L’Assemblea Legislativa dell’Ecuador (ovvero il Parlamento nazionale) ha approvato il 24 giugno a larga maggioranza le cosiddette “Leyes de Recursos Hidricos”, una serie di disposizioni legislative in materia di gestione della risorsa idrica. Le nuove norme vanno nella direzione di una maggiore tutela dell’ acqua come bene comune: in particolare riservano solo allo Stato la gestione della risorsa idrica e ne impedisce di fatto future la privatizzazione. Le “Leyes de Agua” (come sono state rinominate) prevedono inoltre che le amministrazioni locali, responsabili della gestione della risorsa idrica, destinino una quota delle tariffe alla conservazione dell’acqua, ma anche che ci sia un “diritto di prelazione” all’uso della risorsa per irrigazione per la produzione agricola destinata al consumo interno.
Con le nuove disposizioni si va a colmare un vuoto normativo esistente dal 1972, e che di fatto aveva visto la gestione della risorsa idrica dispersa in diversi organismi regionali, sostituiti oggi da un unico organismo ad hoc, la Segreteria dell’Acqua. L’approvazione delle Leyes Hidricos rappresenta l’ultima vittoria di una battaglia, quella per la difesa dell’acqua, che in Ecuador parte da lontano, in particolare grazie all’impegno forte e continuo delle comunità indigene locali, da anni impegnate in una lotta contro diverse forme di “grabbing” (land, water) da parte delle multinazionali e dei grandi gruppi privati di monopolio. L’ultimo storico successo è datato 2008, con l’inserimento nella nuova Costituzione del paese dell’articolo 14 che riconosce l’acqua come un “diritto umano fondamentale, irrinunciabile e inalienabile” (prima volta a livello mondiale). I movimenti indigeni parlarono allora di una “vittoria storica”; da allora, un lungo e complicato processo di consulta e dialogo tra potere legislativo e comunità indigene locali, che ha portato alle nuove leggi del 24 giugno.
Un risultato che, nonostante gli indubbi passi avanti, non lascia tutti soddisfatti: alcuni movimenti indigeni del paese hanno attaccato le nuove “Leyes de Agua”, definendole un “tradimento dell’articolo 14 e del mandato popolare”. Diversi i punti critici sottolineati: dalla creazione dell’autorità unica, che taglierebbe fuori le rappresentanze indigene e contadine dalla gestione della risorsa idrica, al fatto che le nuove leggi non toccano gli appalti ed i permessi concessi in precedenza alle compagnie private agro-industriali. Nell’appello, firmato dalle dirigenze femminili di tre movimenti indigeni ecuadoregni, si chiedono misure più stringenti contro la privatizzazione e lo sfruttamento della risorsa idrica nel paese.
Il Presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, ha invece espresso soddisfazione per l’approvazione delle nuove leggi, difendendole dagli attacchi delle comunità indigene. Anche se con luci e ombre, la notizia rimane rilevante, dato che la costituzionalizzazione del diritto all’acqua ( e le sue applicazioni che devono essere monitorate) è del resto una delle battaglie più importanti dei movimenti internazionali sull’acqua e tra i primi obiettivi delle campagne e delle azioni di advocacy portate avanti da COSPE e CICMA (Contratto mondiale dell’acqua). COSPE ha infatti contribuito attivamente ai diversi Forum Mondiali Alternativi per l’Acqua fin dalla prima edizione, a Firenze, a numerosi Social Forum Mondiali, fino alla Cupola dei Popoli di Rio+20, presentando le istanze delle organizzazioni partner con cui ci battiamo per la tutela delle oasi in Tunisia, la gestione comunitaria dell’acqua in America Centrale, il rispetto del diritto umano all’acqua in Senegal, la preservazione delle falde minacciate da giganteschi progetti estrattivi in Argentina, l’accesso garantito ai servizi igienico sanitari in Africa australe e occidentale.
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