del Sardex.net nasce in questo contesto: un territorio ferito, che si sentiva abbandonato dalle istituzioni, costituito da legami storici e biogeografici intensi, ma che stavano via via frammentandosi e perdendo fiducia, ma che ha voluto scommettere sulla propria capacità di reagire e ritrovare senso nel lavoro, nella abilità di fare impresa, nella creatività che genera socialità e relazione.
Il circuito Sardex.net nasce da un’idea di tre ragazzi sardi che, finita l’università, si sono ritrovati e si sono detti: - “Siamo tutti nella stessa barca e stiamo andando verso un dirupo: mettiamoci a remare insieme dall’altra parte. O almeno proviamoci”- e hanno iniziato a porsi delle domande e a riflettere sul rapporto tra identità e moneta e tra identità e comunità. Invece di gettare la spugna e lasciare la Sardegna, come la maggior parte dei loro coetanei, hanno studiato e si sono messi in discussione, hanno coinvolto fratelli maggiori che, contagiati dalla concretezza del loro entusiasmo, hanno contribuito a realizzare il loro progetto: un circuito finanziario complementare capace di generare scambi e relazioni, conoscenza e voglia di investire ancora e credere nella propria professionalità.
Gli esempi in giro per il mondo non mancavano: la Wir Bank di Basilea, nata negli anni ’30 del secolo scorso, che conta ormai più di 65000 imprese associate che si scambiano beni e servizi in wir che in tedesco significa “noi”, ma anche il Bancor che John Maynard Keynes propose a Bretton Woods, una sorta di moneta universale che non si sostituirebbe alle monete nazionali, ma diventerebbe una camera di compensazione delle disparità e volatilità monetarie.
Il circuito commerciale Sardex.net è divenuto in questi pochi anni di vita uno strumento di aggregazione tra imprese, che si fonda sul ruolo centrale dei broker, veri e propri mediatori relazionali che oltre ad incrociare la domanda e l’offerta di beni e servizi tra le imprese associate, contribuiscono a creare fiducia. Il Web fornisce un’infrastruttura capace di gestire i conti e di rendere trasparenti i flussi, ma sono le persone a costruire lo scambio e i beni relazionali conseguenti. Il circuito Sardex.net sembra quindi un esempio generativo di innovazione sociale che, grazie alla concretezza della relazione, diviene strumento di conoscenza e di solidarietà sociale.
Non si tratta quindi di una contrapposizione alle proposte delle istituzioni, come in qualche caso è stato rimproverato alle monete complementari, quanto piuttosto un bisogno di vita pubblica che le istituzioni, da sole, non riescono a soddisfare, perché, per tornare ancora a Buber, l’uomo è una fitta trama di rapporti e relazioni che si esprime in unità, azione e futuro.