Habemus Papam. Finalmente lo Stato italiano s’è dato una nuova “legge sulla cooperazione internazionale”.  Manca solo una lettura confermativa al Senato ma suvvia, il più è fatto.

Dignità. La politica estera è sempre stata la cenerentola e la cooperazione internazionale, dentro la politica estera, è la figlia illegittima. Da sempre non riconosciuta. Oggi è “un elemento qualificante della politica estera” che può entrare in partenariato con tutti i Paesi. In un clima di ritorno della guerra fredda, per un Paese medio posto tra i due vecchi blocchi est ed ovest ed a cerniera mediterranea tra sud e nord è un buon segnale.

Parole. È  stato finalmente superato il concetto di APS (aiuto pubblico allo sviluppo) adottando l’espressione CPS (cooperazione pubblica allo sviluppo) mettendo fine al donatore-ricevente per puntare sul rapporto di cooperazione e partenariato. Si parla finalmente di azione per sradicare la povertà, sviluppo sostenibile, diritti umani e pace. Si potrebbe puntualizzare sulla parola “sviluppo”, avevamo già fatto un discorso simile e per molti nostri lettori sarebbe un déjà vu.

Partenariato. La cooperazione decentrata di un tempo (fatta da Regioni ed enti locali) si chiama, oggi, partenariato. La parola è importante perché non raffigura un’unidirezionalità (io aiuto te) ma una bidirezionalità (sortirne assieme, come diceva Don Milani). Una sorta di win win. Tutti gli attori però dovranno avere facoltà di agire e comunicare l’azione all’Agenzia. Trattasi di legittimo controllo statuale che deve essere coerente con la politica estera ma anche la volontà di costruire un database unico su base nazionale, da interfacciarsi con gli altri database europei (concord) e mondiali (ecosoc). Una sfida non da poco perché nell’Italia delle 20 regioni, 100 province ed 8.000 comuni non sarà poi così facile.  

Profit. Tra i diversi attori vi sono delle figure nuove. Alcune cugine alle ong come le onlus che dovranno registrarsi in un apposito elenco. L’AOI (Associazione Ong Italiane) non ha fatto i salti di gioia per l’entrata in campo di nuovi competitors pur rappresentando loro l’expertise (oggi si va d’inglesismo). Novità è il commercio equo e la finanza solidale da un lato ed il profit dall’altro “purché agiscano con modalità conformi ai princi`pi della presente legge e aderiscano agli standard comunemente adottati sulla responsabilita` sociale, le clausole ambientali, nonche´ le norme sui diritti umani per gli investimenti internazionali”. Insomma, il non profit dovrà rafforzare i propri osservatori affinché la legge venga rispettata. Pecunia olet (ma si, passiamo al latino) e nel paese delle autocertificazioni antimafia è bene tenere gli occhi aperti.  

Barocco. È francamente incomprensibile nell’era dell’on line quanti board e decisori politici s’è data questa legge. Tutti con compiti specifici, per carità, ma di una ridondanza seicentesca. Il CICS (Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo) aiuta i diversi ministeri ad allocare risorse con una certa coerenza politica. Bene; ma chi da l’indirizzo politico? La DGCS (Direzione Generale Cooperazione Sviluppo) del Ministero Affari Esteri, of course, che perde l’operatività a favore della neo costituenda Agenzia che sembra essere la novità di questa legge. Si, ma i due si parlano? Certo. Attraverso il “comitato congiunto” (Agenzia più DGCS)...ci mancherebbe. Bene. Si parlano. Ed ascoltano anche? Certo. Attraverso la Conferenza nazionale che è un organo di discussione e consultazione simile al Forum di Milano promosso da Riccardi. Ma chi comanda? Il viceministro con ampie deleghe e, sopra di lui, il Ministro a capo del Maeci (Ministero Affari Esteri e Cooperazione Internazionale). Semplice no? No!

Trasparente. Dopo decenni di gloriosa cooperazione, alta mediazione nei conflitti e cooperazione popolare abbiamo anche visto inutili cattedrali nel deserto, traffici illegali a sostegno d’impresentabili dittatori, fondi che sostenevano le nostre forze armate. L’attuale legge, a prevenzione, s’è data degli anticorpi come il controllo parlamentare sul programma triennale; la partecipazione di soggetti pubblici e privati per definire le linee programmatiche e, aggiungiamo noi, denunciare gli eventuali abusi. Il bilancio sarà trasparente. Certo; è solo un proposito dell’Italia dell’Expò e del Mose ma è pur qualcosa da cui partire. Dal quale il regolamento applicativo dovrà partire.

Giovane. “L’Italia promuove e sostiene le forme di volontariato e servizio civile internazionale, ivi incluse quelle messe in atto dall’Unione europea per la partecipazione dei giovani alle attivita` di cooperazione allo sviluppo”. Aspettate a battere le mani perché il comma seguente aggiunge.... “senza maggiori oneri da parte dello Stato”. Insomma la prima parte l’ha scritta Renzi e la seconda Padoan. Viene comunque affermato un principio. Anche i giovanissimi possono e devono fare cooperazione. Non solo. Il loro servizio sarà riconosciuto nei curricula lavorativi e di studio. Dai, forza. Si risale la china.

Politica. Mentre si rimpiange Giulio Andreotti per le infinite mediazioni tra Israele e Palestina a fronte del vuoto occidentale, mentre non si contano più le red lines di Obama in Siria, mentre si contano i civili uccisi in Ucraina, mentre l’Europa dice niet a D’Alema che pretende il posto della Mogherini v’è bisogno di una legge con un ministro plenipotenziario in grado di dire e fare qualcosa tra litigi, omissioni ed autocandidature. Ben venga!

Fabio Pipinato

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