A greenreport Alessandro Galli, senior scientist del Global Footprint Network.
di Luca Aterini
L’Earth overshoot day quest’anno è arrivato in anticipo, e per il resto dell’anno saremo in debito con le risorse del pianeta. Ma è davvero possibile calcolare con precisione la domanda e l’offerta di questo bilancio?
«Diciamo che la data proposta è una stima, sicuramente non precisa al 100%, dovuta alla difficoltà di quantificare con esattezza l’intero range dei consumi umani e al fatto che alcune delle dinamiche terrestri sono ancora non del tutto conosciute. Si deve però considerare che, per calcolare l’impronta ecologica e la biocapacità (i due parametri utilizzati poi per il calcolo dell’Earth Overshoot Day) di una sola nazione di un solo anno, sono necessari circa 6’000 dati puntuali su produzione, import e export di prodotti alimentari (sia vegetali che animali), prodotti forestali, risorse ittiche, risorse energetiche e combustibili fossili. E che questo calcolo è ripetuto per circa 160 nazioni in un arco temporale di circa 5 decenni.
Pertanto no, la data non é precisa come un orologio svizzero. Ma non é questo il nocciolo della questione. Al di là della riconosciuta incertezza di questo valore, resta il fatto che, utilizzando la stessa metodologia e le stesse assunzioni durante tutto l’arco temporale da noi analizzato, si può chiaramente evidenziare un trend. Ed in questo caso il trend indica un aumento costante e continuo della pressione che le attività umane esercitano sugli ecosistemi terrestri.
Forse ad oggi non stiamo utilizzando 1,5 pianeti e forse negli anni sessanta non utilizzavamo solamente i tre quarti della biocapacità della Terra, ma resta il fatto che la nostra richiesta di risorse naturali è raddoppiata in meno di 50 anni. E non é solo l’impronta ecologica a indicarci questo trend: molti altri dati ed indicatori (emissioni di CO2, deforestazione, material use, etc) ce lo confermano e sembrano inoltre indicare che, eventualmente, quella che stiamo compiendo è una sottostima e non una sovrastima dell’impatto dell’uomo sull’ambiente».
Secondo l’attuale commissario europeo per l’Ambiente, Janez Potocnik, dal 1998 al 2011 il costo delle risorse naturali è aumentato del 300% in termini reali, ed è incrementata anche la volatilità dei prezzi. Perché questa dinamica economica non riesce di per sé a frenare la domanda risorse?
«Questi dati sono veri e confermati sia dalla Banca Mondiale che dal Fondo Monetario Internazionale. I prezzi delle principali risorse sono aumentati ma, quello che veramente desta preoccupazione, è la volatilità di questi prezzi, che sembra essere diventata ormai la nuova normalità. A livello globale, non stiamo osservando quella riduzione nella domanda di risorse che sarebbe stato lecito aspettarsi, e questo molto probabilmente è dovuto al fatto che la maggior parte dei paesi ad alto reddito sono stati in grado di mitigare gli effetti di questi aumenti dei prezzi; stiamo però osservando un divario sempre più marcato tra i ricchi e poveri, tra l’1% ed il 99% della popolazione mondiale».
I molteplici scenari di guerra e tensioni geopolitiche che attorniano l’Europa, dall’Ucraina al Medio Oriente passando per la Libia, aggiungono una drammatica dose di incertezza nel contesto di crisi che già stiamo vivendo. La crescente scarsità di risorse come influenza questo complesso quadro?
«Questa è una domanda estremamente complessa, ma cercherò di rispondere con un esempio. L’Ucraina è tra i maggiori – se non il maggiore – produttore di grano in Europa e tra i primi 6 paesi esportatori al mondo. Sappiamo tutti quanto questo prodotto sia importante per l’alimentazione, in quasi ogni angolo del modo. L’instabilità e la tensione geopolitica in questa nazione potrebbero portare a una notevole riduzione della produzione agricola ucraina. Tale riduzione potrebbe a sua volta condurre a una ancor più accesa competizione per l’accesso alle risorse agricole di altri paesi del mondo, con un conseguente innalzamento dei prezzi. Contribuendo così ad aumentare il divario tra paesi ad alto e basso reddito nella loro capacità di accedere alle risorse naturali, generando così ulteriore disparità e instabilità».
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