Una lettera da Gaza. Il VIS con Said e la sua famiglia. Con tutte le vittime di questo conflitto. Nico Lotta, presidente del VIS: "Si fermi il massacro!"

Il VIS condivide con l’opinione pubblica italiana la lettera ricevuta sabato da Gaza. A scriverla è un amico, Said, un cooperante palestinese che viveva a Gaza con la sua famiglia sino al 16 luglio scorso, giorno della telefonata con la quale le forze israeliane lo avvertivano del bombardamento imminente. Said ha studiato in Italia, al Master in Cooperation and Development di Pavia, poi è tornato nella sua terra dove lavorava nella cooperazione allo sviluppo.

Ora la sua vita è congelata. Ora Said è sfollato a casa sua. Fortunatamente lui e la sua famiglia sono salvi. Nella sua lettera racconta la sua odissera. Racconta la sua paura, l’evacuazione dalla sua casa, la fuga in un posto più sicuro; racconta lo shock nel sentire nelle parole di sua figlia di 5 anni il pensiero consapevole della morte. Racconta lo sbigottimento davanti al silenzio del mondo e il desiderio di tornare a una vita libera e dignitosa.

Il VIS è con Said, con la sua famiglia, con tutte le persone colpite dalla guerra e dalla violenza. Il VIS torna a chiedere il rispetto del diritto internazionale e il cessate il fuoco immediato, efficace e duraturo.

"Ci uniamo alle parole di Papa Francesco pronunciate ieri all’Angelus: la violenza si vince con la pace e invochiamo la fine di questo massacro. Sarà difficile guarire le ferite di questa nuova ondata di odio e dolore, ma sin d’ora affermiamo la volontà di proseguire il nostro lavoro in Medio Oriente per garantire a tutti i bambini e giovani il diritto ad una esistenza serena, alla vita e ad una crescita piena." ha dichiarato Nico Lotta, presidente del VIS.

LETTERA DA GAZA

Caro VIS,

il 7 luglio scorso Israele ha avviato l’azione di guerra denominata “protective edge” contro la Striscia di Gaza. L’esercito israeliano ha bombardato massicciamente ovunque, centinaia di case sono state distrutte e centinaia di persone sono state uccise, inclusi bambini e donne.

La Guerra ha “congelato” la mia vita e io ho smesso di lavorare. Io e la mia famiglia abbiamo sperimentato il bombardamento quotidiano degli aerei da guerra israeliani.

Non riesco a spiegare quanto sia terrificante e pauroso il suono dei missili lanciati dall’aviazione militare israeliana. La routine quotidiana è diventata: ascoltare le esplosioni, seguire i notiziari dell’ultimora, guardare le immagini di sangue delle persone uccise. Ho iniziato a ricordare i terribili momenti della guerra del 2008 quando un missile cadde sulla casa dei miei vicini e noi raccogliemmo i pezzi dei loro corpi sparsi intorno a noi.

Quando le forze Israeliane hanno iniziato l’invasione di terra, abbiamo rimosso tutte le finestre per evitare che i vetri si rompessero. Il mio appartamento è al terzo piano e per proteggerci, io e la mia famiglia, ci siamo messi a dormire al piano terra. Siamo diventati sfollati all’interno dello stesso palazzo.

Siamo rimasti 10 giorni nella nostra casa fino al momento in cui un soldato israeliano ci ha chiamati e chiesto di evacuare il distretto perchè stavano iniziando dei bombardamenti in modo casuale. La chiamata è arrivata il 16 luglio a mezzanotte e noi saremmo dovuti evacuare entro le 8 della mattina seguente. Il bombardamento si è intensificato durante la notte e i missili sono caduti sempre più vicini sino ad arrivare a colpire la casa dei nostri vicini. Del palazzo sono rimaste solo macerie e sabbia, noi eravamo fortemente traumatizzati e non riuscivamo più a dormire. Mia moglie e i miei figli non smettevano di piangere. Io Io ho cercato di controllare la mia paura per restare forte e non crollare di fronte a loro.

Sei ore sono trascorse come fossero sei anni, durante quella notte c’è stato un momento che ha separato la morte dalla vita: abbiamo sentito il fischio di un razzo che arrivava e un momento dopo una grande esplosione. Grazie a Dio non ci ha colpito e noi siamo ancora vivi. Al mattino, ho raccolto tutto quello che potevo prendere e ho portato la mia famiglia in un posto sicuro: per la prima volta nella mia vita sono diventato un “IDP -Internally displaced person” (uno sfollato interno). Ciò che si prova nel lasciare alle proprie spalle la tua casa, le tue cose, i tuoi ricordi è assolutamente indescrivibile.

Mia figlia di 5 anni mi ha detto “Papà quando andrò da Dio gli dirò cosa Israele ci ha fatto”, questo mi ha completamente scioccato: lei stava cercando di accettare il destino che forse dovrà affrontare.

La mia vita in questo nuovo posto è cambiata completamente. Mi sento straniero nella mia terra, sono relativamente sicuro grazie ai miei parenti che ci stanno ospitando, ma continuo a pensare a coloro che non hanno nessun posto dove vivere e sono costretti a ripararsi nelle scuole.

Noi preghiamo perché questo incubo finisca presto, per ritornare alla nostra vita e guarire da tutto quello che questa guerra ci ha causato.

Resto senza parole di fronte al silenzio del mondo e lancio un forte appello per fermare l’aggressione israeliana contro di noi e per aiutarci a vivere in libertà e dignità.

Said, IDP (Internally Displaced Persons- sflottato interno) da Gaza.

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